DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Ferruccio De Bortoli per “L’Economia - Corriere della Sera”
Se va riconosciuto all'export italiano una grande capacità di ripresa - al punto di aver fatto meglio di altri Paesi nei primi sei mesi dell'anno - un analogo tributo andrebbe assegnato anche al settore turistico. Non lo si fa mai. Nonostante rappresenti circa il 13 per cento del Prodotto interno lordo (ma in quel dato c'è un po' di tutto, come l'indotto di servizi e trasporti non sempre legati alle vacanze) si stenta, nel dibattito pubblico e tra gli esperti, ad elevarlo alla dignità di «locomotiva» della crescita.
Viene sempre dopo. Un po' anche per colpa di molta arretratezza e improvvisazione di parte dell'industria turistica che ha tassi di imprenditorialità e innovazione inferiori ai concorrenti internazionali. Il Ferragosto è stato, in moltissime località di mare e montagna, purtroppo non nelle città d'arte, straordinario per presenze e volume d'affari.
Tutto esaurito. In qualche caso, Puglia e Toscana per esempio, si sono stabiliti record storici di presenze. Forse l'agosto non sarà sufficiente per salvare un'intera stagione, stravolta dal Covid, e condizionata dall'assenza dei viaggiatori di alcune nazionalità, americani, russi e cinesi in particolare, cioè i cosiddetti big spender, ma pochi avrebbero scommesso in un rimbalzo agostano così forte.
Come aveva previsto Fedele de Novellis, in un recente rapporto di Ref, la «reazione a V» del settore turistico è stata persino superiore a quella dell'industria manifatturiera. E le famiglie, soprattutto quelle che avevano risparmiato di più e sono state meno colpite dal Covid, hanno mostrato una propensione al consumo turistico del tutto incoraggiante.
Secondo un'indagine Coldiretti-Ixe, gli italiani che sono andati o andranno in vacanza sono circa 25 milioni. Sono stati 13 milioni solo a Ferragosto. E qui emerge un vantaggio competitivo italiano che è stato largamente sottovalutato. A differenza di suoi forti competitor come Grecia e Spagna, il nostro Paese ha potuto fare affidamento sul «polmone» di quei turisti interni che generalmente andavano all'estero e che anche quest' anno hanno scelto una destinazione italiana.
Secondo l'Isnart, l'Istituto nazionale per le ricerche turistiche, le presenze italiane erano il 49 per cento del totale nel 2019, sono salite al 68,6 per cento nel 2020, sono stimate al 68,3 per cento quest' anno. Una sorta di «esercito di salvezza» nazionale che ha riscoperto, volente o nolente, mete interne. Altri non ce l'hanno delle nostre dimensioni e soprattutto non hanno alternative domestiche di tale varietà e bellezza.
DONNE IN SPIAGGIA CON LA MASCHERINA
L'Italia, proprio in queste settimane, ha consolidato il primato di Paese con il maggior numero di siti Unesco. Il paragone con la Spagna, alla quale contendiamo il primato turistico nell'Unione europea, è significativo. Lo ha spiegato bene, in un articolo su Il Sole 24 Ore, l'economista Marco Fortis. Madrid prima del Covid beneficiava di 65 milioni di notti di ospiti britannici più dell'Italia, anche grazie a un'offerta molto qualificata.
Viaggiatori che sono in larghissima parte venuti a mancare. Di conseguenza, nella rovinosa caduta del 2020, Roma ha superato, seppur in discesa, il rivale spagnolo con 65 milioni di notti di turisti stranieri contro 60 milioni. La caduta del Pil iberico è stata, infatti, superiore a quella italiana.
massimo garavaglia ministro del turismo foto di bacco (2)
La centralità dell'industria del turismo - che è un po' una somma di tanti altri comparti, dalla cultura alla cucina - è stata ribadita più volte dal premier Draghi, specialmente in occasione del G20 di maggio. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) riserva al turismo programmi ambiziosi e risorse eccezionali, sulla realizzazione dei quali è impegnato il ministero del Turismo guidato dal leghista Massimo Garavaglia.
Ma quella che ancora manca è una consapevolezza del ruolo strategico del turismo nel disegnare la società futura e nel promuovere la sostenibilità ambientale. Pulizia ed estetica dei luoghi, senso civico, rispetto delle regole e soprattutto sicurezza.
L'occasione, per essere più competitivi rispetto alla concorrenza internazionale, è irripetibile. O il salto lo facciamo adesso, superando quella visione fatalista e attendista del «Paese più bello del mondo», il ritornello consolatorio del «tanto ci vengono lo stesso», della simpatia che sopperisce alla competenza, o il danno sarà irreversibile. Se ci si limiterà a considerare la crisi passeggera e solo causata dalla pandemia, si commetterà un errore capitale.
Il virus ha colpito ingiustamente molte strutture - gli aiuti sono indispensabili - ma accelerato anche una selezione degli operatori che è, per quanto sia spiacevole dirlo, indispensabile. Gli operatori, piccoli e grandi, più preparati, organizzati e innovativi sono riusciti ad adeguare i servizi, ad elevare la qualità dell'offerta anche con una maggiore attenzione personale per gli ospiti che rappresenta una leva formidabile. In nessun altro settore industriale, nemmeno nel più avanzato, è successa una cosa simile.
Nessun imprenditore come quello turistico, della ristorazione e dei servizi, ha dovuto affrontare un ostacolo simile reinventando di fatto il rapporto con la propria clientela fungendo persino da «ufficiale sanitario». Sempre secondo l'Isnart, gli standard di sicurezza sono quelli che orientano al 77 per cento le scelte di destinazioni.
Contano più del rapporto qualità/prezzo e persino della bellezza dei posti. Il green pass è stata dunque una scelta opportuna. E ci si può domandare che cosa avrebbero pensato, e soprattutto scelto, i molti turisti affluiti da altri Paesi europei, in cui sono in vigore misure simili, se non vi fosse stato alcun passaporto sanitario.
L'interrogativo di fondo è se questo spirito di adattamento si trasformerà in un profondo cambio di pelle del settore - più imprenditorialità meno improvvisazione, ricerca delle economie di scala, maggiore produttività, crescita degli standard qualitativi - oppure se sarà solo una prova eccezionale quanto estemporanea, di volontà e resistenza. «I dati molto positivi di questo periodo - è l'opinione di Mariano Bella, direttore dell'ufficio studi di Confcommercio - vanno letti con una certa prudenza.
La saturazione di posti letto a Ferragosto o il boom in alcune località delle presenze non significa automaticamente fatturati in linea con gli anni precedenti alla pandemia. Sono un segnale di vitalità, questo sì. Ma se vogliamo essere competitivi anche dopo la pandemia e intercettare quei 3 o 4 miliardi di persone che si affacceranno nel mercato dei viaggi e del turismo in futuro, il nostro modello va ripensato nell'insieme.
Va stimolata l'imprenditoria migliore, occorrono investimenti adeguati nella formazione, nella digitalizzazione, insomma bisogna considerare il turismo come un settore d'avanguardia - esattamente come si fa per la tecnologia più sofisticata - non residuale, nella convinzione errata che vada per conto proprio e sia forte e immutabile come la bellezza e l'originalità dei nostri luoghi più celebrati». Il segnale del buon Ferragosto è positivo per tutti purché non lo si scambi come la dimostrazione dell'esistenza di una rendita naturale italiana. Non lo è più da tempo.
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