DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Francesco Bonazzi per “Verità & Affari”
“Il cda non ha sviluppato misure volte a migliorare il quadro generale dei rischi e dei relativi controlli”. "Il consiglio non ha avuto finora un ruolo di primo piano, soprattutto nel vigilare e mettere in discussione la strategia e le scelte manageriali, compresi gli accantonamenti”.
“I controlli hanno evidenziato una concentrazione degli incarichi su due avvocati esterni nel 2017/2018 (76% del totale dei procedimenti penali)". Giudizio finale: “Nel complesso, la gestione dei rischi legali di Mps è insoddisfacente”.
Nelle 61 pagine dell’ On-site Inspection Report della Banca centrale europea, datate 5 novembre 2019, classificate come “Ecb confidential” e in possesso di Verità&Affari, si trova un’analisi spietata dei rischi legali.
Ovvero di quella che ancora oggi, con i suoi 6 miliardi di esposizione, è la principale pietra d’ostacolo al prossimo aumento di capitale della banca controllata con il 64% dal Tesoro. Una ricapitalizzazione da 2,5-3 miliardi che andrà approvata proprio dalla Bce.
IL REPORT ISPETTIVO DELLA BCE SU MPS - 5 NOVEMBRE 2019
Nel medesimo documento di Francoforte, si trova anche un’autentica perla sui mancati accantonamenti di Mps per i processi penali a carico dei risanatori Alessandro Profumo e Fabrizio Viola. Agl’ispettori, Rocca Salimbeni ha risposto così: la decisione di non accantonare un centesimo “è correlata alla decisione di non costituirci in giudizio”.
I rischi legali del Monte dei Paschi di Siena sono la vera bomba orologeria che sta sotto Rocca Salimbeni, insieme alla riapertura delle indagini sulla morte di David Rossi, l’ex braccio destro di Giuseppe Mussari.
E per capirlo basta ricordare e collegare tra loro tre fatti, oltre alla citata autorizzazione della Bce per il prossimo aumento di capitale. Il primo è che nella sua puntuale ed esauriente informativa al Parlamento dello scorso 4 agosto, il ministro dell’Economia, Daniele Franco, non aveva fornito alcuna cifra sul contenzioso legale di Mps.
la morte di david rossi mps 11
Il secondo è che dal perimetro dei conti che Unicredit ha potuto studiare nella sua data room, prima di tirarsi indietro dal salvataggio di Siena alla fine di ottobre, i rischi legali straordinari erano esclusi in partenza (la banca milanese non se li sarebbe comunque assunti). Il terzo fatto è che a Siena i cda e gli amministratori delegati passano, ma il responsabile degli Affari legali della banca è sempre lo stesso ed è l’avvocato Riccardo Quagliana, ingaggiato nel gennaio 2013 da Alessandro Profumo.
Un banchiere esperto come Luigi Lovaglio, al timone da febbraio, ha capito subito dov’è il vero problema del Monte, quello che negli ultimi anni ha impedito una sua fusione in un gruppo più solido. Il 6 maggio, parlando con gli analisti, il manager di scuola Unicredit, a precisa domanda, ha risposto con prudenza: “Sono consapevole che i rischi legali sono un'area critica per noi e che dobbiamo dare chiarezza al mercato in merito a quale approccio avremo con questa eredità”. E ha rinviato al piano industriale di giugno.
Ecco, per capire questa “eredità” che il dg del Tesoro, Alessandro Rivera, e il ministro Franco hanno affidato a Lovaglio, torna utile il verbale d’ispezione della Bce, firmato dal capo missione Donatello Errico. Il giudizio finale sulla gestione dei rischi legali di Siena, come detto, è “insufficiente”. Rimarcato che negli ultimi due anni le cose saranno sicuramente migliorate, ecco le principali contestazioni degl’ispettori di Francoforte.
Su quella che all’epoca era una partita da 10 miliardi di euro di “petitum”, poi scesi a 6 dopo la transazione con la Fondazione Mps (di solito si accantona più o meno la metà), “Il Cda non ha avuto finora un ruolo di primo piano, soprattutto nel vigilare e mettere in discussione la strategia e le scelte manageriali, compreso l'accantonamento”. Inoltre, prosegue il documento, “il dibattito interno non è stato arricchito dal comitato rischi e questo ha contribuito all'inefficacia dei controlli interni”.
La Bce osserva poi che “le carenze organizzative rappresentano chiaramente questa mancanza di una visione complessiva dall'alto: è il caso della mancanza di meccanismi di coordinamento tra le strutture che gestiscono i reclami e i procedimenti civili (es. le obbligazioni subordinate)”.
“Inoltre, si legge ancora, “l'organizzazione del settore legale non è del tutto adeguata: lo scarso utilizzo degli strumenti informatici rende difficili i controlli. Così, per la gestione del rischio legale, la banca si affida eccessivamente alle conoscenze personali dei singoli. E questo è particolarmente vero per le cosiddette controversie straordinarie, affidate alle cure del General Counsel, senza alcun sostituto". Nel periodo in esame, dal 2017, il cda era presieduto da Stefania Bariatti, l’ad era Marco Morelli e il Comitato rischi era formato da
Maria Elena Cappello, Antonino Turicchi, Marco Giorgino, Stefania Petruccioli e Angelo Riccaboni. General Counsel era, allora come oggi, Quagliana. Su quel cda, il giudizio della Bce è il seguente: “Non ha sviluppato misure volte a migliorare il quadro generale di gestione dei rischi e i relativi controlli. Il Cda non ha contestato e rivisto criticamente la metodologia implementata dall'alta direzione. Anche il perimetro del rischio è in parte indeterminato. Il comitato rischi non ha supportato adeguatamente il dibattito in seno al Cda".
Poi c’è un passaggio dedicato a una torta golosa come la scelta dei legali, con il verbale che afferma: “La politica interna non prevede criteri specifici per l'ingaggio di avvocati esterni il cui controllo viene effettuato attraverso processi inadeguati". E per la dozzina di processi penali in corso, gl’ispettori stigmatizzano “l’evidente concentrazione su due avvocati (76% dei procedimenti nel biennio 2017-2018).
Gli studi non sono stati citati espressamente, ma basta seguire le cronache per capire che si tratta dello studio Vassalli-Olivo, poi affiancato dall’ex ministro Paola Severino, e del professor Francesco Mucciarelli.
Sul fronte degli accantonamenti, le censure della Bce non sono meno gravi. "Il processo di calcolo degli accantonamenti relativi agli aumenti di capitale 2008/2011 e alle controversie sulle obbligazioni subordinate presenta delle lacune", si legge nel verbale conclusivo, con riferimento ai 5 miliardi chiesti da Siena ai suoi azionisti nel 2008 (per comprare Antonveneta) e ai 2 miliardi rastrellati nel 2011 per non saltare per aria.
Dopo, ci sono le cause degli azionisti per il biennio 2014-2015, quando Viola e Profumo varano un aumento da 5 miliardi e poi, dopo gli stress test della Bce, si scopre che ne servono altri tre. Qui gli ispettori sottolineano che “la banca classifica il rischio come possibile e non fa accantonamenti perché, secondo loro, dopo il restatement del bilancio 2012 della banca e l'inclusione dei grafici pro-forma nel bilancio, gli investitori non sono nella posizione di sostenere di essere stati ingannati”.
giuseppe mussari audizione alla commissione d inchiesta sulla morte di david rossi 2
Una scelta, si legge nel verbale, “che si basa anche su alcuni fattori legati a decisioni, di Consob e Banca d’Italia, tra cui il non opporsi alla richiesta di archiviazione del Pm. Il processo a Viola e Profumo, però, poi è stato celebrato lo stesso e ha portato il 15 ottobre del 2020 alla condanna in primo grado a sei anni di reclusione per aggiotaggio e false comunicazioni sociali. In generale, a fine 2019 gl’ispettori osservano comunque che “con riferimento ai procedimenti sanzionatori riguardanti i propri amministratori, sindaci e dirigenti, la Banca nella maggior parte dei casi non ha ancora attivato il processo di recupero, anche se ha interrotto la prescrizione”.
Infine, riguardo ai mancati accantonamenti per le cause sui derivati Santorini e Alexandria e gli aumenti di capitale del 2014-2015, nella parte dell’ispezione riservata alle controdeduzioni della banca, si legge che la decisione “è strettamente legata alla decisione della Banca di non costituirsi in giudizio nel processo contro Profumo e Viola”. Un cane che si morde la coda, anche se qui ci si è ben guardati dal mordersi a vicenda.
Ora che Mps si appresta a chiedere al mercato (e ai contribuenti) altri due miliardi e mezzo, ovvero oltre il triplo di quanto vale oggi in Borsa (750 milioni), forse sarebbe il caso di affrontare una volta per tutte, e in modo trasparente, il bubbone dei rischi legali.
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