DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Foto da www.villagevoice.com
Foto dello "Scope Art Show" di Scott Lynch - http://www.flickr.com/photos/scottlynchnyc/
Foto da http://www.galleryintell.com/
Alessandra Mammì per Dagospia
Non c'é crisi per ricchi che amano l'arte. L'Armory Show è cambiata ed andata bene. Art Market Monitor (bibbia on line del mercato) snocciola stand by stand la top list delle opere vendute al massimo delle quotazioni (e sono tante), raccoglie dichiarazioni di mercanti soddisfatti, conferma la tenuta e ascesa del super contemporaneo sulle avanguardie storiche, l'ottocento e glorie ancor più passate.
Minacciata dallo sbarco degli inglesi con la loro Frieze New York, l'Armory ha cambiato direttore e rotta. Più rigore nella selezione delle gallerie, più attenzione al mercato del presente, più pulizia, più cinesi e asiatici del solito a cui ha dedicato apposita sezione. Art week NY è stata un successo. Non solo per l'Armory ma per l'intera città scatenata all'ombra del Whitney Museum che proprio il 7 marzo contemporaneamente alla fiera, ha inaugurato la sua 77ma Biennale.
Dedicata come sempre esclusivamente alla scena americana, ma firmata questa volta da tre diversi curatori. Uno per piano: Stuart Comer (capo curatore del MoMA), Anthony Elms (Curatore all' Institute of Contemporary Art, Philadelphia), Michelle Grabner (artista e docente all'Art Institute, Chicago) che hanno rimpinzato il museo di 103 artisti d'ogni generazione, talento, tecnica e Stato d'America, degni di catalogone da 416 pagine e almeno quattro chili.
Nelle sale non tutto ma di tutto: dal ritorno dell'astratto al sesso scatenato. Le recensioni freddine hanno accusato i curatori di essersi fatti un po' ognuno i fatti suoi e il quadro dell'arte oggi in America risulta piuttosto schizofrenico. Jousha Decter, critico e autore del libro dal significativo titolo "Art is a problem", il problema, come riporta il "Guardian", lo ha risolto con salomonico giudizio: "L'Armory ha cambiato aspetto riuscendo a riconquistare credito internazionale mentre la Biennale nazionale è ancora alla ricerca di se stessa". Come l'intero paese, forse.
Comunque è la prima volta dal 2004 che la New York commerciale delle fiere e quella istituzionale dei musei sono tornati a mescolarsi allegramente nella stessa settimana. E ancora una volta la colpa è degli inglesi: il successo dell'art week di Londra che ogni ottobre celebra sia fiere che Tate, deve aver pesato. E qui, quasi più che a Londra, in un delirio di eventi e febbre di feste alte e basse, New York è stata travolta dall'arte di professionisti e dilettanti.
L'Armory, le due fiere parallele (l' ADAA dei dealers d'America e l'arruffata e giovanile Indipendent), le gallerie paludate e quelle scatenate, i camioncini che spuntavano nelle strade del Village a vender quadri di giovani promesse, l'esplosione delle grandi aste tutte, il MoMa che inaugura Gauguin, il Brooklyn museum con la severa mostra sui diritti civili. Insomma, nessuno si è annoiato.
SPRINGBREAK ART SHOW SPRINGBREAK ART SHOW Serge Alain Nitegeka
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