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TANTI SALUTI ALLO ZIO SAM: BENVENUTI NEL NUOVO ORDINE MONETARIO - LA BANCA CENTRALE CINESE ANNUNCIA CHE POTREBBE DISTRUGGERE IL DOMINIO DEL DOLLARO: PECHINO ALLARGA IL SUO SISTEMA DI PAGAMENTI INTERNAZIONALI, BASATO SULLO YUAN DIGITALE, AI DIECI PAESI DELL’ASEAN E A SEI DEL MEDIO ORIENTE – FUBINI: “PER LA PRIMA VOLTA DISINTERMEDIA IL SISTEMA DI PAGAMENTI SWIFT A REGIA AMERICANA (CHE AVEVA DOMINATO IL MONDO FIN QUI) GRAZIE UN SISTEMA DIGITALE MOLTO PIÙ RAPIDO ED EFFICIENTE. COPRE GIÀ IL 38% DEGLI SCAMBI MONDIALI, MENTRE GLI STATI UNITI SI ISOLANO…”
XI JINPING CON I SOLDATI CINESI
ECCO PERCHÉ LA CINA HA CHIAMATO IL BLUFF E TRUMP STA PERDENDO
Estratto da “Whatever it takes”, la newsletter di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
[…] Giovedì scorso la banca centrale di Pechino ha annunciato all’improvviso che allarga il suo sistema di pagamenti internazionali imperniato sullo yuan digitale ai dieci Paesi dell’Asean (il gruppo di potenze commerciali asiatiche) e a sei Paesi in Medio Oriente.
Di fatto per la prima volta Pechino disintermedia il sistema di pagamenti Swift a regia americana – che aveva dominato il mondo fin qui – grazie un sistema digitale molto più rapido ed efficiente. Copre già il 38% degli scambi mondiali, mentre gli Stati Uniti si isolano. […]
Asean e Medio Oriente sono gli obiettivi della moneta digitale della Cina
Estratto dell'articolo di Ferruccio Michelin per www.formiche.net
[...] Una mossa che [...] potrebbe incidere sul 38% del volume commerciale mondiale, offrendo un’alternativa concreta al sistema Swift, ancora dominato dal dollaro statunitense. “Questo cambia tutto”, scrive il bollettino news di Binance. O almeno, “potrebbe cambiare”.
Ciò che è certo è che il salto tecnologico compiuto da Pechino nel campo delle valute digitali si fonda sull’impiego di tecnologie blockchain che abbattono tempi e costi di transazione.
A titolo di esempio, analisti finanziari emiratini raccontano che durante una prova tra Hong Kong e Abu Dhabi, una transazione in e-Rmb ha richiesto appena sette secondi per essere completata, eliminando la necessità di passare attraverso sei banche intermediarie e riducendo del 98% le commissioni rispetto ai sistemi tradizionali.
Un’efficienza che, se da un lato attira l’interesse di molti osservatori internazionali, dall’altro solleva interrogativi sul nuovo equilibrio dei poteri finanziari globali. Un equilibrio in cui Pechino vuol far sentire il suo peso.
La capacità del sistema cinese di integrare in tempo reale tracciabilità delle operazioni e regole anti-riciclaggio automatiche rappresenta un’ulteriore leva di attrattività, in particolare per partner commerciali che cercano maggiore rapidità e sicurezza nei pagamenti. Paesi come Indonesia, Malesia e Singapore hanno già cominciato a includere il renminbi tra le proprie riserve valutarie, mentre la Thailandia ha effettuato la prima transazione petrolifera in valuta digitale cinese. Inoltre, oltre 23 banche centrali, tra cui quelle di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar, stanno partecipando attivamente ai test sulle valute digitali promossi da Pechino.
Ma al di là della componente tecnologica, è il quadro strategico a suscitare maggiori riflessioni — indipendentemente se siano vere o soltanto verosimili le ultime notizie. L’e-Rmb non è solo un mezzo di pagamento, bensì uno strumento d’influenza inserito nella più ampia cornice della Belt and Road Initiative. Progetti infrastrutturali come la ferrovia Cina-Laos o la linea ad alta velocità Giacarta-Bandung sono già accompagnati da un’infrastruttura digitale che comprende navigazione satellitare Beidou e comunicazioni quantistiche.
È la “Digital Silk Road”. Anche nel settore marittimo, le rotte artiche diventano terreno di sperimentazione per regolamenti digitali più efficienti, coinvolgendo — per necessità geostrategiche e geoeconomiche — anche attori industriali europei.
Secondo i dati forniti da Pechino, anche questi difficilmente conformabili in modo indipendente, l’e-Rmb è oggi compatibile con l’infrastruttura digitale di 87 Paesi, e il volume di transazioni transfrontaliere ha superato i 1.200 miliardi di dollari. Ossia, mentre negli Stati Uniti continua il dibattito interno sulla digitalizzazione del dollaro, la Cina starebbe costruendo una rete di pagamenti che si estende ormai in quasi tutto il mondo. [...]
IL BRACCIO DI FERRO TRA WASHINGTON E PECHINO
Traduzione di un estratto dell'articolo di Virginie Robert e Guillame de Calignon per “Les Echos”
Donald Trump ha avvertito che, a partire dal 9 aprile, imporrà un aumento del 50% sui dazi doganali applicati ai prodotti cinesi se Pechino non ritirerà le sue contromisure. Si profila dunque un nuovo braccio di ferro che continuerà a far tremare i mercati finanziari. Le due superpotenze, Stati Uniti e Cina, sono impegnate in un duello economico che ogni giorno alza la posta in gioco.
Lunedì, il presidente americano ha minacciato di portare i dazi sui prodotti cinesi al 104%, in luogo del 54% annunciato la settimana precedente (ossia il 34% comunicato mercoledì scorso, sommato al 20% già introdotto dall’inizio del suo mandato). Se Pechino non farà marcia indietro sulle misure di ritorsione annunciate venerdì — che prevedono a loro volta dazi del 34% su tutte le importazioni dagli Stati Uniti a partire dal 10 aprile — Trump ha promesso di reagire immediatamente. La Cina ha tempo fino a mercoledì 9 aprile per ritirare le sue contromisure, altrimenti le nuove sanzioni entreranno in vigore.
donald trump xi jinping mar a lago
[…] Pechino finora non ha scelto l’escalation ma ha risposto con misure “speculari”, calibrate esattamente sul 34% imposto dagli Stati Uniti. Le autorità cinesi sono state estremamente caute e tecniche nella loro replica. Secondo il Quotidiano del Popolo, l’organo ufficiale del Partito Comunista, la banca centrale cinese potrebbe ridurre i tassi d’interesse “in qualsiasi momento”, e il governo è pronto ad accrescere il disavanzo pubblico se necessario.
Nel frattempo, la Cina annuncia “sforzi straordinari” per stimolare i consumi interni e stabilizzare i mercati finanziari. […]
Ma il conflitto commerciale sta andando oltre i dazi. Pechino ha pubblicato una lista di 16 aziende statunitensi che, salvo autorizzazione speciale, non potranno più rifornirsi in Cina. A questa “lista nera” si aggiungono nuove restrizioni all’esportazione di terre rare verso gli Stati Uniti. Inoltre, il rifiuto cinese di vendere TikTok a un acquirente americano è visto come un ulteriore segnale di tensione.
[…] Trump sembra intenzionato a chiudere ogni dialogo con Pechino: tutti i negoziati con la Cina, ha annunciato, sono cancellati. Tuttavia, secondo la Casa Bianca, una cinquantina di Paesi avrebbero già avviato colloqui commerciali.
[…] Per Pechino, la posta in gioco è altissima: oltre un terzo della sua crescita dipende dall’export. Una parte consistente dei 438 miliardi di dollari di beni cinesi esportati negli Stati Uniti lo scorso anno dovrà trovare nuovi sbocchi. Senza contare che anche le merci cinesi che transitavano attraverso Vietnam o Messico verranno colpite dalle stesse restrizioni.
I Paesi dell’Asean, clienti tradizionali della Cina, sono a loro volta sotto pressione: «Subiscono dazi americani molto elevati e rischiano anche un’ondata di export cinese verso i loro mercati interni», spiega Godement. «Questo potrebbe portare a una generalizzazione delle misure protezionistiche contro la Cina.» […]
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