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PASSA AGLI EMIRATI IL CASTELLO DI SAMMEZZANO. DOPO ANNI DI IMMOBILISMO, E DI ASTE DESERTE LO RILEVA UN FONDO DI DUBAI PER 14 MILIONI – SI TRATTA DEL MANIERO PIU’ ORIENTALISTA, ALCHEMICO ED ESOTERICO D’ITALIA – E’ DALLE PARTI DI RIGNANO SULL’ARNO

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Marco Gasperetti per il Corriere della Sera

 

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Chissà se il marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona - che in pieno Ottocento quel castello ereditò, progettò e trasformò nel maniero più orientalista, esoterico e alchemico d’Italia - avrebbe apprezzato i nuovi padroni. Forse sì, perché quel profumo d’oriente e medio oriente lo avrebbe certamente inebriato convinto che signori arabi ricchissimi avrebbero coccolato la sua creatura e continuato la sua opera leggendaria.

 

Dopo anni d’immobilismo, fallimenti, aste andate deserte e rinviate, il castello di Sammezzano, nascosto tra le colline del Valdarno e del Chianti, a due passi da Reggello e Rignano - e appena proclamato il luogo del cuore del Fai per il 2017 - è stato venduto alla Helitrope Limited, una società araba con sede a Dubai.

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All’asta, che si è svolta lunedì mattina davanti a un notaio fiorentino, ha partecipato l’amministratore della società araba Shahani Puneet Gope che ha presentato un’offerta di 15,4 milioni di euro. All’asta era presente anche il sindaco di Reggello, Cristiano Benucci. E’ stato lui per primo ad annunciare la vendita. Che è stata anche un po’ una liberazione.

 

«Da anni si cercava per Sammezzano, un monumento straordinario e unico, la giusta collocazione – spiega Benucci – e soprattutto un proprietario che potesse dare un futuro al castello, rarissimo esempio di architettura orientalista, e al suo parco. Adesso ci confronteremo con la proprietà, aspetteremo un primo intervento per combattere il degrado della struttura e valuteremo i loro progetti. Io sono fiducioso».

 

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Gli arabi hanno rilevato il castello da una società inglese che non è riuscita a dare un impulso al castello, ma ha avuto il merito di aver eseguito un po’ di manutenzione e dunque di non averlo fatto morire per sempre. Perderlo sarebbe stato un sacrilegio.

 

Nascosto tra le colline del Chianti e i declivi del Valdarno dipinti da Leonardo, arricchiti dagli olivi, i casolari, le piante secolari, le andane e le strade bianche, Sammezzano pare aver stretto un patto col diavolo, perché la sua diversità non solo è diventata parte del panorama ma si rinnova continuamente come se fosse alimentata dalla fonte della giovinezza.

 

 Ed è questo l’incantesimo del castello di Sammezzano, nato dalle macerie di un maniero medievale e poi ricostruito, nell’Ottocento, a Leccio di Reggello poco distante da Firenze, mescolando sapientemente stili architettonici diversi, aggiungendo simboli esoterici. Le sale raccontano storie da Mille e una Notte. Diversi stili architettonici si fondono, culture eterogenee si sovrappongono, persino religioni e filosofie.

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Alcune sono capolavori, come la Sala degli Specchi, la Sala Bianca, quella dei Pavoni, delle Stalattiti, degli Amanti. Si cammina in corridoi che sembrano labirinti, si leggono scritte sorprendenti (che non vogliamo rivelarvi perché unica è l’emozione di scoprirle durante una visita). Anche le due facciate del castello raccontano suggestioni. La prima èsolare, l’altra è e lunare (con tanto di simboli) e il parco, tra i più belli d’Italia, custodisce grotte, fontane, vasche, statue.

 

Dopo un passato da hotel e ristorante, nel 1999 Sammezzano fu acquistato da una società inglese. Doveva partire un grande progetto, poi una serie di vicissitudini l’hanno bloccato sino ad oggi. Chi lo visita, per la prima volta, ne resta folgorato.  La sua magnificenza è paragonabile (se non superiore per arredi e simbolismi) al fiabesco “Neuschwanstein”, il regno di Ludovico di Baviera.

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Non aveva la follia di Ludwig, Ferdinando Panciatichi, nato il 10 marzo 1813, incredibile personaggio d’intellettuale dagli interessi e dalle capacità universali. Autodidatta, si rivelò architetto, ingegnere, botanico, bibliofilo, imprenditore, politico nazionale e intellettuale poliedrico, mecenate ed esperto di simbolismo. Fu lui a progettare il maniero ereditato dalla nobile famiglia (il castello originario, ridotto in rovine, pare abbia ospitato Carlo Magno) e ad arricchirlo da architetture orientaliste, sculture, bacili, colonne e percorsi labirintici.

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Ma anche capitelli, archi, volte a ventaglio e cupole persino stalattiti. E scritture esoteriche in parte non ancora decifrate. Si dice anche che lo straordinario marchese avesse nascosto da qualche parte un tesoro e che solo svelando i segreti di questi enigmi un giorno, assai lontano, sarà possibile trovarlo.

 

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Ferdinando disegnò anche il grande parco (occupa un’intera collina) che ruota attorno al castello e decise, pensate un po’, di creare anche un bosco di sequoie tutt’oggi visibile. Il primo gigantesco albero l’acquistò nel 1864 pagandolo 224 lire, un patrimonio per il tempo. Oggi le sequoie raggiungono i 35 metri e la più grande a un tronco dal diametro di dieci metri.

 

«Era anche un po’ profetico, il marchese – spiega Massimo Sottani, presidente del Comitato che da anni gratuitamente tutela quel patrimonio -. Basta leggere alcune scritte che si trovano nelle stanze. Una per tutte? L’Italia è in mano a ladri, esattori, puttane e sensali che la controllano e la divorano, ma non di questo mi dolgo ma del fatto che ce lo siamo meritato. Il marchese la scrisse nel 1870 nel corridoio delle stalattiti poco dopo essersi dimesso da deputato».

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E adesso? «Adesso si ricomincia, forse si apre un nuovo capitolo – continua Sottani - Non conosco la società ma sono contento. Temevo che l’asta andasse nuovamente deserta adesso invece c’è un nuovo proprietario. Si può guardare nuovamente al futuro con un occhio a questo meraviglioso e multiforme passato».

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