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Marco Bresolin per la Stampa
uber stelline per autisti e passeggeri
«Uber è un servizio di trasporto e dunque gli Stati possono impedirgli di esercitare la sua attività senza l' apposita licenza». Non è ancora una sentenza definitiva, ma la Corte della Ue potrebbe sposare la tesi sostenuta ieri dall' avvocato generale durante la causa in corso in Lussemburgo. In quel caso gli autisti del servizio che si prenota con un' apposita App finirebbero per essere sottoposti alle stesse regole che si applicano per i taxi e per le auto a noleggio con conducente.
«L' Europa riafferma ciò che diciamo da tempo», esultano i tassisti. Si profila una rivoluzione? Non proprio. Forse qualcosa potrebbe cambiare in alcuni Paesi, di certo non l' Italia, dove il servizio UberPop - quello in cui chiunque può trasformarsi in «driver» senza bisogno di alcuna licenza - non è più attivo dal giugno del 2015.
Idem per la Spagna, Paese da cui è partita la causa all' esame della Corte europea.
Anche a Barcellona il servizio UberPop era stato sospeso, sostituito da servizi diversi che operano con apposite licenze (UberX e UberOne).
A oggi, in Europa, UberPop è attivo soltanto in Estonia, Polonia, Repubblica Ceca, Norvegia, Finlandia e Svizzera: se la Corte dovesse seguire le indicazioni dell' avvocato, il servizio rischierebbe di finire fuorilegge. L' azienda sostiene invece che «il modo in cui molti Paesi europei già oggi regolano le nostre attività non cambierebbe di molto». Anzi, sprona gli Stati ad adeguare i loro sistemi normativi.
In sostanza l' avvocato della Corte sostiene che Uber deve essere considerato a tutti gli effetti un servizio di trasporto, la cui regolamentazione spetta agli Stati membri. La tesi è che Uber non sia un semplice intermediario, come i siti che permettono di prenotare aerei e hotel, perché l' attività di trasporto esiste solo grazie alla App. Senza, non ci sarebbe.
Gabi Holzwarth con Uber-CEO-Travis-Kalanick
Tutto da verificare l' eventuale effetto di una sentenza sugli altri servizi della «sharing economy», come ad esempio Airbnb. Per la Commissione europea non ci sarà perché «si tratta di società con modelli di business diversi tra di loro» e dunque sarà necessario «valutare caso per caso».
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