CAFONALINO - IL MINISTRO DEI "PADRONI" GRIFFI E LO SCENDI-LETTA DI RIGOR MONTIS ANNEGANO NELLA BANALITA’ - SOLITA SOLFA PSICOTECNICA SUL DDL ANTICORRUZIONE MENTRE IL PIATTO FORTE DEL “MEET-ING” SONO LE TARTINE, IL PROSECCHINO E LUOGHI COMUNI TIPO: “LA CORRUZIONE DANNEGGIA LE IMPRESE!” (MA VA?) - GLI “STATISTI” BOCCIA E MELANDRI IN BRODO DI GIUGGIOLE, VIETATISSIMO PARLARE DEGLI STIPENDI D’ORO DEI SUPERMANAGER…

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Francesco Persili per Dagospia

Un Joker che ride della sua rovina. Ecco, l'Italia mostrificata dall'illegalità e dalla corruzione elevata a potenza del più grande problema culturale (ed economico) del Paese. Se ne parla ormai da mesi, con il presidente Napolitano in pressing e i partiti a far melina, ma «la priorità» continua ad essere il ddl anticorruzione.

Cosa cambierà? Una condanna in primo grado basterà per avere la carriera bloccata nella pubblica amministrazione (oppure valere come clausola di risoluzione della nomina per chi è già dirigente) mentre per non essere candidati in Parlamento bisognerà aspettare il terzo grado di giudizio.

Sono queste le novità principali del provvedimento stop corruzione presentate dal ministro per la Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi, nell'incontro di Letta e di governo organizzato da VeDrò. Il think net (o drink tank, secondo la vulgata più irriverente) promosso dal vicesegretario del Pd scodella un menù da agenda Monti a base di anticorruzione, riforme del titolo V e del sistema delle Province. Ancora riforme? Non può essere allora che l'attesa il tema della giornata. Si aspetta il Godot dell'esecutivo, Patroni Griffi, impegnato nel Consiglio dei ministri mentre i vedroidi prendono congedo dall'attività di relazione e dal pissi pissi di Palazzo quando c'è da dare assalto al buffet.

Party-giani delle tartine, riformatori al cous cous e change-makers della pasta fredda si riempiono il piatto, e la bocca di pantouflage, trasparenza, accesso e architetture istituzionali. Per favore, mi passi un'ovolina?

La sala sembra un tram nell'ora di punta o l'area di rigore al momento di un calcio d'angolo, chissà se l'ha pensato anche l'ex direttore del Corriere dello Sport, Italo Cucci che si trova in mezzo a vedroidi di stretta osservanza: con Enrico Letta ci sono il deputato democratico Boccia, Myrta Merlino fresca di taglio e a-abbronzatissima, Giovanna Melandri, neo-presidente Uman Foundation, e Andrea Vianello, nella versione ufficiale di moderatore gigione.

C'è poco da sorridere, invece, sui dati del Libro bianco del governo squadernati dal capo di Gabinetto del ministro per la Pubblica Amministrazione, Roberto Garofoli, che ricorda come la corruzione «condanni le imprese grandi e medie del nostro Paese a perdere il 25 per cento del loro tasso di crescita che sale al 40 per cento per quelle più piccole».

Per non parlare, poi, della classifica di Transparency International che misura l'indice di percezione della corruzione in cui l'Italia figura al 69esimo posto con Ghana e Macedonia. Legalità e crescita sono legate a doppio filo: ne è convinto Enrico Letta secondo cui «la percezione segue sempre la realtà delle cose».

E dunque? «Fa bene il governo a mettere la fiducia. L'approvazione del ddl anticorruzione deve avvenire in fretta, al più presto. È il primo atto di una risposta forte alle degenerazioni intollerabili dell'etica pubblica che sono sotto gli occhi di tutti». Il provvedimento però non basta. «È fondamentale applicare le norme coercitive riguardanti il tema dell'incandidabilità dei condannati fin dalle prossime elezioni».

Un'esigenza tanto più avvertita in un Parlamento che presenta 21 condannati in via definitiva e 90 fra indagati, prescritti e condannati provvisori. Senza considerare il rischio di una nuova legge elettorale che reintroducendo le preferenze possa, addirittura, moltiplicare i fenomeni corruttivi. «I collegi possono responsabilizzare i partiti ma anche su questo esistono delle variabili», il superministro si fa scudo della qualifica di tecnico e glissa sul tema più politico: «non darò una preferenza sulle preferenze».

Non si parla degli stipendi d'oro dei paperoni di Stato e nemmeno di quei manager pubblici il cui stipendio sfora il tetto dei 294 mila euro mentre a chi fa notare i limiti di un ddl, che il gruppo Abele ha definito «inefficace», Patroni Griffi risponde con la saggezza del (para)guru: «l'ottimo è nemico del bene». Prova ad evadere dal presentismo, Enrico Letta che vagheggia una legislatura costituente, la prossima.

Immaginare, si sa, non costa nulla, e allora, si possono rinviare alcune questioni ad un «secondo tempo legislativo che affronti nodi ancora irrisolti come i tempi della prescrizione, il falso in bilancio, l'autoriciclaggio». Se sull'approvazione del provvedimento il ministro fa esercizio di ottimismo, la riforma del titolo V della Costituzione, con l'intervento sulle competenze esclusive delle Regioni e la clausola di supremazia nazionale, rischia di essere una «mission impossible», sostiene Patroni Griffi in versione Ethan Hawke, anche se a guardarlo bene sembra più il fratello di Dustin Hoffman.

Il maratoneta delle riforme vorrebbe accelerare sul progetto di riordino delle Province ma viene frenato da Enrico Letta che, dopo aver ribadito la sua preferenza per l'abolizione totale, esprime dubbi sull'accorpamento prefigurando il rischio di leghismi municipali, polemiche accese e rivendicazioni campanilistiche, «con il concetto di identità territoriale che si va a sovrapporre a quello di funzione amministrativa».

Andrea Vianello punge il pisano Letta sul rischio di una fusione con Livorno (l'ultima volta era stato Romeo Anconetani a pensarla, ma solo dal punto di vista calcistico, quando buttò lì l'idea del Pisorno) mentre Patroni Griffi fa il pompiere: «Perfino sul Vernacoliere non è uscito il problema...»

C'è spazio ancora per l'autocritica di Giovanna Melandri sulla riforma-compromesso del titolo V nel 2001 realizzata dal governo di centrosinistra, che ha prodotto in materia di competenze «la scissione innaturale» fra tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, prima dello sfoggio finale di scaramanzia del ministro sul ddl anticorruzione: «Se passa come festeggerà? Lo spogliatoio non si pone mai il problema prima della partita».

Bisognerà aspettare per vedere se il rosario di buone intenzioni si tradurrà in atti cogenti. Non ci sono tempi supplementari e la melina fa il gioco solo di Beppe Grillo, che dopo aver raccolto 350 mila firme nel 2007 per la proposta di legge popolare che rendesse ineleggibili i condannati, rischia di azzeccare un altro contropiede. E, nell'inerzia di chi non sa le norme saranno applicate fin dalle prossime elezioni (regionali e politiche), può andare a segnare, stavolta, il gol della vittoria.

 

 

 

 

 

Vianello Patroni Griffi Roberto Garofoli Pier Luigi Petrillo e dietro Massimiliano Cesare Letta Vianello Garofoli Letta saluta Patroni Griffi Letta Enrico In prima fila Barbara Carfagna del Tg Letta Vianello Garofoli Giovanna Melandri Foto ai relatori Filippo Patroni Griffi