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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
ARRESTATO PER CORRUZIONE, CON ALTRE CINQUE PERSONE, L'EX PRESIDENTE DI SICINDUSTRIA ANTONIO CALOGERO MONTANTE, VICINO A EMMA MARCEGAGLIA E EX PALADINO DELL'ULTIMA STAGIONE ANTIMAFIA - E' ACCUSATO DI AVER CREATO UNA RETE ILLEGALE PER SPIARE L'INCHIESTA SCATTATA TRE ANNI FA NEI SUOI CONFRONTI
Salvo Palazzolo per www.repubblica.it
E’ stato il paladino dell’ultima stagione antimafia di Confindustria, l’ex presidente degli imprenditori siciliani Antonello Montante è ora agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di esponenti delle forze dell’ordine. Le indagini della squadra mobile e della procura di Caltanissetta gli contestano di aver creato una rete illegale per spiare l’inchiesta che era scattata nei suoi confronti tre anni fa, dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti di mafia.
Arresti domiciliari anche per altre cinque persone: il colonnello Giuseppe D'Agata, ex capocentro della Dia di Palermo poi passato ai servizi segreti, da qualche tempo era tornato in servizio nell'Arma; Diego Di Simone, ex sostituto commissario della squadra mobile di Palermo, diventato responsabile della sicurezza di Montante; Marco De Angelis, sostituto commissario in servizio prima alla questura di Palermo poi alla prefettura di Milano; Ettore Orfanello, ex comandante del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Palermo; l'imprenditore Massimo Romano titolare della catena di supermercati "Mizzica" - Carrefour Sicilia, con oltre 80 punti vendita nella regione.
Un sesto provvedimento, di sospensione dal servizio per un anno, riguarda Giuseppe Graceffa, vice sovrintendente della polizia in servizio a Palermo. Sarebbero i componenti della rete di spionaggio al servizio di Montante, questa l’accusa mossa dai sostituti procuratori Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, dall’aggiunto Gabriele Paci e dal procuratore capo Amedeo Bertone. Contestati a vario titolo i reati di accesso abusivo a sistemi informatici, favoreggiamento, rivelazione di notizie riservate.
A Montante veniva contestato anche il concorso esterno in associazione mafiosa: secondo il gip di Caltanissetta che ha firmato i provvedimenti, l'imprenditore "ha intrattenuto qualificati rapporti con esponenti di spicco di Cosa nostra", ma non ci sono elementi a sufficienza per configurare il reato di mafia. E' il motivo per cui sono stati imposti i domiciliari e non la custodia in carcere, che era stata chiesta dalla procura
Il 22 gennaio di due anni fa, Montante aveva ricevuto un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa, venivano ipotizzati legami d’affari e rapporti di amicizia con Vincenzo Arnone, boss di Serradifalco, figlio di Paolino Arnone, storico padrino della provincia di Caltanissetta morto suicida in carcere nel 1992. Vincenzo Arnone è stato testimone di nozze di Montante. A caccia di riscontri, gli investigatori della squadra mobile nissena diretti dal vicequestore aggiunto Marzia Giustolisi avevano perquisito abitazioni e aziende dell’imprenditore.
Era stata scoperta una stanza segreta nella villa di Serradifalco di Montante, una stanza piena di dossier su magistrati, politici ed esponenti della società civile. Ora, i magistrati ritengono che quei file siano il frutto di una massiccia attività illegale di spionaggio messa in campo dal leader di Confindustria. Che, intanto, ha continuato a sostenere: "I pentiti che mi accusano sono mafiosi che ho contribuito a colpire duramente con le mie denunce".
Eccolo, il nodo dell’inchiesta. Le denunce che Montante ha fatto alla magistratura nel corso degli ultimi anni: sincero slancio civico poi sancito nel codice etico di Confindustria (“Chi non denuncia è fuori dall’associazione”) o solo lo stratagemma di un imprenditore spregiudicato per rifarsi un’immagine antimafia? Salvatore Dario Di Francesco, uno dei quattro
pentiti dell’inchiesta, ha messo a verbale davanti i pm di Caltanissetta che il boss Vincenzo Arnone si sarebbe speso per l’elezione di Montante a presidente di Sicindustria. Ma, adesso, le accuse di mafia restano sullo sfondo, e i guai giudiziari dell'ex capo dell'industriali siciliani sono per una lunga serie di corruzioni. Avrebbe comprato la fedeltà di alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine con costosi regali e assunzioni per i familiari.
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