DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
La sbobinatura dell’intervento di Nicola Porro nella sua rubrica “Zuppa di Porro” visibile a questo link: http://www.nicolaporro.it/arabia-saudita-le-donne-potranno-guidare-forse-27-settembre-2017/ (dal minuto 6)
“C’è un pezzo molto interessante di Giorgio Meletti oggi su Il Fatto Quotidiano che riguarda la quotazione della Pirelli. Pirelli che fa pubblicità su tutti i giornali, sul mio sito, sul Giornale, sul Fatto, su Repubblica, su tutti i giornali per questa Ipo, cioè un’offerta delle azioni a voi, al pubblico di risparmiatori.
Meletti dice: “attenzione, perchè riquoteranno quello che hanno tolto dal mercato solo due anni fa, ma solo con molti più debiti” e si interroga sulla forza della Consob e sulla capacità della Consob di controllare. Dice: “avete fatto un prospetto, cioè sostanzialmente un libretto di istruzioni di 950 pagine, che nessuno si leggerà” e quindi, grida, adesso semplifico un po’, alla truffa nella vendita di queste azioni da parte di Marco Tronchetti Provera e dei cinesi che la riquotano, va bene?
Questo scrive Meletti.
Il problema è che due pagine prima, sul Fatto, c’è mezza pagina di pubblicità, come vi dicevo, proprio della Pirelli che dice: “Comprate le nostre azioni che saranno sul mercato ancora per le prossime 48 ore”.
Allora Meletti può scrivere quello che vuole, forse ha anche ragione, io non penso che abbia ragione perchè ci sono molti altri elementi, e li ho scritti sul Giornale, che danno il senso di quello che è stato fatto in Pirelli: renderla più piccola, più focalizzata soltanto sugli pneumatici di lusso e soprattutto mantenerla in Italia nonostante il capitale, per il 45%, sarà cinese. Ma è un altro discorso, non voglio entrare in Pirelli. Voglio entrare sul nostro mestiere di giornalisti.
La pubblicità non deve minimamente influenzare quello che scrivono i giornalisti, si dice. Non avviene e quindi è una grande ipocrisia, perchè poi le pubblicità gli editori le sentono e i giornalisti pure. Ma mi chiedo: se un giornalista dice che stanno vendendo una truffa, stanno vendendo un prodotto avvelenato, quel giornale non può pubblicizzare quel prodotto avvelenato. Questa non è una critica a un grande marchio, per dire al grande marchio: “guardate che vi siete comportati male”.
Cioè, non è una critica a Tronchetti. È sul prodotto che sta vendendo, e quel prodotto è pubblicizzato tre pagine prima. Questa è un po’ una contraddizione, anche se è molto difficile fare i fenomeni perchè la pubblicità ha un suo peso e noi giornalisti, da quella, più che dall’edicola, siamo pagati. Comunque il Fatto si deve mettere un po’ d’accordo con se stesso su questa vicenda”.
Bizzarro anche considerando come chiude un articolo dello stesso tenore scritto stamani sul Fatto.it. Ecco come chiude il pezzo della Capozzi: "...Quanto basta per impensierire un buon padre di famiglia che, senza volerlo, potrebbe trovarsi i titoli Pirelli in fondi, polizze e Pir. Ma in compenso potrà essere rassicurato da tv e giornali cui andrà una buona fetta dei 22 milioni investiti da Pirelli nelle spese per il processo di quotazione. Commissioni escluse’’
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