FUORI IL BOTIN! - LA DIFESA DI LIN-GOTTI TEDESCHI? UN AUTOGOL PER SANTANDER - SECONDO L’UOMO FORTE DEI BASCHI IN ITALIA, LA “PROVA REGINA” DELLA REGOLARITA’ DELLA VENDITA DI ANTONVENETA A MPS E’ CHE BOTIN “E’ UNA PERSONA INTEGERRIMA” - PRATICAMENTE UN ATTO DI FEDE: E LE ALTRE PROVE? - I DUE MILIARDI CHE SAREBBERO RIENTRATI NON FIGURANO NEI BILANCI - E I GUAI GIUDIZIARI DI BOTIN?...

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A.Gr. per "la Repubblica"

Ma al Banco di Santander non fischiano le orecchie? Le attività degli inquirenti senesi vertono su piste scomode per la quarta banca d´Europa, rara multinazionale del credito, capace cinque anni fa di sfilare tre miliardi in tre mesi dalle tasche dei banchieri senesi in cerca di grandeur.

Emilio Botin, presidente e azionista del colosso basco, si dice legga con fastidio crescente le ipotesi di tangenti miliardarie, di retrocessioni al compratore, di patti segreti non scritti per sostenere il titolo Antonveneta prima della transazione. Però nessun commento ufficiale o ufficioso filtra. Il gruppo starebbe studiando la strategia, oltre all´evolvere degli eventi.

Chi conosce Ettore Gotti Tedeschi, plenipotenziario da una vita di Botin e del Banco Santander in Italia, si è fatto un´idea piuttosto chiara degli umori. «Sono cose che non stanno in cielo né in terra - sbotta con i suoi interlocutori l´ex presidente dello Ior - figuriamoci se un banchiere come Botin, e una banca come il Santander fanno accordi segreti con qualcuno».

La linea ufficiale è non parlare, e anche non sapere, perché, come confermano le dichiarazioni di Alessandro Daffina (capo in Italia di Rothchild e che fu advisor degli spagnoli nella cessione Antonveneta) tutta la breve trattativa fu gestita da Madrid, mentre gli emissari italiani del Santander furono tagliati fuori non appena si decise che Antonveneta, un boccone dello «spezzatino» di Abn Amro, andava venduta.

Anzi, pare che il banchiere cattolico ex McKinsey avrebbe visto con favore l´incorporazione degli attivi padovani sotto le sue insegne «ma a Madrid forse avevano già qualche segnale di inversione di tendenza sui mercati». Oggi si può dire senza dubbi chi fece la cosa giusta, tra tutti.

Secondo i ragionamenti di Gotti Tedeschi, tre sono i cardini logici che disancorano le ipotesi degli inquirenti. «Prima cosa, Botin è un uomo talmente integerrimo che non potrebbe mai aver fatto le cose di cui scrivono certi giornali». Poi ci sono gli aspetti tecnici. «Se una banca quotata vende a 9 miliardi e dopo l´incasso ne retrocede 2 al compratore, quei due miliardi si devono vedere nel suo bilancio tra le uscite, e non mi pare proprio il caso».

Gli aspetti procedurali, le autorizzazioni di vigilanza e l´utilizzo da parte del Santander «dei migliori consulenti, dei migliori revisori e delle migliori standard di governance», sarebbero un altro vincolo. Anche se in passato questi standard non hanno impedito a Botin di essere indagato in patria per presunta frode fiscale. Né al suo vice, Alfredo Saenz, una condanna a otto mesi per una vecchia storia di denunce fasulle.

Il terzo argomento logico che Gotti Tedeschi cita - pur ripetendo che la cessione fu completamente gestita dalla Spagna - è l´interessamento alla preda padovana della concorrente Bnp Paribas, già padrona di Bnl e che valutava l´ulteriore crescita nella Penisola. «Come risulta anche dalle cronache del tempo, i banchieri francesi erano seriamente interessati all´Antonveneta, e credo fossero disposti a pagarla bene, forse mezzo miliardo meno del Monte dei Paschi. Quindi è assurdo parlare di vendita concordata a tavolino».

 

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