DOVE FINIVANO I SOLDI IN NERO DEL SAN RAFFAELE? “AI POLITICI”, SI LASCIA SFUGGIRE IN UN’INTERCETTAZIONE IL COSTRUTTORE ZAMMARCHI (CHE PERÒ NON HA LE PROVE) - IL MECCANISMO DELLE “RETROCESSIONI” E DEI PAGAMENTI IN NERO ERA NOTO A TUTTI - IL DIRETTORE DELLA MONTE TABOR VALSECCHI: “I PREZZI GONFIATI ERANO IMBARAZZANTI MA CAL DICEVA CHE NON ERA IN GRADO DI CONTRADDIRE DON VERZÈ” (CHE GESTIVA IN PRIMA PERSONA GLI APPALTI)…

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Paolo Colonnello per "la Stampa"

Triangolazioni all'estero e un fiume di denaro in nero scomparso. Il tutto grazie al vecchio trucco delle spese gonfiate, soprattutto sugli appalti edilizi che negli ultimi anni hanno reso l'ospedale San Raffaele e le sue controllate in un gigantesco cantiere. «Un'emorragia di capitali prelevati per anni in contanti», quasi una decina di milioni di euro svaniti a partire dal 2006 fino al 2009, grazie all'intermediazione di Piero Daccò, detto anche «don Pedro», arrestato l'altro ieri con l'accusa di concorso in bancarotta fraudolenta mentre stava per imbarcarsi su un volo diretto in Israele.

È lui, secondo le accuse, l'uomo che aveva il compito di organizzare attraverso la sua rete di società sparse i mezzo mondo, il meccanismo delle «retrocessioni», quasi sempre in contanti e con cifre sostanziose, anche 150 mila euro per volta. «Con una frequenza di appuntamenti e una sequenza di incontri tra Cal e Zammarchi prima, Cal e Daccò poi» che raggiunge la ragguardevole cifra di 168 volte in tre anni.

Ma a chi andavano a finire questi soldi in nero ricavati da prezzi gonfiati sui costi delle costruzioni di nuovi ospedali (come quello di Olbia, ad esempio, dove il costo di un posto letto era passato da 300 a 500 mila euro) o da commissioni su affari all'estero inesistenti?

«Ai politici» si lascia sfuggire in un'intercettazione il costruttore edile Pierino Zammarchi, titolare della Diodoro, una delle società più coinvolte nel giro dei costi gonfiati e del nero restituito al defunto Mario Cal, il vicepresidente della Fondazione Monte Tabor suicidatosi il 18 luglio scorso e soprannominato «mister 5 per cento», o allo stesso Daccò, evidentemente uomo di fiducia dei vertici del nosocomio.

Anche se poi, lo stesso Zammarchi chiarisce di «non avere prova di ciò», perchè questo, dice, «non è mica il caso Penati, dove vi erano delle certezze». Ma se nella vicenda di Sesto San Giovanni vi sono tante dichiarazioni e non sempre riscontri fattuali, nell'inchiesta sul dissesto del San Raffaele, vi sono al contrario molti riscontri e ancora poche chiamate in correità. I pm della Procura nel provvedimento di fermo di Daccò elencano conti e società estere in cui sono finiti i soldi e riportano verbali dove i responsabili del dissesto hanno identità precise.

Racconta Mario Valsecchi, direttore amministrativo della Fondazione a proposito dei costi gonfiati che provocavano imbarazzi nell'amministrazione dell'ospedale: «Era un problema risaputo, Cal ci diceva che c'erano una serie di fattori che provocavano l'aumento dei costi senza spiegarmi nel dettaglio. Noi dirigenti gli rappresentavamo le nostre perplessità e lui diceva che ci capiva, che si trattava di spese folli ma che non era in grado di contraddire don Verzè, che quando decideva di realizzare qualcosa chiamava direttamente i costruttori».

Di sicuro comunque, gli Zammarchi e il loro socio Bezziccheri, proprio perché consapevoli delle sovraffatturazioni e dei soldi da restituire in nero a Cal o a Daccò, talvolta nei loro uffici, talvolta all'interno dell'hotel Raphael in via Olgettina, avevano una corsia preferenziale per i pagamenti.

Racconta Danilo Donati, dirigente dell'ospedale: «Tali società applicavano un prezzo quattro volte superiore a quello di mercato per la costruzione di immobili per conto della Fondazione. Pagavamo 9.000 euro al metro quadro laddove i costi di mercato erano di 2000 euro...».

Le «retrocessioni» venivano pagate o in contanti o in Svizzera attraverso la Norconsulting, una fiduciaria di Lugano riconducibile sempre a Daccò, come la Iuvans International, la Euro Worldwide, la Eurosat, la Harmann e la Mtb, quest'ultima rappresentata in Italia dal cittadino austriaco Manfred Hirscmann, già arrestato per riciclaggio internazionale nell'ambito dell'indagine relativa a banca Italease.

Chi era a conoscenza di questo sistema, chiedono i pm a Donati: «La Voltolini, donna di Doconoscenza, la segretaria di Cal, Stefania Galli, l'ingegner Gianluca Santoro, negli ultimi tre anni assistente personale di Cal e responsabile dell'ufficio acquisti; sicuramente ne è a conoscenza la segretaria di don Verzè, Daniela Cattelan, l'avvocato Alessandro Cremaschi, responsabile dell'ufficio legale interno. So che tutte queste persone erano a conoscenza del meccanismo per averne parlato con ciascuna di loro».

 

DON VERZE Mario Cal SAN RAFFAELE OSPEDALE SAN RAFFAELE