DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
1. FT, 'LA MOSSA DI UNICREDIT SU COMMERZ AZZERA LE ALTERNATIVE'
(ANSA) - L'ultima mossa di UniCredit su Commerz e cioè l'incremento della sua quota al 21% con l'obiettivo di arrivare al 29,9%, "fa sembrare forte la sua offerta per un'alleanza 'amichevole', anche perché ha eliminato in modo aggressivo la maggior parte delle alternative".
A scriverlo nella sua Lex è il Financial Times che nota come l'istituto tedesco sia al momento "praticamente senza testa" con il ceo, Manfred Knof che ha già annunciato la sua indisponibilità per un rinnovo alla scadenza del mandato il prossimo anno. Su questo, peraltro, il quotidiano economico evidenzia come "Commerzbank potrebbe essere a corto di tempo per avviare un serio processo di selezione".
Inoltre, con UniCredit alla porta, "non è nella posizione migliore per attrarre il meglio del settore bancario". L'Ft si sofferma poi su chi si oppone ad un'acquisizione con "i politici tedeschi" che "non vedono di buon occhio l'idea". "Ma bloccare un'offerta a prezzi elevati per motivi puramente ideologici - rileva - potrebbe essere difficile".
Il Financial times ricorda anche che "la rosa dei possibili cavalieri bianchi è sempre stata molto ristretta" con Deutsche Bank che "ha i suoi problemi da affrontare", così come "è improbabile che altri grandi gruppi europei" vogliano assaporare "la prospettiva di una complessa battaglia con UniCredit come azionista di minoranza" che blocca.
2. UNICREDIT, PARTE LA SCALATA È AL 21% DI COMMERZBANK LA BANCA PUNTA AL CONTROLLO
Estratto dell’articolo di Giuliano Balestreri per “la Stampa”
Il muro alzato da Berlino non spaventa Andrea Orcel che, anzi, stringe la presa su Commerzbank. Con un blitz che ha scatenato le ire del governo tedesco, Unicredit ha annunciato di essere salita al 21% del capitale della seconda banca tedesca. Un posizione costruita attraverso un'operazione in derivati convertibili in azioni, pari all'11,5% del capitale, una volta ricevuto il via libera dalla Banca centrale europea a salire oltre il 10% fino al 29,9 per cento. Soglia oltre la quale scatta l'obbligo di Opa, mossa che nessuno esclude.
Immediata la reazione tedesca. Il cancelliere Olaf Scholz parla di «attacchi non amichevoli» e spiega che le «acquisizioni ostili non sono una buona cosa per le banche». Da New York, in serata, arriva la replica del vice premier e ministro degli esteri, Antonio Tajani: «Quando qualcuno viene ad acquistare in Italia si dice che siamo in un sistema europeo, poi se un italiano acquista non è più mercato unico».
[…] dai silenzi dell'esecutivo trapela un certo malumore per la mossa di Orcel. Il governo, infatti, avrebbe suggerito al banchiere di aspettare prima di muovere ancora su Francoforte per lasciare alle diplomazie il tempo necessario per appianare le divergenze.
Analisti e advisor, però, sono d'accordo con Orcel consapevoli che il fattore tempo sia cruciale per portare a termine l'operazione. Commerzbank è debole e al di là delle dichiarazioni pubbliche, la Germania non ha la forza per difenderla.
Deutsche Bank si è chiamata fuori subito e anche la Bce ripete come una mantra di essere favorevole alle operazioni transfrontaliere. Difficile, quindi, immaginare che il numero uno della Bundesbank, Joachim Nagel, provi a guadagnare tempo per aiutare Scholz. Fedelissimo di Christine Lagarde, Nagel pur non commentando l'operazione ha detto: «Abbiamo bisogno di banche forti e robuste».
In questo scenario, con il 9,2% già in mano, Orcel consolida l'investimento diventando il primo azionista in Commerz convinto che la combinazione creerebbe beneficio «all'intera Germania» a tutti gli «stakeholders della banca».
In questo senso a giocare un ruolo non secondario nella partita sarà Blackrock: il fondo Usa è il primo azionista di Unicredit con il 6,4% del capitale ed è il terzo socio di Commerz con il 7,2%. Così come Vanguard che ha il 3,98% di Unicredit e il 3,49% dei tedeschi. Tradotto: sarebbero i primi "stakeholders" a trarne beneficio. Certo, da un lato gli americani vorrebbero evitare di andare allo scontro con la Germania, ma dall'altro sono consapevoli che Orcel negli ultimi 14 trimestri ha registrato utili record remunerando gli azionisti oltre le loro attese. Dalla parte del banchiere ci sono anche i sindacati. A cominciare da Rosario Mingoia segretario di Uilca Unicredit: «Un'operazione come Commerz rafforzerebbe la solidità di Unicredit, lanciando un segnale positivo sul mercato e riguardo alle prospettive future del gruppo».
Senza dimenticare che dal punto di vista dei lavoratori un'acquisizione all'estero non aprirebbe tavoli relativi alle sinergie e ad eventuali tagli.
[…] Nei fatti il gruppo italiano si ispira a quanto evidenziato dal recente rapporto della Commissione europea secondo cui «una forte unione bancaria in Europa possa svolgere un ruolo cruciale per il successo economico dell'intero continente e, attraverso quest'ultimo, di ciascun Paese».
Per Orcel e i suoi tutto parte dalla «crescita» e dalla «competitività del sistema bancario tedesco» che «sono fondamentali sia per l'economia tedesca che per l'Europa nel suo complesso». […]
3. IL PRIMO TEST PER IL RAPPORTO DRAGHI
Estratto dell’articolo di Stefano Lepri per “la Stampa”
Il banco di prova del rapporto Draghi è questo. Se una fusione tra Commerzbank e Unicredit sarà davvero impedita, potremo dire addio al sogno che l'Europa diventi più coesa, e rafforzandosi possa meglio competere nel mondo con Stati Uniti e Cina.
Non è soltanto questione di banche; e il sistema bancario europeo si potrebbe irrobustire, in teoria, anche con differenti aggregazioni. Ma per l'appunto se una operazione così, gradita tanto alle istituzioni europee quanto alle Borse, e inoltre favorita dagli analisti finanziari, può essere bloccata solo per difendere orticelli e recinti di potere nazionali, allora che senso ha sostenere che si vuole unire l'Europa?
Per noi italiani, la vicenda ricorda stranamente le resistenze alle fusioni che hanno reso più forti le nostre aziende di credito negli anni '90 e Duemila. Le resistenze in Germania oggi sono simili a quelle delle province italiane secondo cui "una banca più vicina al territorio" poteva meglio prendersi cura delle aziende locali.
I risultati li vedemmo negli anni successivi: le grandi banche uscite dalle fusioni sono andate benissimo, come Unicredit appunto, e quelle rimaste legate ai "territori" sono rimaste nel pantano dei loro intrecci di clientele, spesso finendo male come le venete o sopravvivendo per lungo tempo a fatica come il Monte dei Paschi.
[…] Piuttosto, sono stati finora i troppi intrecci di potere, anche con la politica, a tenere costantemente bassa la redditività delle banche tedesche. E la Commerzbank, 15 anni fa salvata dallo Stato, era allora la seconda banca tedesca, mentre adesso non lo è più, ha stentato per un decennio fino a che gli alti tassi non l'hanno salvata, e ha tuttora una redditività inferiore sia a Unicredit sia alla sua consociata bavarese Hvb.
Il potere conta più delle idee, se il cristiano-democratico Friedrich Merz, probabile cancelliere nella prossima legislatura, nonostante le sue continue professioni di liberismo affermi ora di temere "un disastro per il sistema bancario tedesco" da una operazione che sarebbe realizzata per vie di mercato e, come si è visto, ai mercati sembra piacere.
Gli ostacoli all'Europa individuati da Draghi e da Enrico Letta nei loro rapporti stanno appunto lì, in posizioni di potere (politico o industriale) difese a dispetto di ogni logica economica e dell'interesse dei cittadini.
Come italiani abbiamo però il dovere di porci una domanda in più. Come mai le operazioni oltre confine delle nostre imprese sono così vulnerabili? Come mai […] quando gli italiani entrano in campo è così facile […] sollevare sospetti di insufficiente competenza, arretratezza tecnologica, cedevolezza a influenze esterne […]? Chi vuol essere "patriota" dovrebbe innanzitutto chiedersi questo.
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