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“BONES AND ALL”? LA PIÙ BELLA STORIA D'AMORE DEGLI ULTIMI VENT'ANNI” – TERESA CIABATTI IN LODE DELL’ULTIMO FILM DI LUCA GUADAGNINO: “IL REGISTA PRENDE LA FAME DELL'ADOLESCENZA (CHE SIA DI SENTIMENTO, DI RICONOSCIMENTO, DI CIBO, DIVERTIMENTO, OBLIO, STORDIMENTO), PRENDE LA FAME PIÙ ESTREMA PER RAPPRESENTARLE TUTTE. DESIDERIO FUORI CONTROLLO, RICERCA DELLA MISURA AZZERATA DALLA NECESSITÀ GIOVANILE DI VOLERE TUTTO FINO ALL'OSSO…” - VIDEO

 

Teresa Ciabatti per il "Corriere della Sera"

 

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«Siamo in tanti?» chiede Maren, la protagonista di Bones And All , l'ultimo film di Luca Guadagnino, Leone d'argento a Venezia. E ancora: «Credevo di essere l'unica».

Maren, 18 anni, è cannibale.

Cresciuta dal padre che a un certo punto l'abbandona, si ritrova sola in un mondo che potrebbe farle male, a cui tuttavia anche lei può far male.

In questo timore, nelle misurazioni di forza come prove di esistenza, Maren è subito fragilissima, mai predatrice.

 

luca guadagnino intervistato da marco giusti

Scappa, vaga alla ricerca della madre, incontra Sully (Mark Rylance), che la istruisce sul loro essere diversi, e si nutre vicino a lei. Eppure fugge anche da lui, dalla possibilità di diventare come lui. Poi incontra Lee (Timothée Chalamet), solo e sperduto quanto lei. Diverso come lei, allo stesso modo, l'uno specchio dell'altra non per debolezza (come con Sully), ma per età, bisogno d'essere accettati. Nel van che è il loro guscio Maren e Lee s' innamorano, si baciano - il primo bacio di Maren. Ecco cos' è Bones And All : la più bella storia d'amore degli ultimi vent'anni, la più struggente storia di giovinezza.

 

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Guadagnino si serve del genere per trovare la metafora che contenga tutte le diversità. Come 40 anni fa Spielberg trovava la metafora per raccontare il diverso nell'infanzia: piccolo extraterrestre, mostriciattolo, animaletto, qualcosa di vivo - quanto spaventa E.T. ? Spielberg usa la fantascienza per fare un film che cambia il cinema mondiale, e l'immaginario dei bambini (da qui in poi i mostri non faranno più paura). Al pari Luca Guadagnino fa con la fame, dando vita a un racconto definitivo - d'ora in poi ogni adolescente saprà di non essere solo.

 

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In che modo l'artista piega una storia che nelle mani di altri andrebbe in direzione opposta è questione di genio, di visione poetica (vedi Steven Spielberg appunto, e David Cronenberg, David Lynch, Tim Burton). Dall'omonimo romanzo horror di Camille De Angelis, da cui è liberamente tratto Bones and All , Guadagnino e David Kajganich - sceneggiatore - si staccano, plasmano quel materiale narrativo attraverso un'impostazione sentimentale e non solo, animando ciò che è inanimato, dando vita a ogni cosa, cominciando dal ricordo.

 

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Il regista prende la fame dell'adolescenza (che sia di sentimento, di riconoscimento, di cibo, divertimento, oblio, stordimento), prende la fame più estrema per rappresentarle tutte. Desiderio fuori controllo, ricerca della misura azzerata dalla necessità giovanile di volere tutto fino all'osso, di non lasciare andare niente. E allora le scene dove si parla di cannibalismo: quando è stata la prima volta, dove e con chi. O quelle in cui il cannibalismo è trattato come un'altra dipendenza: «Tu pensi di poter smettere quando vuoi, e invece» (dicono a Lee. E potrebbero parlare di droga, alcol, cibo, sesso). Normalizzare l'eccezionale.

 

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Se vita e morte sono contigue, ci sono gradi intermedi, di quasi morte e ancora vita: così la madre di Maren, così il padre di Lee che solo da morto - divorato, inglobato, reso innocuo, può essere amato.

Ma non è forse così che funziona la memoria? Non è ciò che ogni essere umano compie coi propri morti? Tenerli dentro per continuare ad amarli, o addirittura iniziare ad amarli? («Capita, quando la gente muore: l'aggressività svanisce, e persone così piene di difetti che a volte riuscivano quasi insopportabili in vita adesso si presentano nel modo più attraente, e ciò che l'altro ieri ti era meno gradito diventa, nella limousine che segue il carro funebre, una causa non soltanto di indulgente divertimento, ma di ammirazione» scrive Philip Roth in Pastorale Americana , e vale, quanto vale per l'universo di Guadagnino).

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Ancora sull'uso del genere: Guadagnino cambia segno ai simboli: quelli che in altri contesti sarebbero feticci horror, qui sono rappresentazione di tenerezza. Perciò la treccia (equivarrà al polpastrello luminoso di E.T. ? Alla pianta appassita che riprende vita? O alla bambola bruciacchiata della Marilyn di Joyce Carol Oates, vero io della bambina bellissima?). La treccia di capelli delle persone mangiate da Sully, la treccia che porta sempre con sé ed è qualcosa di vivo: cresce, s' infoltisce, invecchia - molto più viva di tanti esseri umani della storia.

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Torniamo dunque alla memoria: la treccia per ricordare i morti. E memoria è l'implorazione finale di Lee a Maren: «Amami, mangiami» che vale come: non dimenticarmi. Sconvolgente, commovente, sentimentale, disturbante, Bones And All è una novità assoluta. Non sei sola, Maren - pare dire il regista, rispondendo ai suoi personaggi e a tutti i ragazzi, inclusi forse i più sperduti, ovvero quelli della sua generazione - ecco la scelta di ambientazione negli Anni 80. E mentre rassicura i ragazzi, idice ai normali, agli adulti: non abbiate paura di loro. Dove quel loro aleggia, si allarga, porta lontano, lontanissimo, oltre la morte. Bones And All è un capolavoro.

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