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Erica Orsini per Il Giornale
Un sottile doppiogiochista, nemico dei grandi evasori fiscali nel suo ruolo istituzionale, semplice opportunista quando si trattava di proteggere gli interessi del suo piccolo e ricchissimo Paese. Il quotidiano inglese The Guardian svela i trucchi del prestigiatore Jean Claude Juncker, Presidente della Commissione Europea dal 2014, che negli anni in cui fu primo ministro del Lussemburgo riuscì a bloccare ogni tentativo della commissione per fermare l' evasione fiscale delle grandi multinazionali.
A confermarlo alcuni documenti segreti - diffusi dalla radio tedesca German Radio Group NDR e mandati anche al Guardian e all' International Consortium Investigative Journalist - in cui si dimostra come per quasi vent' anni, il veto di alcuni piccoli Stati membri è riuscito a legare mani e piedi alla commissione che aveva il compito di impedire alle grandi aziende di evadere le tasse con sotterfugi al limite della legalità.
A questo scopo era stato creato un codice di condotta sulla tassazione per gli affari già 19 anni fa e la commissione europea si riuniva periodicamente fin dal 1998 per discutere del problema dopo aver sottoscritto un accordo in base al quale nessun Stato avrebbe danneggiato l' altro per perseguire i propri interessi.
A quanto pare le cose sono andate diversamente anche se, fino ad ora, si è saputo molto poco dei lavori della Commissione. Dalla documentazione segreta invece, emerge chiaramente come gli sforzi della maggioranza per combattere l' evasione siano stati abilmente vanificati, come le proposte di controlli e legislazioni fiscali europee più aggressive siano state regolarmente ritardate, diluite e perfino azzerate dall' azione di singoli Stati membri, spesso guidati proprio dal Lussemburgo.
Inutile dire che queste rivelazioni sono estremamente imbarazzanti per Juncker che è stato a guida del suo Paese dal 1995 fino al 2013 e durante lo stesso periodo ha agito anche nel ruolo di ministro del Tesoro con un occhio di riguardo proprio al regime fiscale.
Sebbene si tratti di un piccolo Paese, il Lussemburgo in questi anni è riuscito a resistere ad ogni riforma fiscale largamente appoggiata dall' Unione Europea.
Spesso la sua voce contraria ha avuto come unico appoggio l''Olanda ma è bastato per bloccare proposte importanti come: il piano di obbligare le autorità fiscali di ogni Paese a sottoporre al Parlamento gli accordi da prendere con le multinazionali; un' inchiesta sulle strategie per evitare le tasse utilizzate dalle grandi società con sotterfugi al limite della legalità; il miglioramento della condivisione delle informazioni sugli accordi con le multinazionali presi dai vari stati membri.
Ieri, un portavoce dell' attuale ministro del Lussemburgo si è rifiutato di commentare la posizione del governo che l' ha preceduto sulla questione. Non siamo a conoscenza delle comunicazioni a cui fate riferimento - ha detto ai giornalisti del Guardian - se siano genuine oppure no e quindi non possiamo commentarle.
Negli anni recenti pero' il Lussemburgo è stato in prima linea sul fronte della trasparenza fiscale. Resta il fatto che anche un' altra fonte della Commissione trovata dal Guardian ha confermato che la Commissione non è riuscita praticamente a fare nulla dato che ogni decisione richiedeva il requisito dell' unanimità e ogni Stato era pronto a bloccare ogni accordo per i propri interessi, in particolare il Lussemburgo che nei 18 anni di regno di Juncker si è trasformato in uno dei Paesi più ricchi del mondo, oasi fiscale incontrastata di multinazionali come Amazon, Skype, McDonalds e Fiat.
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