FLASH! - IL DAZISTA TRUMP, PER SPACCARE L'UNIONE EUROPEA A COLPI DI TARIFFE SUI PRODOTTI ESPORTATI…
Paolo Galassi per “il Venerdì - la Repubblica”
Dal romanzo di Olivier Guez su Josef Mengele ai nazi-pensionati della serie Hunters, il copione che lega l' Argentina al Terzo Reich non passa mai di moda. Gli spunti storici non mancano: se una sera di 60 anni fa Ricardo Klement da Bolzano (aka Adolf Eichmann) veniva sequestrato dal Mossad in un sobborgo di Buenos Aires, nel 1970 Juan Domingo Perón in persona confermava a un giovane Tomás Eloy Martinez le visite del medico bavarese Helmut Gregor, le cui vacche partorivano solo vitelli gemelli.
adolf eichmann a processo in israele
Un hobby, quello della genetica (bovina e non), ispirato dal ministro nazista Richard Walther Darré, padre del manifesto ariano Blut und Boden ("Sangue e terra", pubblicato in Italia dal gruppo AR di Franco Freda), morto sì in una clinica di Monaco, ma cresciuto sui banchi della Goethe Schule della capitale argentina a inizio '900. Sottomarini U-Boot che sbarcano gerarchi e forzieri in Patagonia, il Führer in salvo sulle rive del lago Nahuel Huapi di Bariloche (rifugio di Erich Priebke): cambia il mito del Quarto Reich alla fine del mondo, ma la caccia al tesoro nazi rimane.
L'ultima bomba, che ha fatto il giro del mondo, risale allo scorso marzo: ritrovata nello scantinato di una banca la prova della triangolazione Berlino-Baires-Zurigo con cui i capitali sottratti a milioni di ebrei sarebbero stati "lavati" nel Rio de la Plata e congelati in Svizzera.
Una lista di 12mila presunti nazisti tramite i quali il Banco Alemán Transatlántico di Buenos Aires (filiale della Deutsche Bank) e il Banco Germánico de la América del Sur avrebbero girato fiumi di denaro allo Schweizerische Kreditanstalt, oggi Credit Suisse. Documenti appartenenti a un'inchiesta parlamentare del 1941, di cui il Centro Simon Wiesenthal, l'agenzia intitolata al celebre cacciatore di nazisti sopravvissuto a Mauthausen, riproduce alcune schermate sul suo sito: nomi, numeri e l'inconfondibile svastica con il timbro NSDAP del Partito Nazionalsocialista.
Il merito è di un ex impiegato della Banca Nazionale dello Sviluppo, a cui 35 anni fa un lungimirante superiore consegna dei fondi d'archivio destinati al macero. Il 20enne Pedro Filipuzzi, sangue inglese e friulano, ancora non sa che quei sei piani di granito e art déco della calle 25 de Mayo, a 150 metri dalla Casa Rosada, furono la base delle trame nazi in Argentina: dal 1933 vi si concentrano infatti ambasciata tedesca, Banco Germánico de la América del Sur, filiale argentina del NSDAP e i giornali di propaganda El Pampero e Der Trommler.
PAGINE DI DER TROMMLER GIORNALE ARGENTINO DI PROPAGANDA HITLERIANA
L'edificio viene espropriato nel 1945, quando l' Argentina (ufficialmente "neutrale" durante la Seconda guerra mondiale) si schiera in extremis con gli Alleati. La Banca Nazionale dello Sviluppo eredita gli archivi del Banco Germánico, che finiranno in mano a Filipuzzi 40 anni dopo: il movente e il metodo delle sue ricerche, poi consegnate al Centro Wiesenthal, sarebbero materia eccellente per un romanzo. Dal reclamo che i referenti della comunità ebraica d' Argentina inviano al Credit Suisse emerge una traccia interessante: «Sappiamo che avete già ricevuto richieste da parte di presunti eredi dei nazisti presenti sulla lista». Per capire chi stia bussando alla porta dei banchieri di Zurigo andiamo a parlare con Pedro Filipuzzi.
Oggi è un ingegnere informatico del gigante Telefonica. Nel 2017 denuncia la discriminazione subìta dagli impiegati ebrei della compagnia, ricevendo l' appoggio del potente Congresso ebraico latinoamericano, che a Buenos Aires ha la sua centrale operativa.
IN ARGENTINA SCOPERTA UNA LISTA DI 12MILA NAZISTI E DI CONTI CORRENTI BANCARI
Il suo prossimo libro sarà su questa storia: «Più che altro una riproduzione dei documenti ritrovati. Di mio ci sarà molto poco, per coprirmi le spalle. Un importante studio legale mi ha offerto soldi e un posto di lavoro invidiabile per stare zitto, ma non ho accettato» racconta al Venerdì. In un caffè dell'Avenida Corrientes ci mostra bozze e titolo: "La rotta del denaro dei nazi argentini. L'organizzazione nazi dell' Unione Tedesca dei Sindacati. Lista dei membri".
La famosa lista, quindi, è quella degli iscritti alla filiale argentina della UAG (Unión Alemana de Gremios), il sindacato unico dei lavoratori tedeschi d'Argentina durante il Terzo Reich, estensione oltreoceano del Deutsche Arbeitsfront (DAF), il Fronte tedesco del lavoro fondato nel 1933.
SALUTI NAZISTI AL FUNERALE DEL CAPITANO HANS LANGSDORFF A BUENOS AIRES
L'intestazione "Camera dei deputati" conferma l' origine dei documenti: è l' inchiesta parlamentare del 1941 sulle attività naziste in Argentina, bruciata - si è letto ovunque - durante il golpe pro-Asse del 1943 guidato dal colonnello Juan Domingo Perón, aggregato militare a Roma dal '39 al '41 e poi Presidente d' Argentina dal '46 al '55. Ci sono dati anagrafici e numeri di tessera degli iscritti, rapporti sulle imprese tedesche legate al Reich (non poteva mancare la IG Farben, produttrice dello Zyklon-B usato nei campi di sterminio) e le transazioni tra sindacato, banche tedesche di Buenos Aires e banche svizzere.
«Buenos Aires era il principale centro offshore dei nazi sti per riciclare il denaro ottenuto dal saccheggio delle banche e delle imprese dei Paesi occupati. La valuta straniera entrava come "valigia diplomatica", era cambiata in dollari o franchi svizzeri e poi investita in imprese tedesche o girata in Svizzera. L' obiettivo era far rientrare il denaro in Europa perché la Germania potesse utilizzarlo».
IN ARGENTINA SCOPERTA UNA LISTA DI 12MILA NAZISTI E DI CONTI CORRENTI BANCARI
Ma come rimetterlo in circolazione? Secondo Filipuzzi, attraverso le migliaia di conti interni al sindacato, a loro volta collegati a un unico conto aperto presso la banca tedesca di Buenos Aires: «I tesserati del sindacato erano circa 12mila, ognuno con un conto interno che tributava al conto 4063 della UAG presso il Banco Germánico de la América del Sur di Buenos Aires, dove confluivano anche i ricavi delle imprese tedesche radicate in Argentina. Attraverso il Banco Alemán Transatlántico, poi, questo denaro era girato al conto n° 2 del DAF presso lo Schweizerische Kreditanstalt di Zurigo, oggi Credit Suisse. Era necessario che l' Argentina rimanesse neutrale perché i conti bancari dei nazisti di Buenos Aires continuassero ad essere attivi. Una neutralità apparente, per coprire la triangolazione Berlino-Baires-Zurigo». Così parlò Filippuzzi, ma non tutti sono totalmente d' accordo.
I DUBBI DI UKI GOÑI...
«È vero che i nazisti usavano banche tedesche per muovere denaro attraverso l'Argentina, accumulando dollari e franchi svizzeri che non potevano ottenere in altro modo, cosa che preoccupava in particolare gli Stati Uniti. Ma in Argentina non c'erano 12mila nazisti a triangolare beni sottratti agli ebrei, e ancora non ho visto prove che lo dimostrino».
Formato nello storico Buenos Aires Herald durante l'ultima dittatura, Uki Goñi è il reporter che ha ricostruito il cammino di 300 SS, collaborazionisti belgi, francesi e ustascia croati, verso il Rio de la Plata. Oltre a documentare la cinematografica ratline (il sistema di vie di fuga) appoggiata dal Vaticano in chiave anticomunista, il suo libro Operazione Odessa ha confermato l'esistenza della famigerata Circolare 11 (ritrovata nel '98 a Stoccolma) con cui nel 1941 il cancelliere argentino José Maria Cantilo ordinò alle ambasciate di negare l'asilo a chiunque cercasse di scappare a Buenos Aires.
lenti di ingrandimento naziste
È così che diplomatici tedeschi e argentini strinsero il cerchio intorno agli ebrei più ricchi, gli unici in grado di salvarsi: il prezzo del visto, variabile in base a patrimonio e numero di familiari, si pagava presso le banche tedesche dei Paesi neutrali, che diventavano piazze di riciclaggio e investimento.
...E QUELLI DI JULIO MUTTI
«Le fake news in questo campo sono permanenti, eppure non ricordo un caso con tanta eco internazionale». Il ricercatore Julio Mutti ci fa notare che persino la copertina dei documenti digitalizzati (riprodotti dal Centro Wiesenthal e dai giornali) è stata manipolata, inserendo un modulo con la svastica estrapolato da un altro rapporto.
«L'inchiesta parlamentare del 1941 è un documento pubblico depositato presso la Camera dei deputati, gli storici lo conoscono da decenni. Non c' è stata nessuna rigorosità in termini storici, né da parte dei media, né di chi li ha informati.
Non c' è prova dell' esistenza di un conto svizzero con denaro nazista, solo una lista di persone affiliate a un' organizzazione nazista (il sindacato) che forse naziste non erano (c' erano anche braccianti e peones delle estancias)». Sul suo sito, Mutti riproduce l' esame dei periti della commissione parlamentare: il volume dei movimenti bancari verso Zurigo e Berlino non risulta nemmeno paragonabile ai 33 miliardi di euro sparati dal quotidiano La Nación. «Il Credit Suisse potrebbe anche nascondere denaro nazista, ma non in tali quantità: non sarebbe potuto uscire dall' Argentina».
E POI CI SONO GLI EREDI
ARGENTINA - NASCONDIGLIO NAZISTA NELLA GIUNGLA
C' è anche un altro aspetto che sarebbe sfuggito ai media di mezzo mondo: Filipuzzi avrebbe rintracciato e connesso tra loro i discendenti di alcune importanti "eminenze grigie" iscritte al sindacato nazista (attive in Argentina prima, durante e dopo la guerra), che ora starebbero reclamando i capitali di famiglia congelati in Svizzera. Sono loro i "presunti eredi dei nazi" a cui Filipuzzi avrebbe consegnato vari assi da calare nel poker legale con il Credit Suisse.
Un paio di esempi: il fabbricante d' armi austriaco Fritz Mandl, in bilico costante fra Gestapo e Alleati, ai cui eredi Filipuzzi suggerisce una pista di aziende tedesche radicate in Argentina (presenti nella "black list" yankee del 1946) e di trust svizzeri registrati in Liechtenstein. O i figli di Werner Koennecke, tesoriere della rete di spionaggio nazi "Bolivar" (che in Argentina aveva la sua base operativa) e genero del banchiere Ludwig Freude, che Perón salvò in extremis dall' estradizione: il suo appoggio finanziario al Generale fu ricambiato con la nomina del figlio Rodolfo a capo della Divisione Informazioni che gestì la ratline dei criminali in fuga dall' Europa.
Morto di cancro nel 2003, Freude è il primo a cui Filippuzzi mostra le sue ricerche, a metà anni 90: «Da allora cominciò la sua battaglia col Credit Suisse per sbloccare i conti di suo padre Ludwig. Secondo lui, avrebbero contenuto 1.300 milioni di euro». Dal carteggio che Filipuzzi ci inoltra, s' intende che la sua relazione di fiducia con gli eredi tedeschi è di gran lunga anteriore a quella con le autorità ebraiche d' Argentina. Due fronti che ora sembrano avere però uno stesso fine comune: «Le due parti sono unite e sono io ad averle avvicinate, come amico della famiglia Freude e del Centro Wiesenthal».
ARGENTINA - NASCONDIGLIO NAZISTA NELLA GIUNGLA
Ariel Gelblung, direttore del Centro Wiesenthal per l' America Latina, prende però le distanze dall' ingegnere: «La sua è solo un' interpretazione». L' importante, ci spiega, è che il Credit Suisse abbia ora accettato di riallaciare un dialogo interrotto oltre 20 anni fa: «Nel 1997 si erano offerti di sponsorizzare un convegno sul saccheggio nazista ai danni degli ebrei. Rispondemmo che avremmo preferito dare un' occhiata ai loro archivi. Da lì in poi, il silenzio».
Due anni dopo la Commissione Volcker confermava l' esistenza di 53mila conti svizzeri inattivi, appartenuti a vittime dell' Olocausto. «In quel caso si parlava di soldi di ebrei.
gerarchi al processo di norimberga
Stavolta parliamo di capitali dei nazisti cresciuti in modo considerevole dopo le leggi razziali di Norimberga del 1935. Noi chiediamo solo di vedere gli archivi e verificare l' origine dell' eventuale denaro congelato».
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