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1 - «PER LA MIA VILLA A SACROFANO, CARMINATI PRETESE DI DARMI 150MILA EURO IN CONTANTI»
Adelaide Pierucci per “il Messaggero”
L' UDIENZA
«Non conoscevo Carminati, non sapevo chi fosse ma quando ho visto il video dell'arresto, con la Smart, sulla salita di quella che era stata casa mia, a quel punto, ho ricostruito tante cose. Da due anni che tremo come una foglia». Protagonista della cinquantottesima udienza del maxiprocesso a Mafia Capitale è stata una teste dell' accusa, Cristina De Cataldo, chiamata a ricostruire dai pm Luca Tescaroli e dall' aggiunto Paolo Ielo la vendita a Massimo Carminati della sua villa a Sacrofano, in via Monte Cappelletto, la stradina di campagna dove "il Pirata" è stato bloccato, nel dicembre 2014, dai carabinieri del Ros che lo hanno costretto ad uscire a mani alzate dalla sua Smart.
Una villa di trecento metri quadri, con seminterrato, e tre ettari di terreno nel Parco di Vejo, venduta all' ex Nar, ma intestata alla compagna Alessia Marini, con l'intermediazione di Agostino Gaglianone, anche lui sotto accusa, e dell' agente immobiliare Giovanni Petrocco. Cinquecentomila euro il prezzo pattuito, con un anticipo di 20mila in contanti, e due tranche di 30mila e 100mila, sempre in nero, alla firma del rogito nel maggio 2014.
LA TESTIMONIANZA
«Conoscevo Gaglianone perché era stato lui con la sua Imeg a costruire nel 1999 la casa. Dopo la separazione da mio marito, avevo deciso di spostarmi a Roma, con due bambini piccoli vivere lì era pesante. Gaglianone mi aveva consigliato di rivolgermi a Petrocco. In seguito mi ha parlato di una coppia di amici interessati ad acquistare».
Inizialmente De Cataldo ha chiesto 600mila euro ma poi la donna ha ricevuto "un'irrifiutabile" proposta a 500mila. «Dicevano che c'erano 100mila euro di lavori da fare». «Ho firmato a malincuore», ha aggiunto la testimone, «solo dopo Petrocco mi ha detto che metà soldi sarebbe arrivata in contanti. Ho iniziato a lamentarmi, volevo incontrare gli acquirenti. Ho ottenuto l'appuntamento all' agenzia di Petrocco. Poi si è presentato il compagno della donna che si sarebbe intestata la casa. Si è presentato come Massimo, aveva degli occhiali e una benda color carne sull'occhio. È stato gentile.
Ho cercato di sottrarmi, non volevo tutti quei contanti. Hanno iniziato a infervorarsi. L'unico che rimaneva molto calmo era questo signor Massimo. Sono stata pressata, ho intuito che non avevo scelta, ho chiuso a 150 in contanti».
LA COMPRAVENDITA
«I primi ventimila me li portò Petrocco a Prima Porta, tutti pezzi da cinquecento di cui mi lamentai», ha precisato la testimone. «Non ci sono state minacce» ha ripetuto poi più volte De Cataldo «ma l'atmosfera era pesante». Ma se in aula non si parla di intimidazioni, nelle carte dell' inchiesta Carminati, intercettato, va giù duro, si lamenta del mancato rispetto dei termini stabiliti per la compravendita, dopo l' anticipo.
«Ma forse non ha capito chi sono io, io lo sa che gli faccio?» dice rivolgendosi a Gaglianone, in un' ambientale del marzo 2014 «Lo sai che gli faccio io, gli piglio i figli stasera a Vigna Clara, gli piglio i ragazzini a Vigna Clara, che tanto stanno tutti e due al baretto, lo sai che gli faccio? Gli mando i ragazzini lì di zona, gli faccio fa...Stasera li mando a casa così! Come zamponi capito!».
2 - LA TESTE: «CARMINATI? C’ERA UNO CHE SI CHIAMAVA MASSIMO»
Il.Sa. per il “Corriere della Sera- Roma”
Quello a «non tacere nulla» si conferma l’impegno più gravoso per i testi. Vale anche per l’udienza di ieri, in cui è stata sentita Cristina De Cataldo, conduttrice di un canale commerciale, in origine proprietaria di casa - Carminati, ossia la villa in Via Monte Cappelletto a Sacrofano. «Mi sentivo pressata, c’era un’atmosfera pesante attorno a me, mi dicevo che era necessario concludere presto» ha riferito restando sulle generali, trascurando di dare un nome alle sue paure.
Le indagini su Mafia Capitale avevano catturato lo sfogo del «Nero» che, al telefono con Agostino Gaglianone (intermediario della vendita), accoglieva le tergiversazioni della signora alla maniera seguente: «Questa (la De Cataldo, ndr) me la lavorerei con un rasoietto, la piglio con una lametta, co..lo scava zucchine». O in un’altra occasione: «Lo sai che faccio? Gli piglio i ragazzini a Vigna Clara (due dei tre figli della donna, ndr) che tanto stanno tutti e due al baretto...».
Gli investigatori avevano riferito che, malgrado opposizioni, la signora finì anche per accettare una prima tranche di 150mila euro in contanti. Ma sul perché la signora resta sul vago. Viene fuori che le fu incendiata la staccionata della villa. Ma non sembra interessata a sapere chi fosse stato. Sapeva chi fosse Carminati le chiedono? «Non so mi hanno presentato uno che di nome faceva Massimo».
3 - L’AMANTE SPIEGA I “GIRI” DI BUZZI
Beatrice Nencha per “Libero Quotidiano”
Dove non sono arrivati i magistrati di Mafia Capitale, potrebbe arrivare una «femme fatale». Che però non ha niente di fatale, anzi ha un visto acqua e sapone e l'apparenza dimessa di chi si trova a disagio a comparire sui banchi di un tribunale.
Però gli inquirenti la considerano una delle persone più a stretto contatto con l' imprenditore Salvatore Buzzi, con cui «condivideva alcuni aspetti di vita privata» come pudicamente indicato dal capitano del Ros Federica Carletti durante un'udienza celebrata lo scorso 2 febbraio nel bunker di Rebibbia. Nata ad Avezzano, classe 1984, una laurea in psicologia, Pierina Chiaravalle - prima del ciclone Mafia capitale - era una semplice dipendente della cooperativa «Abc Sos».
La conoscenza troppo stretta con il ras della «29 Giugno», del cui universo societario la coop fa parte, le ha letteralmente stravolto la vita. E l' ha portata a finire per 20 giorni in carcere, poi ai domiciliari. Da febbraio è a piede libero, con l' accusa di corruzione e l' aggravante di aver agito «con il fine di agevolare l' associazione mafiosa».
L' aula bunker di Rebibbia la mette visibilmente a disagio. In aula, nelle prime file, siede la compagna di Buzzi, Alessandra Garrone, che non ha perso un'udienza e con il suo uomo, collegato dal monitor dal carcere di Tolmezzo, si scambia sguardi d' amore. Quasi a voler sfidare, o cancellare, qualsiasi forma di intromissione da parte delle altre.
SALVATORE BUZZI FRANCO PANZIRONI
Anche quando il 2 febbraio, durante l'esame del teste Carletti, il capitano del Ros introduce al tribunale quale fosse il ruolo di «Piera», che con Buzzi avrebbe condiviso «una serie di aspetti anche di vita privata». Annotazione che incuriosisce la presidente del collegio, Rosanna Ianniello: «Mi scusi ma questo che vuol dire?». E costringe il pubblico ministero a un'imbarazzante richiesta di precisazione: «Avevano una relazione Buzzi e la Chiaravalle?». «C' è una relazione di tipo sentimentale» la risposta, mentre nella sala cala il gelo.
Davanti al gip Flavia Costantini, nella deposizione del 9 giugno 2015, la giovane ricostruisce una trasferta con Buzzi al municipio di Ostia: «Spesso accompagnavo Buzzi ma per una questione legata a una relazione affettiva che avevamo, non perché ne condividessi i reati, insomma». Rivendica il suo ruolo di inconsapevole accompagnatrice, maldestra nella guida: «(..) Mi insulta anche, mi dice stupida cretina, fai marcia indietro, che ci vuole a fare marcia indietro con la Q5?».
SALVATORE BUZZI - GIULIANO POLETTI
Il gip insiste: «Spesso pure lei riceve le sue confidenze (..) io dico, utilizza lei per portare dei soldi ad una persona e lei mi dice che non sa neanche che stesse portando dei soldi?». A pagina 24 del verbale, la risposta della Chiaravalle: «Salvatore non mi diceva mai le motivazioni per cui lo dovevo accompagnare, mi diceva "accompagnami e mi fai compagnia", era un modo per stare insieme».
Ignara del suo ruolo nelle trasferte, è però lei a ricostruire la piramide gerarchica della cooperativa: «Sul campo rom il delegato era Claudio Caldarelli, sul verde Emilio Gammuto, sugli immigrati Fulvia Vannoni, ogni settore aveva un referente». Ingenua forse, ma non sprovveduta.
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