“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Silvia Lambertucci per l'Ansa
''Perché amare solo Guercino, perché dedicarsi solo a Giotto quando tanti volti anonimi ti chiamano?''. Vittorio Sgarbi si lancia per Bompiani nel progetto impegnativo di una storia dell'arte in più volumi, e nella sua cavalcata tra le meraviglie di ogni epoca (Il primo tomo in libreria in questi giorni arriva fino alla metà del Quattrocento) torna a battere sulla necessità di riscoprire anche i tanti cosiddetti 'minori' della nostra storia, di accendere una luce su quello che un altro grande critico come Roberto Longhi definiva 'il genio degli anonimi''.
Assunto di partenza, l'idea che l'Italia sia una sorta di Paradiso terrestre dell'arte, un Paese in cui la meraviglia è così diffusa da giustificare un'impostazione 'geografica' del racconto, che ha il suo centro ideale, prima ancora che nella celeberrima Toscana, nelle strepitose e meno conosciute Marche.
Un'idea alla quale il critico ferrarese lavora in realtà da anni e su cui ha scritto molto (tra i tanti titoli, 'Italia delle Meraviglie' e Viaggio Sentimentale nell'Italia dei desideri' pubblicati nel 2009 e nel 2010 sempre con Bompiani).
Qui però la narrazione assume un carattere sistematico con l'ambizione di un'opera complessa (''Tre o forse cinque volumi, dipende solo da me, il piano editoriale prevede un'uscita l'anno'', spiega Sgarbi all'ANSA) che dal X-XI secolo punta ad arrivare fino al Barocco o addirittura a tutto il Novecento.
E che se da una parte si rapporta ad un classico dei manuali scolastici del Novecento come La Storia dell'Arte italiana di Giulio Carlo Argan, dall'altra ne prende platealmente le distanze. ''A differenza di Argan, che era un grande ma aveva con le opere d'arte un rapporto asessuato e freddo, io ho voluto raccontare il piacere che le opere d'arte trasmettono'', si infervora l'Autore, convinto che si debba abbandonare termini assurdi come 'fruizione' per tornare ad altri più appropriati come 'godimento'.
L'Italia come un paradiso da tutelare, dunque, ma anche da godere e del quale essere orgogliosi, facendone una forza identitaria (''Abbiamo il paradiso terrestre e ci facciamo criticare dalla Merkel, assurdo!). Peccato quindi che spesso non si sia all'altezza e che anche lo Stato in certi casi non sia in grado di fare lo Stato (nella prefazione firmata da Michele Ainis una serie di dati fotografano in maniera impietosa anni di tagli e l'immagine di un Paese che proprio nella cultura investe meno di tutti gli altri stati europei).
Ed è un peccato, fa notare Sgarbi, che anche gli uomini importanti si facciano sfuggire il godimento che arriva dall'arte: ''A quasi 80 anni Gianni Agnelli mi stupì rivelandomi che non era mai andato a vedere gli affreschi di Piero della Francesca ad Arezzo - raccontava istrionico qualche giorno fa alla platea di Palazzo Barberini dove si presentava il suo libro alla presenza del ministro Bray - E lo stesso Berlusconi, che poi è anche lui in punto di morte. Ma allora, mi chiedo: che sono vissuti a fare?''.
Da Berlusconi ai ragazzi appena usciti dalle scuole, passando per i tantissimi che difficilmente mettono piede in un museo o entrano in una chiesa alla ricerca di un'opera d'arte, è questa la lacuna che il ''Tesoro d'Italia'' raccontato da Sgarbi punta a colmare: ''un libro di testo'', dice lui, ''ma per quelli che sono usciti dalle scuole''. E insieme un monito di impegno civile, uno sguardo al futuro. ''Perché in una Europa fatta di quote- ammonisce il sempre battagliero ex sottosegretario ai beni culturali - l'arte è l'unica garanzia che abbiamo. Se non cominciamo a capire questo, la rivoluzione non partirà mai''.
Vittorio Sgarbi Vittorio Sgarbi e Roberto Conforti Vittorio Sgarbi Vittorio Sgarbi Sgarbi autografa il libro acquistato Sabrina Colle Pubblico
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