DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Federico Rampini per "la Repubblica"
Il lungo addio di Bill Gates forse è giunto al capitolo finale. A 58 anni l'uomo più ricco del mondo (ha 77 miliardi di dollari), colui che ha reinventato la filantropia, riuscirà finalmente a staccarsi dalla sua prima creatura? E può esistere una Microsoft senza Gates? Le passioni attorno a lui non hanno raggiunto l'intensità "religiosa" suscitata da Steve Jobs, il carismatico guru delle tecnologie che creò Apple.
Nell'eterno confronto col rivale scomparso (e suo coetaneo), Gates ha sempre occupato la figura del secchione noioso, mentre l'altro era il genio bizzarro e creativo. Jobs poteva essere amato, odiato, mai ignorato. Anche su Gates le polemiche non sono mai mancate: all'epoca in cui guidava Microsoft subì lunghi processi antitrust (e una memorabile condanna firmata dal commissario europeo Mario Monti), fu osteggiato dagli hacker libertari e dai fautori del software open source; perfino nella veste del filantropo ha avuto attacchi da parte di alcune ong umanitarie preoccupate per le dimensioni di questo Moloch.
Ma oggi ci si ricorda che Gates è stato prima di tutto un grande imprenditore. Microsoft, che rimane una delle aziende dalla più elevata capitalizzazione del mondo, continua una interminabile "elaborazione del lutto". Gates è vivo e vegeto ma può occuparsi ancora di lei? Ieri l'azienda di Bellevue-Seattle ha confermato la successione al vertice operativo. Parte Steve Ballmer, a lungo amico e braccio destro di Gates, sostituito con un top manager scelto all'interno: Satya Nadella, che finora dirigeva le attività di servizi alle imprese e il "cloud computing" (la tecnologia che consente agli utenti di conservare i propri dati affidandoli a una memoria centrale gestita in questo caso da Microsoft).
Nadella fin dai suoi primi annunci ha tradito l'ambivalenza estrema verso il fondatore e padre- padrone. Ha suggerito che Gates «diventi un consigliere strategico », con ciò alludendo però alla sua partenza dalla poltrona di presidente. Nadella ha chiesto a Gates «di dedicare più tempo alla tecnologia e alla strategia», e al tempo stesso il consiglio d'amministrazione è stato convocato la settimana prossima per discutere
la scelta di un nuovo presidente.
Senza Gates con una funzione formale al vertice, e senza Ballmer, la Microsoft perderebbe due figure che si sono identificate con la sua storia ormai quasi quarantennale. Bill sarebbe davvero in grado di dare un contributo "esterno" di idee e di innovazione? Oppure l'offerta di Nadella è solo una forma di omaggio e di cortesia verso una figura così importante?
Immediatamente è esploso un dibattito attorno a lui nella blogosphera. Un blog specializzato, Gigaom, ha indetto un referendum: «Può esistere una Microsoft senza Bill Gates?». Nell'invitare i lettori a pronunciarsi, Barb Darrow su Gigaom presenta gli argomenti pro e contro.
«Qualunque cosa voi pensiate di Bill Gates - scrive - ha costruito un colosso del software 39 anni fa con Paul Allen. Anche coloro che derisero le prime versioni di Windows, debbono ammettere che la visione di Gates descritta dallo slogan "l'informazione sulla punta delle vostre dita" ebbe un'immensa risonanza e portò i software Windows e Office a dominare su centinaia di milioni di personal computer».
E tuttavia «anche il genio ebbe i suoi momenti di cecità , c'era Gates al comando di Microsoft quando la sua azienda sostanzialmente non vide arrivare la rivoluzione di Internet». Prima che emergesse la stella di Apple-Jobs, nel mondo intero Gates era stato a lungo il simbolo di un capitalismo innovativo e anticonformista, tipico della West Coast. In molti paesi emergenti fu un mito e un modello, più celebre di vari presidenti americani.
Una volta messo in ombra da nuovi protagonisti come Apple, Google, Facebook, Bill Gates si è rifatto una vita come guru del mecenatismo. Ha fatto scuola anche in quel campo, diventando nel 2010 con Warren Buffett il promotore di una campagna per convincere i miliardari americani a lasciare in eredità oltre il 50% dei propri beni in filantropia ("Gates-Buffett Giving Pledge").
Pur in mezzo a polemiche, l'efficienza della Bill and Melinda Gates Foundation è diventata una sorta di "benchmark", un parametro al quale altri guardano per misurare se i soldi degli aiuti allo sviluppo sono ben spesi. Gates promise nel giugno 2006 che la filantropia sarebbe divenuta il suo mestiere a tempo pieno.
Il 27 giugno 2008 è segnato negli annali come «il suo ultimo giorno di lavoro alla Microsoft». Ma da presidente continuava a manovrare, su grandi opzioni strategiche e scelte dei top manager. Ora gli viene chiesto di farsi da parte, o di tornare ad essere una macchina di idee. Nessuno riesce a decidersi sul suo futuro, forse neppure lui.
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