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Paolo Mastrolilli per "La Stampa"
E allora Steve mi disse: sei licenziato Charles, non ti voglio più vedere qui». Non capita spesso di sentire qualcuno che parla allegramente, quasi con orgoglio, della propria cacciata da una compagnia. Se però la compagnia si chiama Apple, chi ti mette alla porta è Steve Jobs, e dopo qualche giorno ti riassume, il gioco può diventare curioso. Charles Jolley, ex JavaScript guru di Cupertino e responsabile del progetto MobileMe, è stato vittima per due volte delle celebri sfuriate di Steve, che in genere si concludevano col licenziamento. Entrambe le volte è stato riassunto, fino a quando ha lasciato lui la Apple per fondare la propria compagnia, Strobe.
Ora che è fuori, può infrangere la leggendaria riservatezza di Cupertino, e portarci direttamente nella stanza di Jobs.
Com'era lavorare con lui?
«Straordinario, davvero. Per l'intensità che ci metteva, la creatività , la cura per ogni dettaglio. Spingeva sempre tutti a dare il massimo».
Quante ore lavoravate?
«Quante ne servivano. Se stavi finendo un prodotto, non c'era bisogno che qualcuno ti dicesse di fare le nottate».
Che clima c'era nel campus?
«Colleghi pronti all'amicizia e alla collaborazione, ma anche severamente esigenti. Faccio un esempio pratico. Nelle altre aziende, quando prepari un prototipo, in genere è sempre un po' ammaccato. Alla Apple non avresti il coraggio di farlo vedere, se non funzionasse già alla perfezione».
Jobs lo vedevate spesso in giro?
«Era molto gentile e gioviale tutta la settimana, veniva anche a pranzo con noi. Il lunedì, però, cambiava tutto».
Cioè?
«Ogni lunedì faceva la revisione dei prodotti: quello era il momento più atteso e più temuto da tutti noi. Quando entravi nella sua stanza, cercava come un laser qualcosa che non gli piacesse del progetto che presentavi. Se non la trovava, diventavi un eroe: ti trattava come la persona che aveva appena inventato la ruota e decantava tutte le potenzialità straordinarie della cosa che gli avevi portato. Se invece trovava un minimo dettaglio, anche solo il colore, che non andava, eri finito. Non parlava più di altro, fino a quando il problema era risolto. E se non lo risolvevi, ti faceva a pezzi. Letteralmente: ti lanciava i pezzi del prodotto. Non c'erano mai vie di mezzo. Non esisteva una cosa che fosse semplicemente ok: o era sublime, o faceva schifo».
à capitato anche a lei?
«Certo. Il mio team era incaricato di sviluppare MobileMe, il predecessore di iCloud, che francamente non funzionava: mi fece a pezzi. Però si prese tutte le sue responsabilità , e una volta distrutto il prodotto che avevo portato, mi diede indicazioni precise e chiare su come ripartire. Ecco, la sua forza era questa: si poteva cadere, ma l'importante era sapersi rialzare».
Perché la licenziò la prima volta?
«Non gli era piaciuto un prodotto, mi cacciò».
E la seconda?
«Avevo fatto un'intervista autorizzata da Steve per presentare un nuovo progetto. Ma lui, come sapete, era molto riservato con i media. Il giornalista scrisse delle mie frasi fuori contesto, che a Jobs non piacquero. Mi fece chiamare da un vice presidente che mi chiese: "Charles, Steve dice che ti devo licenziare, cosa è successo?". Risposi: "Ho rilasciato l'intervista che mi aveva chiesto di fare. E lui: peccato, non gli è piaciuta"».
E poi?
«Mi fece richiamare dal vice presidente e mi disse: stai un po' a casa a riflettere, e vediamo come aggiustare le cose. Qualche giorno dopo mi riassunse».
Perché è rimasto?
«Si lavorava un sacco e si guadagnava poco, ma tutto quello che facevi aveva un impatto sul mondo».
Poi però lei è andato via e ha fondato Strobe, che distribuisce applicazioni e rappresenta anche una sfida intellettuale ad Apple.
«Loro sono i migliori a fare prodotti originali chiusi e devono restare così, ma poi arriverà sempre qualcuno che li aprirà al mercato».
Su cosa si butteranno, adesso?
«Hanno prodotti nuovi già pronti per i prossimi due anni, e iPad ha ancora possibilità infinite di sviluppo. La prossima sfida, però, sarà la televisione. Apple Tv è già interessante, ma provate ad immaginare una televisione che unisce tutte le qualità dei prodotti di Cupertino, Internet e le applicazioni. Sarà una cosa unica, che cambierà di nuovo il mondo».
La Apple sopravviverà senza Jobs?
«Sul piano organizzativo Tim Cook, il nuovo ceo, è il migliore che ci sia, mentre il capo del design, Jony Ive, è un fenomeno. Steve, però, aveva un ruolo unico: capiva cosa voleva il pubblico e decideva come produrlo. La disciplina che ha instillato nella compagnia continuerà a farla muovere, ma Apple dovrà trovare in fretta una persona o un meccanismo che indichi la direzione».
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