david niven c era una volta hollywood

COCA, FRUSTINI E SCIMMIE: CRONACHE DALLA HOLLYWOOD CHE FU – ESCE PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA LA BIOGRAFIA DI DAVID NIVEN, CHE RACCONTA SEGRETI E VIZI DI DIVI E REGISTI INCONTRATI SUL SET TRA IL 1935 E IL 1960 – JOHN FORD MASTICAVA “L’ORLO DI UN SUDICIO FAZZOLETTO BIANCO, “BILL SEITER USAVA UNA VERGA PER COLPIRE I SEDERI PIÙ DELICATI”, “ERROL FLYNN AMAVA UN PIZZICO DI COCAINA SULLA PUNTA DEL PENE COME AFRODISIACO” – IL FETICISMO PER I PIEDI DI GRETA GARBO, “GRANDI, BEN MODELLATI E LUNGHI”, E IL CONSIGLIO RICEVUTO DA CARY GRANT PER “FARE L’AMORE PER SEMPRE” – QUANDO JOHN HUSTON SI TRASFERÌ “IN UNA CASA DI VETRO, “DIVISA CON UNA MOGLIE ESTREMAMENTE BELLA E UNA SCIMMIA MOLTO BRUTTA…”

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Estratto dell’articolo di Federico Pontiggia per “il Fatto Quotidiano” del 19 marzo 2025

 

David Niven e ava gardner

Elegante, persino affettato, baffetti, cravatta e british humour: se non la prova recitata, ognuno di noi ricorda la silhouette, il sorriso, l’allure di David Niven, nato a Londra nel 1910, morto in Svizzera nel 1983, e in mezzo doviziosamente pasciuto a Hollywood. Che gli mise in mano un Oscar, nel ’58, per Tavole separate di David Mann, e in carnet un tot di successi, ineffabili come lui, da Scala al Paradiso (’46) a Il giro del mondo in ottanta giorni (’56), da I cannoni di Navarone (’61) a La pantera rosa (’63).

 

Nel 1971 diede alla stampa la sua autobiografia, The Moon’s Ballon, un best-seller da cinque milioni di copie che ora viene editato per la prima volta in Italia con titolo fiabesco-tarantiniano: C’era una volta Hollywood. Niven ci è, la star, e ci fa, il reporter, mettendo su carta vizi privati e ondivaghe virtù del Paese di Bengodi che Hollywood fu tra il 1935 e il 1960 [...]

 

C era una volta Hollywood di di David Niven

Nel milieu Niven si muove, se non ci sguazza, con l’agio del pari grado e l’acume del cronista, trattando i Bogart e i Cooper, i Chaplin e i Lubitsch per quello che sono, leggende dai piedi d’argilla e/o i talami affollati. Di Cary Grant, che credeva ogni storia d’amore fosse la ragione della sua stessa vita, conserva un “consiglio esaltante: ‘Il trucco – diceva – è rilassarsi. Se riesci a rilassarti veramente puoi fare l’amore per sempre’”. Altro che Sting e il sesso tantrico, la ricetta di Mr. Notorious era “‘restare nel solco’ e riprovare con un’altra donna di aspetto fisico simile alla precedente”.

 

Quando, dopo averla dirozzata a Beverly Hills ed essersene innamorato, Sophia Loren annunciò improvvisamente il matrimonio con il suo produttore Carlo Ponti: “Cary non lasciò che l’erba gli crescesse sotto i piedi” e partì con una carovana di zingari “assieme a un’edizione più giovane e più voluttuosa di Sophia”, una giocatrice di basket jugoslava di nome Juba.

 

sophia loren cary grant

Le idiosincrasie dietro la macchina da presa non sono da meno: John Ford masticava “l’orlo di un sudicio fazzoletto bianco”; il Michael Curtiz di Casablanca “si aggirava in calzoni e stivali da equitazione con in mano uno scacciamosche”; Henry Hathaway negava la sedia agli attori, Van Dyke tracannava gin da bicchieri di carta e “Bill Seiter usava una verga per colpire i sederi più delicati”. [...]

 

Un tipino fino come John Huston s’era trasferito nella San Fernando Valley in una struttura rivoluzionaria tutta vetro e supporti in sequoia, “una bizzarra gabbia divisa con una moglie estremamente bella e una scimmia molto brutta”. Evelyn si divertiva a raccontare l’epilogo di quella fortunosa e forzata convivenza: “John, tesoro, mi dispiace. Una di noi due deve andarsene… o la scimmia o io”. E il regista, dopo una lunga pausa: “Tu, tesoro”.

 

 

greta garbo

Il battito animale evoca Il ritorno di Tarzan, per il cui lancio il pioniere degli agenti stampa, Harry Reichenbach, prenota una camera nell’hotel newyorchese antistante il cinema della première, e chiede quindici chili di carne cruda: “Un grosso leone, con un tovagliolo, era seduto al tavolo, il cameriere cacciò un urlo stridente, i titoli dei giornali sbocciarono”.

 

Le giornaliste di gossip oliano il meccanismo promozionale, con ampie licenze creative.  L’inarrivabile Louella Parsons resuscita pure i morti, scrivendo che Freud, “uno dei più grandi psicoanalisti viventi”, sarebbe stato impiegato quale consulente per il film di Bette Davis Tramonto: “Questo poneva – sogghigna Niven – un difficile problema logistico perché Sigmund era morto da diversi mesi”.

 

Parole al vento, malignità sul set: “A Gable piacciono solo le donne più vecchie”. Con i soldi Clark è attento se non taccagno, generosissimo invece col whisky, e dalle riprese a Capri di “quella stupidaggine de La baia di Napoli” con Sophia Loren riporta in America quindici chili presi tra pasta e vino rosso.

 

Marlene Dietrich Greta Garbo

Se lo stesso Niven predilige il whisky, quel folletto di Errol Flynn preferisce le droghe, dall’erba a “un pizzico di cocaina sulla punta del pene come afrodisiaco”. Chi manca ancora?

La bellissima Greta Garbo, ai cui piedi, disperati, si attaccavano gli invidiosi: “‘Sono grandi’, esultavano”. Niven studia da feticista, li dichiara “ben modellati e lunghi in proporzione alla sua altezza”, stigmatizza però “l’abitudine di chiuderli in enormi mocassini marroni che sembravano mezzi da sbarco”.

 

Infine, chiese alla Divina perché avesse rinunciato al cinema: “Avevo fatto abbastanza smorfie”. Sicché Niven addebitò alla svedese solitaria la definizione che Churchill aveva coniato per centosettanta milioni di russi: “Un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma”.

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