1. SE IL GRECO DI TRIESTE DOVRÀ VEDERSELA CON IL GRECO DELLA PROCURA DI MILANO, A TREMARE NON SARÀ SOLO PERISSINOTTO E LA REPUTAZIONE DELLE GENERALI MA ANCHE QUEL SALOTTO DI AZIONISTI ECCELLENTI CHE NEGLI ANNI SCORSI HANNO DIFESO I LORO INTERESSI CON OPERAZIONI “COLLATERALI” (DALLA VENDITA DELLA TORO ALL’AFFAIRE KELLNER FINO ALL’INGRESSO IN TELCO IMPOSTO DA MEDIOBANCA DI NAGEL) 2. BENVENUTI AL MONTEZUMA PARTY: LA PATTUGLIA DELLA VECCHIA LOBBY CONFINDUSTRIALE SPERA COME LUIGINO ABETE ED ERNESTO AUCI DI SALIRE SUL CARRO DEI VINCITORI 3. DOPO LA PRESIDENZA DELLA LEGA PRO, ANCHE LA FIGC SCAPPERÀ DA GIANCARLO ABETE? 4- I DUE REGALI DI NATALE DI BABBO NATALE BERNABÈ: IL PRIMO A MAURO MORETTI (LA DECAPITAZIONE DEL PRESUNTO RESPONSABILE DEL CAOS DEI PENDOLARI MILANESI); IL SECONDO CADEAU AI FIGLI (UNA PICCOLA SOCIETÀ PER L’INSEGNAMENTO DELLO YOGA)

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1- SE IL GRECO DI TRIESTE DOVRÀ VEDERSELA CON IL GRECO DELLA PROCURA DI MILANO, A TREMARE NON SARÀ SOLO PERISSIROTTO
Quando all'inizio di giugno Mario Greco è arrivato a Trieste sulla poltrona delle Generali sapeva benissimo che durante l'inverno il gelo e la bora rischiano di spaccare le ossa.
L'idea non gli faceva paura perché dopo aver lavorato in Allianz per un paio di anni e prima ancora in McKinsey dove anche il calore umano è una componente estranea alla cultura aziendale, il manager di sangue napoletano pensava di poter scaldare la sua carriera nel grembo della vacca grassa delle assicurazioni.

Così ha affondato le mani dentro la Compagnia mettendo mano a una profonda riorganizzazione che ha lo scopo di rilanciarla sul piano internazionale e di creare valore per gli azionisti che a giugno vedevano il titolo inchiodato intorno agli 8,5 euro mentre oggi viaggia con un apprezzamento superiore al 40%.

Quella che è arrivata nelle ultime ore è una ventata di bora gelida e inattesa che ha raggiunto la velocità più alta quando Greco ha letto sul "Corriere della Sera" il micidiale articolo del guru Massimo Mucchetti che ha alzato il velo sulle Generali "diventate teatro di alcuni sospetti, sussurrati a mezza bocca".

L'articolo ha avuto l'effetto di una bomba perché era zeppo di notizie riservate che erano già state discusse nel consiglio di amministrazione presieduto da Greco e dall'ineffabile presidente Galateri nella riunione di venerdì scorso. In pratica Mucchetti ha scritto che 13 fondi lussemburghesi investitori della Compagnia hanno perso tutti insieme 300 milioni. Da qui la decisione presa da Greco di passare le carte agli studi legali Erede e Mucciarelli per capire - ha scritto Mucchetti - se il Gruppo debba rivolgersi o meno alla Procura della Repubblica e se il consiglio di amministrazione debba o meno procedere ad azioni di responsabilità.

Nel mirino è entrata la gestione di Giovanni Perissinotto (per gli amici Perissirotto), il manager di Conselice che dopo aver trascorso l'intera carriera nel palazzo di Trieste, era riuscito a cacciare l'ex-presidente Cesarone Geronzi grazie a un blitz portato avanti dal gruppo dei congiurati che nell'aprile 2011 hanno rimandato nella sua villa di Marino l'ex-banchiere romano.

L'unico ad opporsi alla liquidazione di Perissirotto era stato Dieguito Della Valle mentre azionisti pesanti come Mediobanca, Del Vecchio, Caltariccone e Pelliccioli non avevano mosso un dito per salvare l'uomo che negli anni aveva favorito operazioni succulente a loro vantaggio. D'altra parte quando è diventato amministratore delegato il buon Perissirotto dall'aria paciosa e pingue aveva (diversamente da Geronzi) pieni poteri e la firma fino a 300 milioni, uno status dirigenziale che non è riconosciuto nemmeno al Marpionne di Chrysler.

Adesso il timore di Greco è che sparando sul cadavere di Perissirotto si aprano scenari imprevedibili e difficili da controllare. L'articolo di Mucchetti ha sollevato il rebus sulle perdite dei 13 fondi, ma se qualcuno al di fuori di Generali sarà spinto da una curiosità più forte, allora si potrebbero scoperchiare un'infinità di operazioni "collaterali" che metterebbero a repentaglio la reputazione della Compagnia e l'immagine dei suoi maggiori azionisti.

Materia per infierire ce n'è a bizzeffe, a cominciare dalla vendita della Toro controllata dalla famiglia De Agostini e da quel Lorenzo Pelliccioli al quale Geronzi nel suo libro "Profitterol" ha dedicato pagine al curaro. Per non parlare poi delle vicende che hanno intrecciato Perissirotto con il finanziere ceco Kellner, oppure dell'ingresso in Telco imposto da Mediobanca.

In questa prospettiva sembra che il sistema Perissinotto abbia funzionato alla grande con la complicità del suo braccio destro Agrusti e secondo una logica di favori a pioggia nei confronti degli ingrati azionisti che a giugno lo hanno cacciato.

A questi capitoli si aggiunge la complicata vicenda dei rapporti con il Gruppo Palladio (azionista con quasi il 4% di Generali) e con il suo numero uno Roberto Meneguzzo che insieme a Matteuccio Arpe è entrato nella battaglia per conquistare FonSai di Totuccio Ligresti con l'appoggio sospetto di Generali e del buon Perissirotto.

Oggi l'imprenditore veneto Meneguzzo smentisce sul "Corriere della Sera" le illazioni di Mucchetti circa un accordo occulto tra la sua finanziaria e il Leone di Trieste. In una lunga lettera annuncia azioni legali ed è questo il terreno sul quale assisteremo nei prossimi mesi a confronti durissimi.

Il timore di Greco, che ieri ha ricevuto da Moody's un avvertimento per il rating sul debito della Compagnia, è proprio questo. E un altro spiffero gelido gli è arrivato sempre ieri dalla Consob che ha acceso uno dei suoi faretti sul portafoglio investimenti.
Qualcuno però si chiede se l'insieme di queste notizie rappresentino una sorta di riabilitazione per il Geronzi che senza poteri aveva cercato di mettere un argine alla disinvolta e onerosa gestione di Perissirotto e dei suoi amici.

Ma questo è un interrogativo marginale che fa parte delle notizie sul riposizionamento dell'ex-banchiere romano a proposito del quale gira la voce che potrebbe risorgere sulla poltrona della Cassa Depositi e Prestiti.

Ciò che interessa di più è capire se dopo le verifiche interne avviate da Greco con gli studi legali e il faretto della Consob, non si muova anche qualche magistrato puntiglioso.
Nel Palazzo di Giustizia di Milano non c'è solo la Boccassini (impegnata a studiare la cartina geografica del Messico per trovare Ruby rubacuori), ma anche giudici come De Pasquale e Francesco Greco e soprattutto Alfredo Robledo che sanno spulciare i bilanci meglio di Mucchetti. Se questo avverrà il Greco di Trieste dovrà vedersela con il Greco della Procura e a tremare non sarà solo il placido Perissirotto ma anche quel salotto di azionisti eccellenti che negli anni scorsi per difendere i loro interessi si sono comportati come le tre scimmiette.

2- LA PATTUGLIA DELLA VECCHIA LOBBY CONFINDUSTRIALE DI MONTEZEMOLO SPERA COME ABETE E AUCI DI SALIRE SUL CARRO DEI VINCITORI
Luchino di Montezemolo è impegnato ventre a terra a costruire la lista dei suoi candidati alle elezioni.
Oggi ha incontrato Mario Monti per fargli capire che nel famoso Centro di gravità del futuro governo un uomo come lui dalle ambizioni pari a quelle del Professore di Varese può buttare sul piatto la leadership delle altre liste che promettono di ispirarsi al premier.
Non sarà quindi un bacio della pantofola perché entrambi, Montezemolo e Monti, sono così gonfi di ego e di supponenza da misurarsi alla pari.

Il nocciolo duro della lista di Luchino alla quale sondaggisti generosi e un tempo al soldo di Confindustria attribuiscono un misero 3%, è rappresentato dai compagni di strada di "ItaliaFutura". Tra questi primeggiano Andrea Riccardi, l'arciprete della Comunità di Sant'Egidio che costituisce un ottimo alibi con il Vaticano, Andrea Olivero, Lorenzo Dellai, Raffaele Bonanni e Irene Tinagli, la bella economista classe 1974 che si è laureata alla Bocconi e ha trovato la sua popolarità nel salotto del reverendo Floris.

Naturalmente c'è spazio anche per Andrea Romano, il professore di TorVergata al quale si deve la stesura del manifesto-volantino con cui "ItaliaFutura" ha promesso di governare il Paese. Poi ci sono altri nomi ancora incerti come quelli del senatore Nicola Rossi, presidente della Fondazione Bruno Leoni, ed Ennio Cascetta, il docente napoletano che sa tutto dei trasporti e della mobilità.

Un punto interrogativo riguarda l'ingresso in lista di Carlo Calenda, il manager che dalla direzione generale dell'Interporto Campano è passato a quella di Ntv, la società dei treni di Luchino e dei suoi compagni di merenda.

Per lui varrà comunque l'antica amicizia costruita alla Ferrari e nei quattro anni in Confindustria dove Calenda si occupava degli affari internazionali. E qui si apre per Luchino il capitolo di offrire a Monti un pacchetto di uomini che in Confindustria hanno lavorato e adesso sono pervasi dal sacro furore della politica. Sono uomini inequivocabilmente di destra, nuovi notabili dallo spirito liberal, intelligenze aristocratiche dalle mani affusolate che della società civile conoscono soprattutto la potenza delle grandi imprese e i meandri della politica che hanno frequentato nei salotti.

Non sono entrati in "Italia Futura", ma hanno costruito la lista "Indipendenti per l'Italia" e ieri si sono riuniti in una sala romana semideserta insieme ad Ernesto Auci e a Luigino Abete. Quest'ultimo soffre terribilmente perché nessun big finora gli ha offerto un ruolo degno del suo curriculum. Nemmeno Luchino di Montezemolo lo ha fatto, ma la pattuglia della vecchia lobby confindustriale spera come Abete di salire sul carro dei vincitori.

3- DOPO LA PRESIDENZA DELLA LEGA PRO, ANCHE LA PRESIDENZA DELLA FIGC SCAPPERÀ DALLE MANI DI GIANCARLINO ABETE?
Mentre Luigino soffre per la politica il fratello Giancarlo è terribilmente incazzato.
In ballo c'è la riconferma alla presidenza della Figc, dove è salito nell'aprile 2007. Le elezioni sono fissate per il 14 gennaio e tra dieci giorni scadono i termini per candidarsi. Cinque giorni fa Giancarlino Abete ha ufficializzato la propria disponibilità in seno al consiglio federale ,ma il suo pronunciamento ha incassato solo un imbarazzato silenzio.

A rovinargli la strada per la riconferma è arrivato lunedì scorso un altro ostacolo. Quel giorno si è votato per la presidenza della Lega Pro, la terza Lega professionistica del calcio italiano ,e per la quinta volta i voti sono andati a Mario Macalli, il 75enne dirigente sportivo milanese che sta nel cuore di Lotito e ha vinto con 42 voti contro lo sfidante Gabriele Gravina al quale di voti ne sono andati solo 26.

Questo Gravina è stato presidente fino al '96 della società di calcio CasteldiSangro poi è diventato consigliere della Federcalcio e capo delegazione della Nazionale under 21. Nell'ambiente del pallone tutti sanno che è un uomo legato a Giancarlino Abete che pare lo abbia sostenuto strenuamente per sconfiggere lo sfidante Macall. I suoi movimenti non sono sfuggiti al punto che lo stesso vincitore Macalli, nonostante il successo riportato per la quinta volta ,si è lasciato andare a parole forti minacciando di rivolgersi alla procura della Repubblica "per vedere che cosa è successo".

Nel mirino ci sarebbero le spinte che il fratello di Luigino Abete avrebbe dato allo sfidante per aiutarlo nella battaglia con l'obiettivo di essere poi aiutato a sua volta ad essere rieletto alla presidenza della Federcalcio.

Persa la piccola guerra nella Lega Pro domani se ne apre un'altra ben più importante perché è il giorno in cui si dovrà procedere alla riconferma al vertice della Lega Calcio di Serie A del mitologico Maurizio Beretta. Se questo avverrà per Giancarlo Abete sarà la fine perché su consiglio di Gianni Petrucci ha puntato tutte le sue carte su Andrea Abodi, l'ex-camerata amico di Fini che si è dimesso dalla Lega B per lanciarsi verso la presidenza più alta.

I segnali che arrivano sono pero' negativi. Le più importanti società se ne fregano del conflitto di interessi che coinvolge Beretta in Unicredit, sponsor generoso della Roma, e preferiscono il quieto vivere del giornalista milanese.

Salvo colpi di scena Inter, Roma e Juve voteranno la sua riconferma e l'unica sorpresa potrebbe arrivare da Andrea Agnelli che comunque non parteciperà all'Assemblea di domani perché preferisce andare in Svizzera dove a Nyon si sorteggeranno le coppe europee.

A questo punto la presidenza della Figc scapperà dalle mani di Giancarlino Abete. Il candidato alternativo si chiama Carlo Talecchio, un ragioniere di Pontelambro che ha fatto il sindaco e nel marzo 2009 è stato eletto presidente vicario della Federazione.

4- I DUE REGALI DI NATALE DI BERNABÈ
Franchino Bernabè sta preparando i suoi pacchettini regalo di Natale.

 

In un pacchettino infiocchettato a dovere si manifesta la generosità di Bernabè che proprio in questi giorni ha aiutato i figli a mettere in piedi una piccola società. Sia il primogenito Marco Norberto (classe 1978) che la figlia Lucia (classe 1982) sono andati avanti al notaio Nicola Atlante di Roma per costituire la "Bera srl" con un capitale di 60mila euro versato presso la Cassa di Risparmio di Orvieto. Questi dettagli si leggono oggi sul quotidiano "MF" dove si spiega che la ragione sociale della piccola società sarà soprattutto indirizzata ad attività per il benessere psicofisico delle persone mediante ginnastica dolce, training autogeno, massaggi, fiori di Bach, senza escludere qualche interesse nel settore immobiliare.

I due figli di Bernabè hanno anche intenzione di dare un impulso particolare all'insegnamento dello yoga, una pratica che potrà contribuire non poco ad alleggerire il sistema nervoso del capo di Telecom.

 

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