DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Stefano Sansonetti per La Notizia (www.lanotiziagiornale.it)
Finita la festa bisognerà fare i conti con i soldi e con i creditori che li rivendicano. Expo 2015, del resto, non è soltanto il complicato appuntamento al quale l’Italia sta cercando di arrivare preparata l’anno prossimo. Uno dei nodi da scogliere, a breve, sarà quello della vendita dei terreni sui quali si svolgerà l’evento. E qui, con grande timore di proprietari e creditori, sta emergendo il concreto pericolo di non riuscire a “piazzare” gli asset. O di poterlo fare soltanto a costo di uno “sconto” lacrime e sangue.
I campanelli d’allarme stanno già suonando. Lo scorso mese di agosto regione Lombardia, comune e Fiera di Milano, proprietari delle aree, hanno predisposto una procedura di alienazione la cui base d’asta è stata fissata in 315,4 milioni di euro. Ebbene, già si tratta di un bel passo indietro rispetto alla forchetta di 346-366,5 milioni che soltanto qualche tempo fa erano stati indicati come possibile incasso. Ma il problema, come La Notizia è in grado di rivelare, è anche più grave.
La procedura di cessione è stata lanciata da Arexpo, società controllata da regione Lombardia (34,67%), comune di Milano (34,67%), Fondazione Fiera di Milano (27,66%), provincia di Milano (2%) e comune di Rho (1%). In pratica sono questi gli attuali proprietari dei 100 e più ettari messi a disposizione della società “sorella” Expo 2015 spa (tra i cui soci, oltre al Tesoro e alla Camera di commercio, ci sono sempre regione, comune e provincia di Milano) per l’organizzazione dell’evento. In questa storia, in effetti, gli incroci tra azionisti di diverse società si sprecano. Arexpo, costituita nel 2011, aveva acquistato i terreni dal gruppo Cabassi e dalla stessa Fiera (sua azionista) per 150 milioni di euro. Naturalmente per farlo era ricorsa a vari finanziamenti. Il primo, per 80 milioni, erogato dalla Finlombarda, la finanziaria di quella regione Lombardia azionista allo stesso tempo di Expo e Arexpo.
Non è finita qui. Nel giugno del 2013 Arexpo, dopo apposita gara, ha individuato un pool di banche, guidate da Intesa Sanpaolo, per farsi erogare un finanziamento di 160 milioni. Parte dei quali, per la precisione 80, sono serviti a rimborsare il prestito della Finlombarda. Al 31 dicembre 2013, ultimo bilancio chiuso, la società proprietaria dei terreni risultava avere in carico ancora 154,7 milioni di debiti, tra i quali 92 verso le banche (Intesa in testa) e 46,5 nei confronti di Fiera di Milano per le aree di proprietà cedute alla società. Insomma, si capisce sin troppo bene perché Arexpo abbia bisogno di vendere: i creditori battono cassa. In particolare Intesa, a favore della quale è stata iscritta ipoteca sulle aree.
Ad agosto Arexpo e i suoi azionisti, in primis la regione di Roberto Maroni e il comune di Giuliano Pisapia, fissano la base d’asta a 315 milioni. Naturalmente puntano a incassare molto di più del prezzo d’acquisto, non fosse altro che per la valorizzazione nel frattempo ottenuta dall’area con tutte le infrastrutture. Ma la cifra già subisce uno sconto, che oscilla tra l’8,8 e il 13,9%. Lo stesso bilancio di Arexpo, infatti, ricorda che sulla base di una relazione dell’Agenzia del Territorio dell’agosto 2011 il range del valore di cessione era stato indicato tra i 346 e i 366,5 milioni, sebbene “al lordo degli oneri stimati per la demolizione dei padiglioni temporanei”. Ma ora tra gli operatori immobiliari nessuno si nasconde che anche gli attuali 315 milioni, date le condizioni di mercato, rappresentano una cifra troppo alta. Addirittura c’è chi pensa che si dovrebbe ragionare della metà.
Per gli azionisti di Arexpo, che quindi vedono avvicinarsi lo spettro dell’asta deserta, sarebbe un autentico salasso. Ma anche Intesa, che con i suoi finanziamenti ha di fatto salvato la manifestazione, non dorme sonni tranquilli. In Arexpo, di sicuro, stanno già pensando al piano B. C’è chi suggerisce di ammorbidire il bando. Ora come ora, infatti, le carte chiedono che 44 ettari siano adibiti a parco pluritematico. Ma si arriva a più di 80 ettari considerando aree a attrezzature pubbliche. Per i gruppi immobiliari è troppo. Il termine per la ricezione delle offerte è fissato per il 15 novembre prossimo. Ma il fallimento è dietro l’angolo.
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