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    CHE ALTRO DEVE FARE L'IRAN PER FARSI NOTARE DA QUEL TIMIDONE DI TRUMP? - ARABIA RIN-DRONATA DAGLI ATTACCHI AI POZZI CHE HANNO PARALIZZATO METÀ DELLA SUA PRODUZIONE. IL PETROLIO PRIMA SCHIZZA A +20% POI SI ASSESTA A +8,5%: PASSATO LO SHOCK, BASTERÀ STAPPARE UN PO' DI RISERVE AMERICANE E RUSSE, TENUTE IN MAGAZZINO PER MANTENERE I PREZZI ARTIFICIALMENTE ALTI - MA ARAMCO DOVRÀ POSTICIPARE LA QUOTAZIONE DEL SECOLO


     
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    attacco con i droni al petrolio saudita attacco con i droni al petrolio saudita

     

    1. PETROLIO: WTI SALE DELL'8,5% A 59,5 DLR, BRENT +8,8% A 65,5

     (ANSA) - Resta forte il petrolio a metà giornata, anche se ritraccia dai massimi intraday segnati questa notte, quando il brent si è impennato di quasi il 20% e il wti del 15,5%. Il wti sale dell'8,53% a 59,53 dollari al barile mentre il brent avanza dell'8,8% a 65,51 dollari, entrambi spinti dagli attacchi yemeniti agli impianti sauditi che hanno ridotto la produzione mondiale di circa il 5%.

     

    1. TRUMP, PRONTI A REAGIRE AD ATTACCHI CONTRO RIAD

     (ANSA) - Gli Usa sono "pronti e carichi" per reagire agli attacchi contro Riad: lo twitta il presidente americano Donald Trump, precisando di attendere la conferma sulle responsabilità e le valutazioni dell'Arabia Saudita.

     

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    "Le forniture energetiche dell'Arabia Saudita sono state attaccate. C'e' ragione di credere che conosciamo i colpevoli, siamo pronti e carichi in attesa della verifica, ma stiamo attendendo di sentire dal regno saudita chi ritiene sia la causa di questo attacco, e in base a quali condizioni procederemo", ha scritto il tycoon. Finora Riad non ha puntato il dito contro nessuno in particolare, mentre il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha accusato l'Iran di essere dietro agli attacchi. Fonti dell'amministrazione Usa hanno riferito alla Cnn che probabilmente i raid sono partiti dall'Iran o dall'Iraq.

     

    1. PETROLIO: ARAMCO POCO OTTIMISTA SU RAPIDA RIPRESA PRODUZIONE

     (ANSA) - I vertici di Saudi Aramco sono meno ottimisti su un rapido recupero della produzione di petrolio dopo l'attacco agli impianti. Lo scrive Bloomberg citando alcune fonti secondo cui la ripresa dell'attività potrebbe richiedere più tempo e un aggiornamento sulla situazione dovrebbe arrivare nel corso della giornata. Per rimpiazzare la produzione, sempre stando alle indiscrezioni, l'Arabia Saudita starebbe facendo ricorso ai giacimenti offshore inutilizzati.

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    1. ARABIA SAUDITA, CHI C’È DIETRO L’ATTACCO CON I DRONI AI POZZI PETROLIFERI

    Guido Olimpio per www.corriere.it

     

    La sfida è arrivata dal cielo. Con uno «sciame» di una ventina di droni, probabilmente combinato con il lancio di missili da crociera. Gli Usa paiono convinti del ruolo diretto dell’Iran mentre alcuni osservatori inseguono piste meno nette. Nella serata di domenica Washington ha diffuso foto satellitari degli impianti sauditi colpiti, immagini che hanno suscitato altri interrogativi su sistemi usati nell’attacco ai siti petroliferi. Tasselli di un dossier all’esame della Casa Bianca che prepara la sua risposta. Trump aspetta di avere maggiori informazioni e poi deciderà: non ha escluso la rappresaglia.

    donald trump e mohammed bin salman al g20 di osaka donald trump e mohammed bin salman al g20 di osaka

     

    L’incursione, però, si inserisce in una strategia progressiva messa in atto dagli sciiti Houti sorretti dagli iraniani. Una risposta ai bombardamenti della coalizione a guida saudita nello Yemen, un’offensiva costata migliaia di vite. Teheran ha seminato su un terreno fertile. I militanti sono tenaci ed hanno mostrato grande iniziativa moltiplicando le frecce al loro arco: i barchini esplosivi guidati in remoto, le mine, i sistemi anti-nave, vettori terra-terra a medio raggio e i cruise per poter «andare» in profondità.

     

    Le prime operazioni con i velivoli radiocomandati risalgono alla primavera del 2018 quando prendono di mira l’aeroporto saudita di Abha, un target che «tornerà» spesso insieme ad altre installazioni. Quindi proveranno contro numerosi obiettivi nel regno e negli Emirati, dove tenteranno di fare danni ad un reattore nucleare. Non sempre le missioni saranno coronate da successo, ma daranno la possibilità al movimento di migliorare. Con il contributo dello sponsor khomeinista vista che, spesso, i mezzi sono copie di quelli iraniani. Il Qasef 1 e 2K, poi l’UAV X per operazioni a lungo raggio.

     

    rouhani rouhani

    Nel mese di maggio c’è un attacco alla pipeline Est-Ovest che porta al terminale di Yanbu, sul Mar Rosso. Anche in quell’occasione gli americani sospettano che i droni (o i missili) possano essere partiti dall’Iraq. Scenario emerso sabato, smentito da Bagdad, ma rilanciato nella notte da quanti hanno ricalcolato distanze e parametri. Ipotesi che restano aperte insieme a quelle di un uso combinato di apparati diversi. Ancora gli Houti il 17 agosto «puntano» Shaybah, non lontano dal confine emiratino. Gli insorti parlano – di nuovo – di dieci droni. Hanno fatto un test poi ripetuto nell’ultimo assalto? E ancora: gli esperti non avevano escluso un ricorso ai cruise Quds. Eventi bellici parte di un piano ampio. Secondo gli analisti di Longwar Journal gli sciiti yemeniti hanno sferrato dal 2015 centinaia di strike dove si sono affidati ai piccoli velivoli oppure ai missili. Non è poco vista la sproporzione sul campo, esempio classico di conflitto asimmetrico: i principi spendono miliardi in armamenti mentre per un ricercatore olandese un drone degli Houti può costare 15 mila dollari.

     

    Sempre in agosto, ricorrendo ad un ordigno anti-aereo locale di concezione russa (Fater 1) hanno abbattuto un Reaper M9 statunitense, uno dei droni del Pentagono impegnati nella caccia ai qaedisti e nel supporto ai sauditi per la raccolta di intelligence. Un «centro» a riprova degli sforzi messi in atto per tenere testa alla grande alleanza. Il database di Longwar ha censito almeno 255 lanci di missili di vario tipo. Sistemi provenienti dai depositi delle forze armate oppure messi insieme con l’aiuto dei guardiani della rivoluzione. Lo spionaggio ha anche seguito le mosse di un cargo iraniano, la Saviz, perennemente nel Mar Rosso. Non è chiaro il suo compito: c’è chi lo ha collegato ad alcune attività della guerriglia.

    putin erdogan rouhani putin erdogan rouhani

     

    Infine alcuni interrogativi. L’Arabia ha un robusto ombrello anti-aereo e gli Usa, di recente, hanno mandato alcune batterie di Patriot. Scudo non ermetico se deve intercettare dei droni. E gli Houti sostengono di aver sfruttato un punto debole della difesa grazie a informazioni ricevute dall’interno. Il Conflict Armament Research ha fornito una spiegazione. I droni hanno distrutto i radar dei sistemi anti-missile, quindi è arrivata la salva di cruise. Una tattica apparsa in passato. E’ questa la ricostruzione? Domande che si sono sommano alle tesi alternative di quanti sono scettici sulle reali capacità dei militanti e ritengono che il vero colpevole non sia ancora emerso, con gli insorti nel ruolo di schermo. Ognuno ha la sua interpretazione, il Medio Oriente è sempre generoso e le accoglie tutte. Una settimana fa il tema era un possibile summit Trump-Ruhani a New York, oggi si parla di ritorsioni contro l’Iran. Un quadrante fluido, instabile, pericolo. Perché Teheran – se davvero è responsabile – ha rimesso tutto in gioco? Numerose le interpretazioni. Compresa quella di una provocazione scatenata da chi nella Repubblica Islamica è ostile al dialogo. Non sarebbe la prima volta.

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