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TRUMP VUOLE LA GUERRA? CHE GUERRA SIA – LA CINA NON ABBOCCA DI FRONTE ALL’ESCALATION DI WASHINGTON PERCHÉ SA DI AVERE IL COLTELLO DALLA PARTE DEL MANICO: “NON ACCETTEREMO MAI PRESSIONI ESTREME E BULLISMO. SE GLI STATI UNITI INSISTONO, LI SEGUIREMO FINO ALLA FINE. NON C’È UN VINCITORE IN UNA GUERRA COMMERCIALE” – PECHINO HA IN MANO 760 MILIARDI DI DOLLARI DI DEBITO PUBBLICO A STELLE E STRISCE: È UN’ARMA DA FINE DEL MONDO CONTRO CUI NON CI SONO DAZI CHE TENGANO (NON A CASO, LE BORSE DI SHANGHAI E SHENZEN HANNO CHIUSO IN RIALZO NONOSTANTE I DAZI AMERICANI AL 125%)
CINA A USA, 'DIALOGO HA PRINCIPI, INCONTRO A METÀ STRADA': 'NON ACCETTEREMO MAI PRESSIONI E BULLISMO DI WASHINGTON'
XI JINPING CON I SOLDATI CINESI
(ANSA) - "Il dialogo ha principi e la consultazione ha un risultato finale. Non accetteremo mai pressioni estreme e bullismo da parte degli Stati Uniti".
La portavoce del ministero del Commercio cinese He Yongqian, sugli ultimi sviluppi della guerra commerciale con gli Usa, ha messo in guardia dalle conseguenze su scala globale della postura americana e ha invitato Washington a "incontrarsi a metà strada".
Tuttavia, "se gli Stati Uniti insistono nel seguire la propria strada, la Cina li seguirà fino alla fine. Non c'è vincitore in una guerra commerciale e il protezionismo è una strada a senso unico", ha proseguito He nel briefing settimanale.
La Cina "ha finora adottato, e continuerà a farlo, contromisure risolute per salvaguardare la sua sovranità, la sua sicurezza e i suoi interessi di sviluppo", ha proseguito He, ribadendo che la Cina "è aperta al dialogo con gli Stati Uniti", ma che questo deve avvenire "sulla base del rispetto reciproco e dell'uguaglianza".
In altri termini, come già ribadito da Pechino nei giorni scorsi, "le pressioni, le minacce e i ricatti non sono il modo giusto per trattare con la Cina", ha replicato la portavoce quando le è stato chiesto se Pechino e Washington avessero avviato negoziati sul corposo dossier dei dazi.
PECHINO RISPONDE ALLA SFIDA “PRONTI ALLA GUERRA DELLE TARIFFE”
Estratto dell’articolo di Rosaria Amato per “la Repubblica”
DONALD TRUMP BANDERUOLA AL VENTO
Le tariffe sulle importazioni da Pechino salgono al 125%, annuncia il presidente Usa Trump, poco dopo l’entrata in vigore dei controdazi cinesi all’84%. E ora tutto il mondo aspetta la nuova risposta cinese. Trump sembra sicuro di un passo indietro, lo aspetta da giorni, l’ha detto in più occasioni, ma Pechino non dà segni di cedimento e potrebbe smentirlo ancora una volta.
[…] Il 2 aprile Trump annuncia un rialzo che porta i dazi sull’import cinese al 42,1%. La Cina accusa il presidente di «bullismo unilaterale » e parla di contromisure. Il 4 Pechino annuncia dazi aggiuntivi del 34% sull’import dagli Usa. E presenta ricorso all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto).
Trump sembra non prendersela: afferma che «la Cina si è fatta prendere dal panico», e che in realtà non vede l’ora di negoziare. Minaccia un nuovo rialzo del 50% […]. La chiamata che Trump aspetta però non arriva, e così l’8 aprile il presidente Usa decide di essere più convincente, alzando i dazi sull’import cinese al 104%. La Cina risponde con un passaggio delle tariffe doganali dal 34 all’84%, a partire dal 10 aprile. Stavolta Pechino non “pareggia”, forse come segno di buona volontà, per mostrare al mondo che l’arroganza viene tutta dagli Stati Uniti.
MEME SUL CROLLO DEI MERCATI DOPO I DAZI DI DONALD TRUMP
È la tesi di fondo di un corposo “libro bianco” pubblicato ieri dall’Ufficio d’informazione del Consiglio di Stato cinese. Un testo che fa capire perché è ben difficile che ci sia nelle prossime ore il passo indietro tanto atteso da Trump. In sei capitoli Pechino spiega perché dalle relazioni commerciali con gli Stati Uniti entrambi i Paesi traggono importanti vantaggi, sottolinea la propria correttezza e nel contempo la scorrettezza degli avversari, ricorda le regole del Wto accusando gli americani di averle calpestate, spiega perché i dazi unilaterali e il protezionismo minano le economie dei due Paesi.
Giustifica il robusto surplus commerciale nei confronti degli Usa (che ammonta a quasi 300 miliardi di dollari) assicurando di «non averlo mai perseguito deliberatamente »: piuttosto […] «è il risultato di problemi strutturali dell’economia Usa, e della divisione internazionale del lavoro tra i due Paesi». E ribadisce che «la storia insegna che la cooperazione tra Usa e Cina porta reciproci benefici» mentre «lo scontro non porta nient’altro che danni per entrambe le parti».
Le dichiarazioni politiche delle ultime ore sono molto meno pacate: prima ancora che Trump annunciasse i dazi al 125% sull’account su X dell’Ambasciata cinese a Washington si leggeva che «se gli Usa vogliono la guerra, tariffaria, commerciale, o di altro tipo, noi siamo pronti a combattere fino alla fine».
Tirarsi indietro in questo momento significherebbe “perdere la faccia” […]. A giudicare da quello che in queste ore circola sui social cinesi nel Paese l’orgoglio nazionale è in rapido rialzo, come i dazi: «Se vivi in quest’epoca, devi assumertene le responsabilità. Se questa generazione deve fare sacrifici, allora si spera che la prossima generazione avrà vita più facile», si legge tra i commenti di un articolo sull’inasprimento dei dazi. […]
DETENTORI ESTERI DEL DEBITO USA
La domanda è: la Cina può permettersi di resistere a Trump? Gli osservatori internazionali sono scettici: Goldman Sachs calcola un impatto di almeno uno 0,7% di riduzione di crescita del Pil per la Cina nel 2025, per effetto dei dazi Usa. Un calcolo che tra l’altro non include l’escalation delle ultime ore.
Eppure la Cina sembra convinta di potercela fare, pur non sottovalutando l’impatto dannoso della guerra delle tariffe, intanto perché negli ultimi anni la quota dell’export verso gli Usa è calato. Inoltre da tempo Pechino sta cercando di tagliare la dipendenza dagli Usa sull’import di prodotti di vitale importanza per l’industria, come i chip.
Per trovare nuovi mercati di sbocco la Cina conta molto sulle buone relazioni sviluppate con “La Via della Seta”. Una strategia che potrebbe avere danni collaterali per i Paesi importatori, che si troveranno inondati da merci con costi che non potrano che essere fino troppo concorrenziali.
fabbriche di vestiti cinesi
vertice usa cina 1
cina usa
una fabbrica di sigaretta in cina
proteste fabbrica apple in cina 9
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