DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
Stefano Montefiori e Andrea Rinaldi per corriere.it
Colpo di scena nei negoziati sull’offerta di «fusione tra eguali» avanzata il 27 maggio da Fca alla Renault. Dopo più di sei ore di discussioni, il consiglio di amministrazione della casa automobilistica francese si è chiuso oltre la mezzanotte con un ulteriore rinvio sulla proposta avanzata da Fiat Chrysler di «fusione tra eguali». Ma in risposta Fca ha deciso di ritirare l’offerta. «Il consiglio non è stato in grado di prendere una decisione a causa del desiderio espresso dai rappresentanti dello Stato francese di rimandare il voto a un consiglio successivo», si legge nel breve comunicato diffuso da Renault, confermando la volontà del governo francese, più volte espressa ieri, di riflettere senza fretta sulla questione.
Ma il nuovo rinvio, dopo che anche il consiglio di martedì si era concluso senza decisioni, ha spinto Fiat Chrysler a ritirare la proposta. Il titolo del gruppo italo-americano è in calo del 3,71% a Wall Street nelle contrattazioni after hours. A fare saltare un accordo che appariva ormai raggiunto, almeno in forma provvisoria, sarebbe stato il no dei consiglieri di Nissan (due su 19). Mentre il governo francese sembrava avere trovato l’intesa con Fca ed era disposto a sostenere la firma oggi di un memorandum d’intesa tra Fca e Renault, Nissan ha accentuato le perplessità già espresse nei giorni scorsi. E la partecipazione di Nissan, ventennale alleato di Renault, era una delle quattro condizioni ferree poste la settimana scorsa dal ministro Le Maire per il successo dell’operazione.
Il governo francese avrebbe voluto continuare le trattative, ma la posizione sfavorevole di Nissan ha convinto Fca a interrompere il negoziato. Le molte cautele del governo francese, e l’ostilità del partner giapponese, hanno fatto saltare un’operazione che avrebbe portato alla nascita del primo gruppo automobilistico mondiale con 15 milioni di auto vendute l’anno. «Prendiamo il tempo necessario per fare le cose per bene», aveva ripetuto ieri il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire. Il governo di Parigi si è sempre dichiarato favorevole alla fusione ma «si tratta di un’operazione di ampia portata — ha aggiunto il ministro in un’intervento tv —: meglio agire senza precipitazione, lo Stato difenderà gli interessi industriali della Francia».
Il ruolo da protagonista assunto da Le Maire in questi giorni si spiega con il fatto che lo Stato francese è il primo azionista di Renault con il 15,01% (Nissan è il secondo con il 15,0), oltre che con una legittima preoccupazione politica. Il governo non voleva prestare il fianco alle accuse di arrendersi al lento processo di de-industrializzazione della Francia, su cui si discute da molti anni e in particolare dal 2012 quando Alstom Energie venne ceduta agli americani di General Electric.
Con il passare dei giorni erano cresciuti i dubbi tra analisti e politici francesi. Il governo ha chiesto allora ulteriori rassicurazioni sulla tutela dei posti di lavoro, chiedendo a Fca penali in caso di tagli all’occupazione. Parigi poi accettava la sede legale in Olanda, le quotazione alle Borse di Parigi, New York e Milano, ma insisteva perché venisse conservata una sede operativa a Boulogne Billancourt, alle porte di Parigi, dove l’avventura di Renault cominciò nel 1899. La grande prudenza del governo francese e la freddezza di Nissan hanno finito per mandare a monte l’affare.
FCA RITIRA LA PROPOSTA
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