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Carlotta Garancini per www.corriere.it
Inseguendo l'idea di riuscire a fare a casa un caffè espresso come al bar, la tradizionale moka e il barattolo di caffè macinato hanno ceduto sempre più il posto nelle cucine degli italiani alle macchinette del caffè, prima quelle che utilizzavano caffè macinato o in chicchi, poi quelle funzionanti con capsule e cialde. Fare il caffè è diventato così più facile, più veloce e anche più “smart” (a costo di spendere qualcosa in più per la materia prima già porzionata).
LA NASCITA DELLE CAPSULE
Il marchio che ha inventato e che per primo ha lanciato il sistema del caffè porzionato è stato Nespresso (gruppo Nestlé) a partire dal 1986: oggi l'alluminio delle sue capsule (prodotte tutte in Svizzera) ha colori accattivanti che distinguono la tipologia di aromi e profumi del caffè contenuto. In seguito al successo recente di questo prodotto in Italia, anche le più importanti e storiche aziende italiane di caffè si sono adeguate al mercato producendo la loro versione delle capsule.
LA QUANTITA’ DI CAFFE’
Sapete quanto caffè contiene una capsula? Indicativamente tra i 5 e i 7 grammi (le quantità variano da azienda ad azienda), sufficiente per ottenere una tazzina di espresso.
IL MATERIALE
Le capsule di caffè sono principalmente realizzate in alluminio o in plastica. Rispetto alle cialde fatte con un filtro di carta, proteggono meglio il caffè dall'ossigeno, dalla luce e dall'umidità, anche se sono più problematiche a livello di smaltimento.
SMALTIMENTO E RICICLO
Alcuni marchi di caffè promuovono punti di raccolta delle capsule usate per i consumatori e portano avanti iniziative per il riciclo del materiale, altri hanno progettato capsule compostabili che si possono buttare negli impianti di raccolta differenziata dell'organico.
CAPSULE E SALUTE
Si è parlato molto del caffè in capsule e dei presunti effetti sulla salute: secondo alcune ricerche come quella condotta dal professor Carlo Foresta, ordinario di Endocrinologia all’Università degli Studi di Padova e presidente della Fondazione Foresta Onlus, il caffè in capsule sarebbe in grado di veicolare ftalati, agenti chimici che si trovano nella plastica, nell’alluminio e anche nei materiali biodegradabili e che verrebbero rilasciati a contatto con l’acqua ad alta temperatura. Queste sostanze, secondo lo studio, potrebbero agire negativamente sulla fertilità.
Secondo la ricerca anche se le dosi di ftalati potenzialmente rilasciate dalle capsule non superano i valori di legge il problema starebbe nell’effetto additivo, giorno dopo giorno. Il dibattito è aperto da tempo e su questo punto ogni azienda ha la sua risposta puntuale, oltre che i propri strumenti di controllo. Dalle capsule totalmente naturali a precauzioni di vario tipo. Per esempio Nespresso spiega che tra l’alluminio delle sue capsule e il caffè c’è una membrana alimentare che non permette che i due elementi entrino in contatto, come dimostrano gli studi eseguiti dal gruppo.
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