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Carlotta Scozzari per Dagospia
Sta per partire la processione dinanzi al Senato per andare a spiegare in audizione il meccanismo di rivalutazione delle quote della Banca d'Italia. Oggi (dopo la gogna pubblica cui coraggiosamente si è sottoposto ieri sera partecipando alla trasmissione "La gabbia" su La7 di Gianluigi Paragone) sarà la volta del direttore generale dell'Associazione bancaria italiana (Abi) Giovanni Sabatini, mentre domani a far visita a Palazzo Madama sarà il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni. Il provvedimento di rivalutazione del capitale di Palazzo Koch, il cui valore è salito da quello puramente simbolico di 156mila euro a 7,5 miliardi, si traduce - già che siamo sotto Natale - in un vero e proprio regalo alle banche socie, e quindi in primo luogo a Intesa Sanpaolo e Unicredit.
"Negli anni '90 - ha polemizzato la settimana scorsa il senatore e presidente della commissione Industria Massimo Mucchetti in una intervista a Repubblica - con la fine del controllo pubblico sulle banche, ci fu una privatizzazione preterintenzionale della Banca d'Italia, detenuta dagli istituti. Adesso si procede a una privatizzazione intenzionale con ricca dote per i soliti noti". Nella stessa intervista, Mucchetti aveva auspicato che sia Saccomanni sia il governatore dell'authority di Palazzo Koch, Ignazio Visco, andassero in Parlamento a spiegare i lati incomprensibili del decreto che contiene il provvedimento e che potrebbe essere imbarcato nella legge di Stabilità .
E' chiaro che la rivalutazione delle quote fa contenti un po' tutti: sia le banche, che da un giorno all'altro assistono a un irrobustimento contabile del proprio patrimonio, cosa che in vista dell'introduzione delle regole di Basilea3 sul capitale male certo non fa; sia lo stesso governo, che con le tasse che gli istituti di credito pagheranno sulle plusvalenze realizzate con la cessione delle partecipazioni (non si potrà detenere più del 5% di Bankitalia) avrà modo di fare cassa.
Ieri, poi, il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, si è addirittura spinto ad affermare che del provvedimento sulle quote di Bankitalia potrebbero beneficiare persino le imprese, sotto forma di maggiori finanziamenti. Il concetto, tentando di interpretare le sue parole, dovrebbe essere il seguente: una maggiore forza patrimoniale, ancorché si tratti di un artifizio meramente contabile, dovrebbe conferire più libertà nell'erogazione del credito.
"Dovremo pagare un'imposta - ha detto Messina cercando di attirare l'attenzione più sulle tasse che le banche dovranno pagare che sul vantaggio miliardario che ne ricavano - di cui ancora non ho capito le dimensioni. Premetto che noi non ne abbiamo bisogno ma, se serve per applicare una legge dello Stato e per dare dei benefici all'economia, io sono disponibile a pagare l'imposta, a prendere il beneficio e metterlo a sostegno dell'economia reale del Paese". C'è da prendere queste parole come un vero e proprio impegno preso da Messina nei confronti del mondo delle imprese.
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