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Estratto dell’articolo di Giuliano Foschini per www.repubblica.it
Quello di Alberto Trentini non è stato un arresto per caso. Il cooperante italiano è stato fermato il 15 novembre scorso al posto di blocco di Guasdualito dal servizio immigrazione e immediatamente consegnato nelle mani del Dgcim, la direzione generale del controspionaggio militare di Nicolas Maduro.
E’ dunque nelle mani dei servizi, gli stessi che da più due anni sono sotto indagine delle Nazioni unite proprio per i metodi con cui trattano i detenuti: in un report di due anni fa l’Onu ha denunciato come le agenzie di intelligence venezuelane abbiano “commesso crimini contro l’umanità nell’ambito di un piano del governo per reprimere il dissenso”.
nicolas maduro referendum per l annessione dell esequibo
Nello specifico alla Dgcim vengono contestati 122 casi documentati di arrestati sottoposti a tortura. “Torture perpetrate – scrivono le Nazioni unite – in una rete di centri di detenzione segreti in tutto il paese e nella sede centrale della Boleita a Caracas”, proprio quella dove dovrebbe essere detenuto Alberto.
Ecco perché in queste ore, dopo due mesi di silenzio e di trattative sotto traccia andate evidentemente male, l’attenzione sulle sorti di Trentini è altissima. Ieri il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha detto che è stato ufficialmente comunicato che l’italiano è in arresto.
Mentre in tarda serata ha annunciato la scarcerazione “di un italo-venezuelano, che era detenuto dalla Guardia Nazionale di San Juan de Los Morros Continuiamo a lavorare per tutelare tutti i connazionali in Venezuela”. I due casi sono separati. Ma è evidente il messaggio che ha voluto dare il ministro: abbiamo attivato i contatti, le cose finalmente sembrano muoversi.
La famiglia di Alberto, insieme con il loro avvocato Alessandra Ballerini, aspettano notizie a ore: sarebbe importantissimo se qualcuno dell’ambasciata riuscisse a vedere Trentini, accertarsi delle sue condizioni di salute e delle accuse che gli vengono mosse, in modo da potersi difendere.
“Alberto soffre di ipertensione e non ha le sua medicine” ha spiegato sua madre, Armanda, dalla casa di Venezia dove vive con suo marito, malato di Alzheimer. “Abbiamo chiesto la visita consolare” ha detto ieri Tajani.
Che sa benissimo, però, che quello che da due mesi vogliono le autorità venezuelane è soltanto una cosa: un contatto diretto tra governi a livello politico, visto che Maduro cerca legittimazione dall’occidente e dall’Italia nello specifico. Ancor più negli ultimi mesi, con la premier Meloni che ha avuto parole durissime verso il governo venezuelano.
Come si diceva, però, qualcosa nelle ultime ore sembra essersi mosso. Perché l’opinione pubblica si sta mobilitando (la petizione online su change.org ha superato le 25mila adesioni) e lo stesso stanno facendo le istituzioni. Per questo dal ministero degli Esteri cerca di buttare acqua sul fuoco – “non è un arresto politico” – per non riscaldare ulteriormente i rapporti con il Venezuela, in una storia che però è davvero incredibile. Trentini era la prima volta in Sud America. Lo aveva inviato l’Ong con cui lavorava, Humanity & Inclusion, che in Venezuela ha un team di quindici cooperanti.
Alberto non ha precedenti penali, non è mai stata indicata alcuna sua vicinanza a gruppo politici né posizioni politiche particolari sul Venezuela: nel telefono c’erano giusto un paio di post social critici, ma nulla di più.
Aveva amici nel paese di Maduro. Una in particolare, una ragazza con cui era stata in Colombia a dicembre 2023, a poi a gennaio e aprile 2024. Così come lei era venuta in Italia a trovarlo, durante la lunga estate passata a Venezia. La ragazza potrebbe essere stato uno dei motivi per cui, appena arrivato, Trentini è stato messo sotto la lente di ingrandimento dell’intelligence di Maduro.
antonio tajani cecilia sala roberto gualtieri patrizia scurti giorgia meloni
Il suo fermo è arrivato poi nello stato di Apure dove in più occasioni cooperanti delle Ong stranieri, e in particolare occidentali, sono stati strumentalmente arrestati con accuse di spionaggio. Di più: in passato l’italiano ha lavorato per il “Danish Refugee Council”, una Ong particolarmente attiva in Venezuela. […]
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