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Paolo Baroni per la Stampa
La trattativa sull' Ilva rischia di finire fuori massimo. Per il passaggio definitivo ad ArcelorMittal c' è infatti tempo sino al 30 giugno ma il confronto coi sindacati non è ancora approdato a nulla. «Le posizioni sono ancora distanti», continuano a ripetere i sindacati che insistono per ottenere garanzie occupazionali e salariali per tutti i 14mila dipendenti del gruppo.
LO SCOGLIO DEI 10 MILA
L' accordo siglato dal governo coi nuovi investitori parla di 10mila posti e di qui ArcelorMittal sembra non volersi schiodare. «Hanno confermato i 10mila e aperto alla possibilità di assumerne poi altri 400» spiega Marco Bentivogli della Fim Cisl al termine della nuova maratona con Mittal. «Ma le garanzie occupazionali sulla fine piano sono ancora troppo deboli. E la trattativa è molto lenta, complicata dalle tante questioni giuridiche che una vicenda come questa comportano».
Non solo, ma le recenti prese di posizione dei 5 Stelle, che parlano di «chiusura programmata» dell' Ilva, rendono molto cauti i manager del gruppo indiano. Che nelle ultime ore, a fronte della nuova fase politica, hanno espresso molti dubbi sulla convenienza di portare a termine un' operazione da 4,2 miliardi di euro: 1,8 per acquistare l' Ilva ed altri 2,4 tra investimenti e messa norma degli impianti. Detto questo sia Arcelor che i sindacati continuano a trattare.
CASSA IN ESAURIMENTO
Il tempo sta per scadere. Entro il 30 giugno Arcelor deve formalizzare il contratto di acquisto ed altre vie d' uscita non se ne vedono. Anche perché la gestione commissariale, con l' Ilva che oggi perde circa 30 milioni di euro al mese, a luglio avrà bruciato tutte le risorse. Ed è quasi impossibile che l' Europa conceda all' Italia la possibilità di erogare nuovi fondi.
Per questo ancora ieri, per agevolare la chiusura della partita, il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda ha annunciato che il governo è pronto a mettere a disposizione ulteriori risorse attraverso l' amministrazione straordinaria. In particolare si ragiona sulla possibilità di aumentare la dotazione a favore di Invitalia che nell' ultimo schema messo a punto dal Mise (e respinto dai sindacati) dovrebbe farsi carico di 1500 lavoratori ex Ilva.
«Mai come in questo momento la politica pesa su questa vicenda - lamenta Bentivogli -. Le prese di posizione della politica locale e nazionale non solo spaventano Mittal ma rendono anche più debole la nostra posizione col rischio di compromettere l' attuazione del piano ambientale che è parte dell' accordo». «Sull' Ilva negoziare si può e si deve» ha detto Calenda all' assembla di Confindustria.
«Ma occorre fare presto perché a luglio finirà la cassa e ricominciare tutto da capo o per seguire chi propone soluzioni tecnologiche irrealizzabili rischia questa a volta di provocare una chiusura tutt' altro che progressiva. In nessun pianeta della galassia un investitore che mette 4,2 miliardi sul piatto viene accolto a suon di ricorsi e piani assurdi. Un vero delirio populista».
Scatenando le ire dei 5 Stelle ieri è intervenuto anche il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia: «Chiudere la più grande acciaieria d' Europa? Ma quale messaggio diamo agli investitori con le incertezze sull' Ilva?». Il baratro si avvicina ma non è ancora detta l' ultima parola. Oggi le varie sigle, la Fiom, la Fim, l' Usb riuniranno i loro coordinamenti per fare il punto della situazione con l' impegno di incontrare di nuovo ArcelorMittal a inizio della prossima settimana.
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