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    CHI È, CHI NON È, CHI SI CREDE DI ESSERE FEDELE USAI, EDITORE ANOMALO CHE STA CAMBIANDO LA CONDÉ NAST - QUANDO ARRIVÒ, TUTTI PENSAVANO CHE SAREBBE DURATO COME UN GATTO IN TANGENZIALE. INVECE ORA ''VANITY FAIR'' SI BEA DI NUMERI ESTIVI RECORD, DOPO UNA PRIMAVERA DIFFICILE, E LUI SI METTE A VENDERE ''LA CUCINA ITALIANA'' IN AMERICA - FIGLIO DI UN OPERAIO, ARRIVA A GUIDARE LA COMUNICAZIONE FIAT PRIMA DI ESSERE CHIAMATO A MILANO. QUELLA LITE CON LA SOZZANI, LA FISSA PER IL CALCIO, LE NOMINE DI DIRETTORI ''VERGINI'', IL SUO ESSERE L'ANTI-CAIRO (È SOPRANNOMINATO L'ANTICRISTO)


     
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    DAGONEWS

     

    «Ma cosa si è messo in testa questo pazzo?». A Milano non si capacitano. Quando arrivò in Condé Nast, nel 2011, totalmente a digiuno dei meccanismi dell’editoria, gli osservatori avevano concesso al nuovo arrivato l’aspettativa di vita di un gatto in tangenziale. Sopravvissuto alle periodiche crisi della pubblicità, ai periodici scetticismi, ai periodici “buttiamo tutto all’aria e ripartiamo”, otto anni dopo, Fedele Usai è ancora lì perché ora, nella costola italiana della casa editrice fondata 110 anni fa da Condé Montrose Nast e da appena mezzo secolo in meno nelle mani del clan Newhouse, è lui a decidere il quando e il come.

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    UN FIGLIO DI GIGI RIVA

     

    Di questo prodotto della Sardegna di retroguardia, classe 1971, figlio di un operaio dell’Enichem e di un’insegnante elementare, eredità demografico-pallonara dell’ingiustificata, effimera euforia che abbracciò la città ai tempi delle geometrie di Gigi Riva e dello scudetto conquistato dalla banda Scopigno nella stagione di grazia ‘69-70, i soloni ispirati dalla burocratica conservazione dell’esistente, raggelati dal crollo della pubblicità, dalla rivoluzione digitale e dal crollo delle copie, avevano sottovalutato la fame e le invenzioni.

     

    Al Liceo Dettori di Cagliari, quelli come lui li chiamavano gabellieri. Un marchio classista, per i ragazzi costretti a prendere la corriera senza arrivare a scuola in motorino, con l’autista o con la macchina di papà. Chi lo conosce da tempo, ricorda i volti degli emissari della moda al suo apparire. Oggi ne hanno considerazione, ma all’epoca, quando lo videro spuntare dal nulla nell’austera Milano, dando del tu a tutti, in jeans, sneakers e maglietta, rimasero sgomenti.

    fedele usai francesca singer fedele usai francesca singer

     

    Col tempo si abituarono perché se c’è una cosa che Usai ha fatto capire di sé a un microcosmo abituato ai propri codici e a un formalismo stretto parente della sostanza, è che non deve nulla perché non ha debiti con nessuno, nessuno sente di dover imitare e si sente, sommessamente, il migliore. Tifosissimo del Cagliari che segue domenicalmente e grande amico del presidente dei rossoblu Tommaso Giulini, Usai parla quasi esclusivamente per metafore calcistiche.

     

    Chi lo stima gli riconosce l’azzardo della giocata rischiosa e sostiene che detesti chi è debole con i forte e arrogante con i deboli. Sul lavoro si fida del suo istinto. Rifiuta la prudenza che considera un sinonimo di conservazione. Ama Pep Guardiola, che cita con la stessa sacralità con cui citerebbe Sant’Agostino, e sceglie sempre di verticalizzare. Nella vita, ama ripetere, il pareggio non esiste. Solo se provi a vincere giocando bene e lasciando qualcosa i risultati saranno duraturi.

    emanuele farneti cristina tajani emanuele farneti cristina tajani

     

    Intuisce che l’era dei portali web è finita? Li fa saltare a prezzo della momentanea caduta degli investimenti. Non sopporta più la scalata dinastica dei direttori? Ne incorona di nuovi, gregari fino al giorno prima. Deve correggere la rotta? Niente guerre sotterranee. Nei corridoi di Condé Nast assicurano che Usai preferisca dire le cose in faccia, a costo di essere sgradevole. Dicono che ti avverta, ma diventi molto irritabile se sospetta che l’interlocutore non lo ascolti o peggio voglia fregarlo. Ha la sindrome del mejo fico der bigoncio e vuole essere il più bravo di tutti,  essere bravo non gli basta.

     

    INCONTRI, SCONTRI E CONIGLI DAL CILINDRO

     

    Alla morte di Franca Sozzani – con la quale prima di volersi bene e rispettarsi nel profondo ha uno scazzo clamoroso sulla conduzione e il cambio d’abito del sito di Vogue, con gli astanti che corrono a chiudere le porte – la sostituisce con Emanuele Farneti. Figlio di Gianni, uno che scopriva i falsi anarchici di Piazza Fontana per Panorama all’epoca della strategia della tensione e di Chiara Beria di Argentine. Farneti ha una notevole esperienza di mensili, ma non ha mai diretto un femminile.

    simone marchetti simone marchetti

     

    I primi mesi scorrono difficili per lo choc collettivo dell’addio di un vero e proprio comandante in capo. Eleganza a parte, Farneti è la sua antitesi. Il trapianto invece riesce, Vogue evita crisi di rigetto e naviga felice. La prima scommessa di Usai tira la seconda. Dopo dieci anni di direzione affidata a Luca Dini, il Vanity Fair italian –impasto di mondi irraggiungibili e aspirazionali, passerelle e attualità, secondo la lezione di Carlo Verdelli – passa a Daniela Hamaui.

     

    L’ex direttore de L’Espresso viene scelto – ed è la sua ultima scelta – da Giampaolo Grandi, presidente di Condé Nast ed ex amministratore delegato del gruppo prima di cedere il ruolo allo stesso Usai. All’addio di Hamaui, dopo un anno e mezzo, mentre sulla sua poltrona si allungano le brame di una pletora di pretendenti, ecco il secondo colpo a sorpresa: Simone Marchetti.

     

    franca sozzani e anna wintour franca sozzani e anna wintour

    Scrive – bene – di moda per Repubblica. Ha un profilo Instagram con più di 100.000 followers e un programma su Sky. Questo non basta però a far immaginare a nessuno la sua nomina a Vanity. Non hai mai diretto nulla e nei corridoi le battute si sprecano. «Ecco il direttore scelto dai social». Usai tira dritto e lo elegge sul campo. Al primo incontro, ha raccontato Marchetti in pubblico, lui non se la sente e prova a rifiutare. Usai, che mal sopporta i no e tollera a stento di essere contraddetto quando ritiene di avere una buona idea, lo persuade.

     

    Marchetti infine accetta e arriva in Piazzale Cadorna a Gennaio. Trova un vice ereditato da Hamaui, Malcom Pagani. Potrebbe portare chiunque, ma lo conferma e al contempo ingaggia come art director Massimo Pitis, appena premiato per i successi con Wired. Pitis rivoluziona graficamente il giornale, forse troppo. Le copertine diventano artistiche, le titolazioni ostiche, lo sperimentalismo eccessivo. I lettori non capiscono e tra marzo e aprile abbandonano Vanity in massa.

     

    A quel punto, Usai, che ha fama di editore discreto, prende la situazione in mano e mentre in città si apprestano le esequie per Marchetti e si parla di fine definitiva del modello Vanity e della trasformazione del settimanale in mensile, fa due cose semplici e inattese. Per prima cosa difende Marchetti contro quelli che – ce ne sono, non pochi, anche dentro l’azienda – vorrebbero la sua testa.

     

    malcom pagani, francesca airoldi, simone marchetti e fedele usai malcom pagani, francesca airoldi, simone marchetti e fedele usai

    Si mormora di una telefonata in inglese, con i toni che si alzano: «Marchetti non si tocca. Prima che venga licenziato lui, me ne vado io». Che sia avvenuta o meno, poco cambia. Perché Marchetti resta e si rafforza. Sgomberato il campo dagli equivoci, offre il suo aiuto, rassicura la squadra, si mette al suo fianco. Suggerisce di tornare a un modello di giornale fruibile dalla base del lettorato: non è semplice desiderio di restaurazione, ma scelta dettata dalla razionalità perché, dice spesso a chi lo circonda: «Se non capisci chi è il tuo pubblico, hai perso in partenza».

     

    Dal Requiem annunciato, si passa alla riscossa inattesa. Il giornale ridisegnato con Marchetti, Pagani e il contributo decisivo del direttore moda Cristina Lucchini risale. In appena 4 settimane prima ferma l’emorragia, poi raddoppia le copie e si stabilizza stabilmente con il segno più in un panorama generale dominato dalla perdita di lettori. Vanity, miracolo, cresce rispetto all’anno precedente e con Miriam Leone, in agosto, sfonda il muro delle 135.000 copie, il miglior risultato degli ultimi cinque anni.

     

    Il mercato torna a investire sul giornale. Dopo aver valorizzato internamente Francesca Airoldi fino a farne, al posto dei soliti manager consumati, immancabilmente di sesso maschile, il Direttore Generale di Condé Nast, Usai cambia ancora. Aveva già nominato il terzo direttore che direttore non era mai stato, Federico Ferrazza a Wired, e fatto del giornale un trimestrale, un network ed un evento permanente (Wired Next Fest si trasforma in un registratore di cassa e nel principale appuntamento nel mondo del gruppo Condè Nast) e allora continua.

    maddalena fossati maddalena fossati

     

    Incorona il quarto cavaliere, Giovanni Audiffredi, direttore di GQ dopo l’interim di Luca Dini. Un altro cambio? Chiama alla guida di Cucina Italiana, 90 anni di storia dati per decotti e in via di commissariamento, Maddalena Fossati, ex redattrice food di Vanity Fair. Gli danno del velleitario, si fregano le mani certi che questa volta cadrà dal cornicione e invece Usai resta in piedi e sorprende tutti.

     

    Redazione minuscola, marginalità massima, boom di copie e contatti digital, poi, infine, l’eresia. Con una rivoluzione senza precedenti infatti, tra neanche un mese, Usai varerà il lancio americano de La cucina italiana davanti al meglio della società newyorchese. Consoli, Sindaci, imprenditori. Usai ha rilanciato La cucina italiana e per la prima volta con un giornale prodotto in Italia, la porterà sulle tavole degli americani grazie ad alcuni brillanti accordi distribuitivi e commerciali.

     

     

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    REWIND

     

    Dieci anni prima di arrivare a Milano, il sardo è a Roma, dove aveva lavorato per Bates, poi per Leo Burnett e infine come Ad di Tbwa. Ha 37 anni, i cacciatori di teste alla porta. Da quattro anni è sposato con Francesca Singer, romana, figlia di Danco, una vita in Olivetti, professore universitario, tra i più cari amici di Umberto Eco. Gli telefona Marchionne. Gli offre un ruolo irrifiutabile: “Responsabile della comunicazione del gruppo Fiat”.

     

    Fianco a fianco al manager abruzzese, ai tempi della crociata iniziata con il recupero della 500, Usai cresce, stringe ulteriori relazioni e in un’azienda divisa in cui il tutti contro tutti è la regola, fonda un asse con manager come Giovanni Perosino e Luca De Meo e molti altri rapporti che in seguito gli torneranno utili. Il carattere espansivo gli costa qualcosa agli occhi di Marchionne, ma gli restituisce un agenda fitta di nomi che contano. Gente che di lui si fida.

     

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    Quando Usai sente esaurirsi la spinta innovativa del marketing comunicativo dell’azienda, con una decisione inattesa, decide di andare altrove. Veniva da un mondo creativo, trascorre due anni in una caserma torinese e ne esce più forte, pronto per un’altra avventura. Ha un paio di offerte sul tavolo e nella comodità si sente scomodo. Torna a Roma e lì arriva la chiamata di Giampaolo Grandi, gran visìr di Condè Nast. Lo vuole incontrare. Grandi, noto per esautorare i collaboratori con la stessa bulimia di uno Zamparini o di un Cellino, instaura con lui un rapporto franco e dialettico.

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    LA GENESI

     

    Partendo dalle ultime file, Usai ha percorso molti chilometri senza mai voler finire in croce. Partì da fermo, osservando uno spot televisivo in cui si magnificavano le possibilità della Nunziatella. Scuola per cadetti, con prospettive di solida carriera militare, con le porte quasi immancabilmente chiuse per quelli che non abbiano da sventolare almeno un triplo cognome. E invece, incredibilmente, lo prendono.

     

    Tra i figli di Adinolfi e quelli di Incisa di Camerana, Usai sbarca a Napoli e si produce in quella che ancora oggi è una delle doti migliori: la capacità di creare fili tra mondi diversi. Alla Nunziatella, raccontano, lo attendeva una strutturato futuro da ufficiale. Soldi e avanzamenti sicuri, che per uno emerso dalla scuola numero tre di Quartu Sant’Elena (una sorta di Bronx rispetto alle alture privilegiate di Casteddu, un istituto noto, tra i docenti «come la scuola dei Franti in cui non si fa un cazzo») dovrebbe essere oro colato.

     

    giampaolo grandi emanuele farneti fedele usai giampaolo grandi emanuele farneti fedele usai

    Invece, il “pazzo” ribalta il quadro. Dice ai suoi che vorrebbe insegnare Filosofia e quelli, invece di prenderlo a pedate, lo assecondano. Usai è un sardo anomalo. Piccolo di statura, come molti sardi, ma al posto dei silenzi, sfodera sorriso aperto e battuta pronta. Sa farsi benvolere. Non ha nessuna revanche da consumare. Ascolta tutti e fa di testa sua, spesso il contrario di quel che gli suggeriscono perché se vuole sbagliare, cita spesso Ligabue e il suo: “A sbagliare sono bravissimo da me”, vuole farlo in solitudine. Certo, se lo fotti, se la lega al dito.

     

    Certo, tende a pensare di avere sempre ragione. Certo, è irrequieto. Certo è sempre a rischio multa per eccesso di autostima. Ma ha un vantaggio sugli altri: si sente sempre in prestito. Dove gli altri vedono una poltrona, lui vede una gabbia. Dove gli altri vorrebbero mettere radici, lui tende a reciderle. Restano le domande sul tavolo: come ha fatto un signore di umili ascendenze a scalare l’editoria proponendosi come l’antiCairo da cui tutto lo divide e al quale è unito, giurano gli insider, da una reciproca antipatia?

    francesca airoldi malcom pagani fedele usai simone marchetti francesca airoldi malcom pagani fedele usai simone marchetti

     

    Probabilmente con il fideismo della presunzione (l’autostima non gli difetta) e il coraggio dell’incoscienza (lo chiamano amabilmente l’anticristo). Se Cairo spegne le lampadine e controlla anche i watt in ufficio, Usai non sa neanche dove siano le prese. Ma chi lo ha incontrato in questi giorni, lo descrive pericolosamente sereno. Nei corridoi dicono che non ci sia da fidarsi e che la quiete è una condizione che non gli appartiene. E già fanno delle illazioni sul suo futuro professionale: che succederà? Ah, saperlo…

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    2. COMUNICATO STAMPA DA ''VANITY FAIR'': GRANDE SUCCESSO A VENEZIA DOPO UN AGOSTO DA RECORD

     

     

    Milano, 12 settembre 2019 – Si conferma vincente la strategia del sistema Vanity Fair che attraverso il settimanale, i canali social, il digital e gli eventi, catalizza l’attenzione dei lettori anche durante l’estate e stabilisce nuovi record di visibilità.

    Nel mese di agosto le vendite in edicola hanno infatti segnato un +8% rispetto al 2018 con un record del + 11.4 % registrato dalla copertina che vedeva protagonista l’attrice Miriam Leone.

     

    maddalena fossati maddalena fossati

    La #VanityChallenge, sfida social lanciata da Vanity Fair ad agosto, per liberare le spiagge dalla plastica, sensibilizzando il pubblico sul tema, è diventata virale e ha generato un total engagement pari a oltre 630k per 5 MIO impressions e ha coinvolto numerosi personaggi famosi. Laura & Biagio, Alessio Boni, Giusy Ferreri, Rosario Fiorello, Francesco Renga: sono solo alcuni dei nomi di amici di Vanity Fair che vi hanno partecipato, postando sul proprio profilo Instagram una foto che li vedeva intenti a raccogliere rifiuti di plastica sfidando un amico famoso a fare altrettanto.

     

     

    Il successo del settimanale Condé Nast è stato consacrato anche a Venezia dove, in occasione della 76esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, Vanity Fair ha organizzato 8 eventi i cui contenuti hanno raggiunto 7.4 MIO impressions e un total reach di 6.2 MIO. In particolare, il Ballo di Vanity Fair ispirato al “The Black and White Ball” di Truman Capote, che ha celebrato la tradizione dei balli storici e il glamour delle feste in Laguna, ha generato sui social 2,5 MIO impressions, con un total reach di 2.1 MIO e un engagement di 17k.

     

    L’attenzione su Venezia è stata potenziata dalla copertura editoriale del Festival che, grazie alla forza del brand di Vanity Fair, ha coinvolto 770k utenti che hanno letto i contenuti pubblicati su Vanityfair.it, portando a 36 milioni le pagine viste solo sul trending topic #venezia76.

    marchionne marchionne

     

    L’attività sui social media ha aggiunto visibilità a visibilità con 18 MIO di impressions, 14 MIO di total reach e un engagement di 258k.

    Nel dettaglio, rispetto alla scorsa edizione del Festival del Cinema, si registra una crescita pari a + 291% delle impressions.

     

    I risultati del Festival hanno confermato il successo complessivo delle piattaforme di Vanity Fair che si assestano a inizio settembre su una fan base di 2.7MIO (la crescita Y-o-Y è pari a +7%) e dal sito Vanityfair.it che ad agosto ha registrato 13.1 MIO di utenti, pari a +38% Y-o-Y.   

     

     

    3. LA CUCINA ITALIANA DIVENTA UN BRAND GLOBALE

     

    LA TESTATA DI CONDÉ NAST ITALIA ARRIVA NEGLI STATI UNITI CON UN SITO E UN MAGAZINE RIVOLTI AL PUBBLICO AMERICANO

    Comunicato Stampa

     

    La Cucina Italiana, il mensile di cucina più autorevole del nostro Paese e che quest’anno compie 90 anni, diventa un brand globale. Per la prima volta nella sua storia, Condé Nast Italia, diretta dall’amministratore delegato Fedele Usai, esporta un brand italiano all’estero con un piano di internazionalizzazione. La Cucina Italiana infatti si conferma come un content provider unico nel suo genere e sbarca sul mercato americano prima con un sito con più di 25 mila ricette, articoli, video originali e una specifica presenza social il 23 settembre, poi con un magazine trimestrale che verrà presentato in anteprima il 10 Ottobre da Eataly Flatiron New York e sarà in vendita nei giorni successivi negli store Eataly di Stati Uniti e in Canada.

     

    francesca sironi sabrina bonalumi fedele usai giovanni audiffredi gabriella dompe francesca sironi sabrina bonalumi fedele usai giovanni audiffredi gabriella dompe

    Il brand di Condé Nast Italia in continua evoluzione, con una diffusione di 117 mila copie (fonte ADS luglio 2019), 4 milioni di utenti media mese 2019 - in crescita del 27% rispetto all'anno precedente - una fan base di 1,5 milioni - in crescita del +12% YoY- una scuola di altissimo prestigio con 8 mila studenti annui, e una serie di partnership e brandextension, si appresta ad affrontare il mercato statunitense per poi raggiungere successivamente Gran Bretagna, Germania, Francia e Spagna diventando a tutti gli effetti globale.

     

     

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