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Paolo Ottolina per “CorrierEconomia-Corriere della Sera”
Nel 2013, due aziende cinesi che sembravano destinate a correre veloci nel mondo degli smartphone subirono una battuta d' arresto nella crescita. Una era Zte, l' altra Huawei. La prima tuttora stenta a ripartire sul mercato globale. La seconda invece da quel momento ha premuto sull' acceleratore ed è il nome rampante del settore.
Negli ultimi due anni ha conquistato saldamente il terzo posto mondiale tra i produttori, ha staccato le connazionali Lenovo e Xiaomi e ha esplicitato le sue ambizioni: diventare la numero uno globale entro il 2020, superando Apple (oggi seconda) e l' attuale leader Samsung.
Le probabilità
L' affermazione non pare una fanfaronata, anche se il distacco è tuttora ampio (nel 2015: 7,3% contro 15,9% di Apple e 22,5% di Samsung, secondo Gartner). Huawei ha molta strada davanti ma i trend dicono che può farcela: rispetto al 2014 le vendite sono salite del 52% (a 104 milioni) e quest' anno si punta a un altro 40% di crescita.
HENRY CAVILL PRESENTA IL P9 HUAWEI 3
Il decollo è dovuto a una serie di fattori. Sotto la guida di Richard Yu, il ceo della divisione consumer, è stata abbandonata la precedente strategia di fornire smartphone agli operatori che li immettevano sul mercato con il proprio marchio. Il design è stato rivisto, puntando sulle scocche in metallo. Per rintuzzare l' attacco dell' altra cinese Xiaomi è stato creato un secondo brand, Honor, che sfrutta il canale online per la vendita e la promozione, con buoni prodotti a un prezzo aggressivo.
«Sono stati bravi a sfruttare un momento favorevole - aggiunge Carolina Milanesi, analista di Creative Strategies - , in cui gli operatori avevano bisogno di alternative a Apple e Samsung sulla fascia media e alta. E hanno capito l' importanza del design e della finitura del prodotto».
Ora è partito l' assalto alla fascia «premium». Un passaggio assolutamente strategico. «Finora la Cina non ha prodotto un marchio consumer al top» ha detto il vice presidente del consiglio di amministrazione Eric Xu, nel corso del summit annuale con gli analisti appena concluso a Shenzhen. Aggiungendo: «È una sfida che prendiamo come mission nei prossimi 5-10 anni».
HENRY CAVILL PRESENTA IL P9 HUAWEI 2
La fascia altissima del mercato dei dispositivi garantisce non solo un ritorno d' immagine ma anche ampie marginalità che possono essere reinvestite in ricerca e sviluppo (settore in cui già ora Huawei spende il 14,5% dei ricavi).
Il prodotto
La scommessa di quest' anno tra gli smartphone si chiama P9. Appena lanciato in un evento globale a Londra, introduce come novità una doppia fotocamera realizzata in collaborazione con Leica, lo storico marchio tedesco. «È una partnership strategica per noi, abbiamo creato un team di lavoro che andrà molto oltre questo smartphone» ci ha detto il vicepresidente dell' area device consumer, Li Changzhu.
Come testimonial sono state ingaggiate due star di Hollywood: Scarlett Johansson e Henry Cavill, il Superman del cinema. Un segno che la spinta su marketing e pubblicità aumenterà ancora nel 2016, dopo che negli anni scorsi Huawei aveva già investito sul calcio (accordi con diversi club europei, tra cui il Milan) e sulla moda (eventi in collaborazione con Vogue).
Secondo Carolina Milanesi «spendere è l' unico modo per provare a fare qualcosa che finora non è riuscito a nessuno: rendere il Made in Cina cool .
È successo in passato con il Made in Japan e il Made in Korea, ma per la Cina è è più difficile perché paradossalmente tutti i prodotti vengono dalla Cina, alta moda e Apple incluse».
Sul come riuscire nell' impresa ci sono idee piuttosto chiare nel maxi-campus di Shenzhen, dove lavorano oltre 50 mila ingegneri, manager e impiegati. «Noi stiamo costruendo la prima vera azienda tecnologica del XXI secolo - ci spiega Glory Cheung, a capo del marketing nell' area consumer -. Siamo diversi dal modello Silicon Valley, tipo Apple, con un leader carismatico e accentratore. Ma siamo diversi anche dal modello del conglomerato industriale giapponese o coreano: noi ci concentriamo sugli smartphone, non su mille altri prodotti di elettronica».
Nel corso dell' incontro con la stampa a Shenzhen, Cheung (una delle non poche donne in un ruolo chiave dell' azienda) ha annunciato che quest' anno saranno aperti i primi «spazi Huawei» in Europa: non semplici negozi ma «aree di collaborazione evoluta» aperte a designer, artisti, creativi, maker. Si chiameranno Dreamspace e si partirà da Londra.
Huawei, prosegue Cheung, ha altre particolarità: «È un' azienda non quotata, posseduta dai 170 mila dipendenti, che investe moltissimo in ricerca, 37 miliardi di dollari negli ultimi anni, e con una struttura unica di leadership». Infatti, ogni sei mesi, tre top manager assumono il ruolo di amministratori delegati in carica. Scaduto il termine, tornano ai ruoli precedenti. Una rotazione voluta dal fondatore dell' azienda, Ren Zhengfei. «Benché venga dall' esercito cinese, sotto la sua guida Huawei è diventata molto più aperta e internazionale di altre aziende - spiega ancora Milanesi -. Uno dei segreti del successo in Europa è come hanno valorizzato le risorse e le collaborazioni locali».
A cercare di tradurre la parola «Huawei» si ottiene qualcosa che suona come «La Cina è in grado» o anche «La Cina conquista». In Corea e in California probabilmente lo tengono ben a mente.
george zhao ming ceo huawei italia HUAWEI ASCEND P2TELECOMUNICAZIONI CINESI HUAWEI il campus huawei a shenzhen
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