DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Stefano Ravaschio per www.corriere.it
A Wall Street si sta creando caso Tesla. Dopo il balzo che l’ha visto volare al raddoppio in poco più di un mese dai 400 dollari di metà novembre fino ai 900 dollari dei primi giorni di gennaio, da febbraio è iniziata una fase altamente ribassista che ha portato in quattro settimane a bruciare complessivamente 234 miliardi di dollari di capitalizzazione.
Gli analisti vedevano eccessi nella grande rivalutazione di un gruppo che pur avendo interessanti prospettive ha ancora dimensioni di nicchia e bilanci, che solo l’anno scorso sono usciti dalla perdite (721 milioni di dollari di utile nel 2020 su un fatturato di 31,5 miliardi).
Le origini del declino
Alle origini del recente declino borsistico del titolo di Elon Musk c’è una combinazione di vendite per realizzare rapidi guadagni, la fase debole in generale per i titoli tecnologici, ma anche uno sguardo al settore delle auto elettriche sempre più competitivo, che porterà Tesla a dovere difendere la sua posizione di leader dalla concorrenza di tutti i big dell’auto tradizionali che stanno effettuando forti investimenti per lanciare le loro auto elettriche.
Venerdì il titolo a Wall Street ha toccato un minimo a 540,94 dollari, con un provvisorio calo dell’13%, i livelli di fine novembre, per poi recuperare qualcosa e terminare a 597,95 dollari (meno 3,78%), per una capitalizzazione di 574 miliardi di dollari, con la chiusura più bassa di un 2021 che l’aveva visto toccare un massimo a 900 dollari.
È stata anche la quarta settimana consecutiva di cali per il titolo che sembra avere perso lo smalto del grande balzo partito in concomitanza con l’annuncio dell’ingresso nel S&P500.
La minaccia
Tesla di fatto vede minacciato il suo ruolo di leader quasi incontrastato nell’auto elettrica dagli investimenti che i grandi gruppi dell’auto tradizionale da Ford a Volkswagen, da Gm a Volvo, stanno accelerando per prepararsi ad un abbandono dei motori a benzina e gasolio che in molti Paesi si prospetta prima del previsto per decisioni politiche.
Da fine febbraio inoltre Tesla ha interrotto la produzione della sua Model 3 in California, che dovrebbe riprendere oggi. Un blocco che sarebbe legato a difficoltà di approvvigionamento di componenti essenziali, sia per il maltempo, sia per la penuria che si sta registrando a livello globale per i microprocessori.
Un intoppo che rischia di pregiudicare gli obiettivi di crescita dopo che, proprio, grazie al boom di Model 3, l’anno scorso il gruppo presieduto da Elon Musk ha superato il mezzo milione di veicoli prodotti (509.737 vetture, e 499.500 consegnate: contro le 367.500 del 2019).
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