IL BOTTO DI FINE ANNO: IL 1 AGOSTO 2024 (DUE SETTIMANE DOPO IL TAGLIO SUL CAPOCCIONE) GENNARO…
Ugo Bertone per “Libero quotidiano”
Il presidente della Bundesbank Jens Weidmann non è abituato a sorridere. Men che meno in questi giorni. Colpa di Matteo Renzi? In parte sì, vista la replica stizzita ad un commento del banchiere, velenoso solo per colpa di una traduzione affrettata. Ma i malumori hanno radici più profonde, sia in patria che fuori. E il vero di mal pancia ha sì origini italiane.
Ma a Roma, terra di Mario Draghi,piuttosto che nella Firenze di don Matteo. E vediamo perché.
a) Una parte dei crucci di herr Weidmann risale al 16 giugno scorso quando il ministero delle Finanze tedesco ha respinto la richiesta di chiedere una revisione dei meccanismi di voto del Consiglio della Bce: un cambio delle regole europee è troppo complicato. A rivendicare una riforma, senz'alro gradita alla Bundesbank, era stata una parte della Cdu-Csu:perché, era il ragionamento, la Bundesbank che ha il 26% del capitale deve accontentarsi di pesare come Cipro?
Il paradosso, poi, è destinato a crescere dal 1? gennaio, quando si dovrà fare spazio tra i 18 membri del vertice (sei membri del direttorio più le 12 banche nazionali) anche alla Lituania. Ma le poltrone non saliranno a 19 sempre per non cambiare lo statuto. E così anche la Bundesbank, a turno, dovrà star fuori dall’Euro Tower.
b) Sembra, e probabilmente è materia di lana caprina. Ma la prospettiva di contare come la Lituania o il Portogallo non piace al presidente della Buba, soprattutto se ai vertici della banca centrale siede un banchiere con il prestigio e l’autonomia diMario Draghi, che dispone di un filo diretto con la cancelliera Merkel.
Chi garantisce i falchi della Bundesbank e della Cdu-Csu che un domani non piovano in Europa provvedimenti espansivi senza che la Bundesbank possa far sentire nel modo adeguato il suo dissenso nelle sedi istituzionali? Fin dalla sua fondazione la Bce è stata soprattutto un’emanazione del potere della Bundesbank. Ma, a suon di interventi e di assunzioni (in vista dell’Unione Bancaria, soprattutto) la Bce si è fatta adulta e più indipendente.
E l’anno prossimo, quando saranno adotatte le riforme americane (riunioni ogni sei settimane,pubblicazioni dei verbli di voto), il peso dei vari poteri nazionali tenderà a scemare ancora di più.
c) La novità cade in un momento delicato, a pochi mesi dalla conclusione degli esami sulle banche europee che potrebbero riservare non poche sorprese. Ieri Draghi ha fatto un cenno esplicito all’«importante sforzo di organizzazione del settore bancario attraverso fusioni ed acquisizioni » che potrebbe prendere il via dopo l’esame sui conti delle banche europee.
Non sarà, certo, un processo guidato dalla Bce. Ma prenderà forma dopo che la supervisione sulle principali 24 banche tedesche sarà passata dalla Bafin al meccanismo di vigilanza unico guidato da Danielle Nouy. Inoltre, a differenza di quel che è successo in passato, la maggior parte degli M&A sarà crossborder, ovvero coinvolgerà più Paesi sotto il cappello comune della Bce. Proprio quel che Weidmann ha cercato finora di evitare.
d) Insomma, Jens Weidmann ha ragione di temere una possibile riduzione del potere di veto della banca centrale tedesca in Europa. E di riflesso si capisce perché, dopo il primo timido spiraglio al QE di Draghi, tornino a farsi insistenti le critiche al banchiere italiano che, secondo i falchi è andato al di là dei poteri affidati alla Bce. Riparte il pressing verso la banca centrale ma anche verso i partner Ue. Ma,probabilmente, il primo bersaglio è domestico,ovvero la decisione del Parlamento di procedere in settimana al voto sul salario minimo nonostante che Weidman mercoledì sera abbia ribadito la sua contrarietà. Ahimè, il Bundestag non gli darà retta. Tanto vale sfogarsi con gli italiani.
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