L’AUMENTO (E IL FUTURO) RCS IN MANO A ROTELLI MALATO – SE SI TIRA INDIETRO, AZZERA LA CONQUISTA DEL CORRIERE DI ELKANN E NAGEL

Antonella Olivieri per "Il Sole 24 Ore"

È Giuseppe Rotelli l'ago della bilancia nella tormentata ricapitalizzazione di Rcs. L'imprenditore non ha ancora chiarito la sua posizione, ma ha fatto sapere che deciderà quando saranno definite le condizioni dell'aumento. Bisognerà attendere quindi almeno fino al 14 maggio, quando si riunirà nuovamente il board della casa editrice per l'approvazione della trimestrale e giocoforza per mettere a fuoco gli ultimi dettagli sull'operazione che sarà sottoposta all'assemblea il 30 maggio.

Si sa però che Rotelli non ha gradito le condizioni poste dalle banche per accompagnare la ristrutturazione finanziaria, che non è felice all'idea di un aumento che potrebbe diluire la sua partecipazione, se decidesse di non seguire, dal 16,8% a qualcosa come il 2%, che non sia convinto di un'operazione che in buona parte è finalizzata a rimborsare le banche. Tutti argomenti che non sono molto distanti da quelli illustrati da Diego Della Valle, da ultimo insieme a Gilberto Benetton, che hanno già preannunciato il loro no. Il no all'aumento è stato comunicato anche da Paolo Merloni, consigliere dimissionario e titolare di una quota sindacata del 2%.

Col 16,8% la quota di Rotelli può dunque fare la differenza. Se si schierasse con il fronte del sì, l'aumento passerebbe alle condizioni poste dalle banche. Se viceversa optasse per l'opposizione attiva, il no supererebbe la soglia di un terzo del capitale che consentirebbe di bocciare le delibere dell'assemblea straordinaria. Se invece non si presentasse all'adunanza degli azionisti, allora la partita sarebbe aperta e conterebbero gli indecisi. Ma appunto, complici problemi personali, la posizione dell'imprenditore della sanità è imperscrutabile, sebbene nelle settimane scorse risultino esserci stati contatti con Della Valle.

L'impegno a sottoscrivere l'aumento così come prospettato c'è da parte di quel 44% del capitale sindacato - al netto delle azioni proprie detenute dalla società - che ha già comunicato le proprie intenzioni. Sul resto del capitale vincolato al patto non c'è certezza perché, come ricordato ieri da «Il Sole-24Ore», l'accordo è di consultazione e di blocco ma non di voto e lascia dunque liberi gli azionisti di esprimersi come credono in assemblea, tanto più oggi che non esistono più "messe cantate".

L'adesione è già certa, dunque, da parte di Mediobanca (13,699% la quota vincolata), Fiat (10,291%), FonSai (5,257%), Pirelli (5,239%), Intesa (4,927%), Mittel (1,282%) ed Edison (1,045%). In più Fiat si è resa disponibile a sottoscrivere parte dell'eventuale inoptato all'interno del patto fino a una quota del 2,805%, e Intesa a mettere sul piatto altri 10 milioni tra acquisto di diritti e sottoscrizione di nuove azioni (pari al massimo al 2,5%, se i diritti valessero zero) in aggiunta alle rispettive quote.

Ancora non basterebbe a soddisfare la condizione posta dalle banche per la costituzione del consorzio di garanzia (ieri al pool si è aggiunta Akros con un pre-impegno per 10 milioni) e cioè che il patto sottoscriva almeno 200 dei 400 milioni della ricapitalizzazione ordinaria. All'appello mancherebbe qualche punto percentuale. Ma questo è un dettaglio, in qualche modo risolvibile.

All'interno del patto deve ancora sciogliere la riserva il gruppo Pesenti che deciderà quando saranno note le condizioni dell'aumento. Mentre si dice che ci sia discussione in famiglia tra il figlio Carlo, che ha disertato le ultime riunioni del consiglio Rcs, e il padre Giampiero, che è il presidente del patto, non viene avvalorata da parte di Italmobiliare l'ipotesi di un'adesione solo per metà della quota.

Il gruppo è impegnato nella ristrutturazione del proprio core business, ma si ritiene improbabile che i Pesenti non partecipino all'assemblea o che possano votare contro, indipendentemente dalle considerazioni individuali sulla partecipazione all'aumento.

La Sinpar di Lucchini (1,282%) aveva preannunciato che avrebbe fatto la propria parte, ma poi ha preso tempo. La Eridano finanziaria di Bertazzoni (1,228%) non ha fatto pervenire ancora l'adesione come invece ci si aspettava. Generali ha fatto sapere che non sottoscriverà l'aumento, ma sul voto in assemblea l'ad Mario Greco si è limitato a dire: «Vedremo, un passo per volta».

 

 

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