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PREVIDENZA SENZA DECENZA – ALMENO 80 GIORNALISTI SONO RIUSCITI A RADDOPPIARE LE LORO PENSIONI, SPOSTANDO I CONTRIBUTI DALL’INPS ALL’INPGI, L’ISTITUTO PREVIDENZIALE DI CATEGORIA CHE ORMAI GESTISCE SOLO GLI ACCANTONAMENTI DEI COLLABORATORI NON ASSUNTI – HANNO SFRUTTATO UNA NORMA DEL 1990, CHE RIVALUTA DEL 4,5% ANNUO I CONTRIBUTI VERSATI – “IL FATTO”: “A BENEFICIARNE SONO PARECCHI PEZZI DA 90 DELLE MAGGIORI TESTATE ITALIANE, TRA I QUALI ALCUNI DIRETTORI, VICEDIRETTORI, CAPOREDATTORI, CORRISPONDENTI E INVIATI. E A PAGARE SONO I CONTI DELL’INPS, ALLA FACCIA DI COCOCO E COLLABORATORI DELLE LORO STESSE TESTATE, LE CUI FUTURE PENSIONI SARANNO DA FAME…”

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Estratto dell’articolo di Nicola Borzi per “il Fatto Quotidiano”

 

 

PASSAGGIO DA INPGI A INPS - PREVIDENZA GIORNALISTI

Per anni hanno implorato la politica e lo Stato di salvare le loro pensioni, visto che i conti del “vecchio” Inpgi, l’istituto previdenziale di categoria, erano stati scassati da decenni di prepensionamenti facili per far felici i padroni dei giornali. Alla fine il salvataggio pubblico, ma solo di quelli assunti in pianta stabile, è scattato dal 1º luglio 2022.

 

Ora invece, zitti zitti, decine di giornalisti (almeno 80 nel solo 2024) hanno fatto marcia indietro: hanno riportato le loro pensioni dall’Inps a ciò che resta dell’Inpgi che ora gestisce solo gli accantonamenti dei collaboratori non assunti.

 

GIORNALISTI E PENSIONI

Nel trasloco però, grazie a una norma del 1990, hanno moltiplicato anche per quasi due volte e mezza le loro pensioni: a pagare sono i conti dell’Inps, alla faccia di cococo e collaboratori delle loro stesse testate, le cui future pensioni saranno spesso da vera fame.

 

A beneficiarne sono parecchi pezzi da 90 delle maggiori testate italiane, tra le quali Corriere, Repubblica, Il Sole 24 Ore, tra i quali alcuni direttori, vicedirettori, caporedattori, corrispondenti e inviati. Oltre ovviamente agli editori i quali, non sazi degli aiuti pubblici per centinaia di milioni l’anno, hanno incentivato il giochetto.

 

PASSAGGIO DA INPGI A INPS - GIORNALISTI E PREVIDENZA

Tutto legale, certo. Operazione ammessa anche per le altre casse previdenziali, certo. Ma la storia emerge dal bilancio consuntivo 2024 dell’Inpgi. A pagina 28, il rendiconto riporta che “i contributi per le ricongiunzioni” (in ingresso nel patrimonio della cassa) “scelte da 80 giornalisti” sono stati “pari a 71,3 milioni, in forte aumento di 68,4 milioni” rispetto al 2023. 

 

[...] nel 2023 i contributi da ricongiunzione erano solo 2,92 milioni. In appena 12 mesi, insomma, le ricongiunzioni sono aumentate di 23 volte. Per quale motivo questi giornalisti avrebbero lasciato la “sicurezza” – così lungamente reclamata – della pensione pubblica per tornare in una piccola cassa previdenziale?

 

inps - pensioni

Il trucco si chiama rivalutazione del montante contributivo: nel passaggio, i soldi accantonati per la pensione si moltiplicano. Il meccanismo sfrutta la legge 45 del 1990 (governo Andreotti) che facilita per tutti i professionisti italiani la ricongiunzione delle posizioni previdenziali tra casse diverse, cioè la confluenza di tutti i contributi in un solo ente.

 

La ricongiunzione porta a una enorme rivalutazione del montante contributivo (l’accantonamento previdenziale versato): la legge la stabilisce nel 4,5% fisso annuo. Il meccanismo premia chi ha avuto redditi alti e lunghi periodi con il sistema retributivo, che per il “vecchio” Inpgi è rimasto in vigore sino al 2017. Il tutto senza oneri: l’Inpgi non fa pagare nulla sulla ricongiunzione in termini di montante.

 

INPGI 4

A differenza del “vecchio” Inpgi, le regole per la pensione del “nuovo” Inpgi (rimasto attivo dopo la confluenza della parte maggioritaria nell’Inps scattata dal primo luglio 2022) prevedono che l’assegno di pensione scatti a 63 anni di età con almeno 20 anni di contribuzione oppure a qualsiasi età se si raggiungono i 40 anni di contribuzione.

 

Cos’hanno escogitato dunque nel 2024 gli 80 giornalisti che avevano una sessantina d’anni, tra i quali ex vertici dell’Inpgi e alti esponenti del sindacato di categoria, la Fnsi? Invece di accettare i prepensionamenti che hanno propiziato per centinaia di loro colleghi, con il relativo taglio degli assegni, si sono dimessi dai rispettivi giornali dopo aver contrattato scivoli e laute buonuscite almeno fino ai 63 anni di età, comprese collaborazioni retribuite.

 

FNSI

In base alla legge, in quanto collaboratori hanno aperto nuove posizioni contributive all’Inpgi. Poi, essendo iscritti anche all’Inps, hanno fatto domanda di ricongiunzione di tutta la loro posizione previdenziale maturata nei decenni trasportandola indietro dall’Inps all’Inpgi e incassando gratis, così, la rivalutazione del montante al 4,5% annuo fisso composto.

 

Quando andranno in pensione, a 63 anni (4 anni in meno rispetto ai requisiti Inps) o anche prima, otterranno assegni molto più pesanti: chi ha versato per 40 anni, secondo alcune simulazioni (ma i calcoli variano da caso a caso), potrà ottenere un montante rivalutato del 130% rispetto a quello che aveva all’Inps, chi ha il minimo di 20 anni di contributi otterrà “solo” il 46,7% in più.

 

INPGI

Il tutto a scapito dell’ente di Stato, che ha dovuto girare all’Inpgi montanti individuali ben maggiori di quelli ricevuti nel 2022. In attesa che qualcuno chiuda la stalla, i buoi intanto continuano a scappare. [...]

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