BCE, L’INDIPENDENZA DEI NOMINATI - È LA STESSA BANCA CENTRALE CHE “VIETA” A BINI SMAGHI DI DIMETTERSI PER IMPOSIZIONE POLITICA - NEL PARERE REDATTO A MAGGIO, DOPO LA SPARTIZIONE TRA SARKÒ E BERLUSCONI DEI POSTI NEL BOARD, SI LEGGE CHE IL BANCHIERE POTEVA LASCIARE FRANCOFORTE SOLO PER LA POSIZIONE DI GOVERNATORE - L’ANTITRUST NON VA BENE, PERCHÉ NON È IL BANANA MA LE CAMERE AD ASSEGNARE LA POLTRONA - NON SOLO: IL SUO ABBANDONO NON PUÒ ESSERE LEGATO ALL’ARRIVO DI DRAGHI, “MA DEVE AVVENIRE IN MOMENTI SEPARATI” - LA BATTAGLIA NON È FINITA…

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Nicola Saldutti per il "Corriere della Sera"

«Le dimissioni devono essere il risultato di un esercizio di libera volontà, non influenzato da qualsivoglia pressione politica». Così parlò la Banca centrale europea, per la verità già da un po' di tempo anche se la reazione fino a oggi era sempre rimasta «confidenziale». A Francoforte non era infatti sfuggita quella conferenza stampa franco-italiana del primo maggio scorso.

Quel giorno si erano visti a Roma Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy e avevano reso pubblica un'inedita intesa a due facce. Il presidente francese avrebbe appoggiato la nomina di Mario Draghi alla guida delle Bce; in cambio l'Italia e la Francia erano d'accordo per spingere alle dimissioni dal board della Bce l'italiano Lorenzo Bini Smaghi, da sostituire con un francese.

«Due italiani su sei nel board non è una soluzione molto europea», ha ripetuto più volte Sarkozy. Sabato Berlusconi ha rincarato la dose: «Bini Smaghi non è alla Bce perché è stato eletto o perché ha vinto un concorso, ma per volontà del governo. Spero che capisca che quando il governo gli chiede di dimettersi, deve farlo». In realtà Bini Smaghi, Draghi o qualunque altro membro del board della Bce sono nominati dal Consiglio europeo su designazione dell'Eurogruppo e dopo il voto favorevole del Parlamento europeo.

Ma non è tanto su questo che si concentra il parere della Direzione generale servizi giuridici della Bce inviato in via confidenziale al board dell'Eurotower il 24 maggio scorso, che il Corriere è ora in grado di pubblicare. Il documento non fa nomi né cita circostanze specifiche, ma è chiaro: «Eventuali dimissioni dovranno essere giustificate pubblicamente - si legge - perché saranno esaminate da vicino dall'opinione pubblica e dai mercati, e potrebbero avere un impatto sulla reputazione e sulla credibilità della Bce».

Insomma il messaggio è chiaro: se il governo italiano imponesse le dimissioni di Bini Smaghi da un organo indipendente, creerebbe un precedente negativo per l'intera istituzione. Da quel momento qualunque governo potrebbe voler licenziare un banchiere centrale europeo per motivi di propria convenienza, da Mario Draghi in giù. E poiché «reputazione e credibilità» della Bce sono in gioco, «qualunque gesto di dimissioni dev'essere compatibile con il principio di indipendenza personale».

Quindi i tecnici dell'Eurotower, a scanso di equivoci, scendono ancora più in dettagli del caso dei due italiani nel board che infastidiscono Sarkozy: «Dimissioni di fatto imposte con l'obiettivo di evitare che due membri del Comitato esecutivo abbiano la stessa nazionalità - si legge nel parere legale della Bce - sarebbero incompatibili con il principio di indipendenza personale».

In questo documento, circolato anche in altre capitali europee, la Bce sin da maggio scorso legherebbe le mani a Bini Smaghi: non può disporre come vuole del suo ruolo, a maggior ragione di fronte a pressioni esplicite della politica, perché le ripercussioni negative ricadrebbero sulla Banca centrale. Il parere prosegue: «Questa incompatibilità con il principio d'indipendenza emergerebbe se la nuova posizione esterna (di un banchiere centrale europeo dimissionario, ndr) non fosse commisurata allo status di membro del Comitato esecutivo e del Consiglio direttivo della Bce, rendendo evidente l'esistenza di pressioni esterne».

Insomma, secondo questo parere, Bini Smaghi avrebbe potuto dimettersi per diventare Governatore della Banca d'Italia (perché ha uno status pari al suo nel Consiglio direttivo della Bce), ma per esempio non per diventare direttore generale (perché non dispone di un diritto di voto alla Bce). Quanto all'eventuale «offerta» da parte di Berlusconi a Bini Smaghi di guidare l'Antitrust, essa non può giustificare l'addio all'Eurotower perché non è il premier che nomina i vertici di quell'Autorità ma lo fanno i presidenti delle Camere.

Le dimissioni, secondo i legali della Bce, non possono inoltre avvenire proprio ora che Draghi entra in vigore: «Non possono coincidere nel tempo - scrivono - né possono essere legate apertamente con la nomina di un altro membro del Comitato esecutivo, ma devono essere gestite con procedure e in momenti totalmente separati». Un passaggio molto delicato per un «grand commis» come Bini Smaghi, stretto tra l'interesse del Paese che ancora una volta, attraverso il premier, ha chiesto le sua disponibilità a dimettersi, e quello dell'istituto di Francoforte che ormai rappresenta.

 

Lorenzo Bini SmaghiSARKOZY E BERLUSCONIANGELA MERKELbanca_centrale_europeaDraghi Trichet IL BOARD DELLA BCE PRIMA DELL ABBANDONO DI STARK