
QUANDO C’È LA FIAMMA, LA COMPETENZA NON SERVE NÉ APPARECCHIA. ET VOILÀ!, CHI SBUCA CONSIGLIERE NEL…
Da “il Venerdì - la Repubblica”
Avere un brutto carattere è sicuramente un difetto. Ma non è causa di licenziamento. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, in una sentenza dello scorso settembre. A rivolgersi alla Suprema Corte erano stati i legali di un' azienda bergamasca per evitare il reintegro di un metalmeccanico trentaseienne, licenziato «per giusta causa» nel 2013, dopo essere reso protagonista di una serie di screzi con i colleghi.
L' azienda aveva fatto ricorso con la certezza che, al massimo, avrebbe dovuto corrispondere un' indennità al lavoratore. I giudici, invece, hanno stabilito che (brutto) carattere e temperamento non rappresentano una giusta causa ai fini del licenziamento.
Anzi: «La completa irrilevanza giuridica del fatto (pur accertato) equivale alla sua insussistenza materiale e dà perciò luogo alla reintegrazione» sul posto di lavoro. Non solo: la Cassazione ha riconosciuto al lavoratore anche gli arretrati dal giorno del licenziamento.
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