
DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA…
IL CONCLAVE VISTO DAGLI ITALIANI! IL CAPO DEI VESCOVI MATTEO ZUPPI, TRA I PAPABILI: “NON MI PIACE STARE AL CENTRO DELL’ATTENZIONE. NON TOCCHERÀ A ME. TRANQUILLI, NON SUCCEDE” – PIERBATTISTA PIZZABALLA, PATRIARCA LATINO DI GERUSALEMME, 60 ANNI, ANCHE LUI NEL TOTO-PONTEFICE: “IL PAPA CI LASCIA UN’EREDITÀ IMPORTANTE: L’ATTENZIONE AI POVERI E AGLI ULTIMI, LA PACE, IL DIALOGO FRA LE CULTURE, LE RELIGIONI E LE CHIESE. MA PARTE IMPORTANTE DEL SUO MESSAGGIO È…”
Ilaria Venturi per repubblica.it - Estratti
Matteo Maria Zuppi Foto Mezzelani GMT - 3
Luigi avanza spavaldo, cappellino e polo con il colletto alzato: «Matteo non avere paura, tu sarai Papa, vai a Roma senza paura».
Non ha dubbi Luigi, «ci ho preso anche quando è diventato cardinale, lui è amico dei poveri, è venuto a mangiare a casa mia che sono povero, ha battezzato i miei nipoti a Torre Angela».
Sul prato della casa di accoglienza appena restaurata nell’ex canonica di Casadio, frazione di Argelato, profonda campagna bolognese, il cardinale Matteo Zuppi sorride, rassicura tutti, anche Cesarina, infermiera in pensione che lo abbraccia, «se ti fanno Papa son contenta, ma poi torni a trovarmi vero?».
«Non ho paura, ma non divento Papa, tranquilli — replica — tornerò dopo il conclave».
«Quale Conclave?» osserva svelto uno. Si ride, si scherza. Però...
Il giorno dopo la morte di Francesco, Zuppi tenta una giornata di ordinaria diocesi, da arcivescovo, ma tutti lo cercano e il Vaticano lo reclama da presidente della Cei e da cardinale, “papabile” lo vuole il toto- conclave.
E qui sotto i portici è tutto un tifo per lui, se ne parla anche nei bar, non solo nelle canoniche, «ha una storia mondiale, ha fatto da paciere in Mozambico». In effetti, mastica anche lo swahili: fu uno degli artefici della tregua nel ‘92, negoziatore in Congo, Guinea, Burundi (al fianco di Mandela), sino all’essere inviato per la pace in Ucraina. Lo ha voluto papa Francesco, dopo averlo mandato nel 2015 a guidare la diocesi di Bologna per farne laboratorio della sua dottrina sociale, averlo fatto cardinale quattro anni dopo e infine capo dei vescovi.
Matteo Maria Zuppi Foto Mezzelani GMT - 2
Cresciuto a Trastevere nella Comunità di Sant’Egidio, interprete del magistero di Bergoglio, sente il peso della responsabilità, «la Chiesa è servizio », ripete. Per capire, alla nomina rosso porpora disse: «Tanta gioia, ma anche imbarazzo per la mia persona, non mi piace stare al centro dell’attenzione. Poi penso sempre che il problema non sono io, mi apro alla grazia del Signore».
Lui papabile?
«Di questo non bisogna assolutamente parlargliene e credo che sia bene così» osserva il suo vicario monsignor Stefano Ottani. Yassine Lafram, presidente dell’Ucoii, è andato a trovarlo: «Gli ho rinnovato il mio sostegno per la possibilità che diventi Papa, ma lui non lo vuole fare». Ora il conclave lo attende, dopo aver reso omaggio oggi alla salma di Francesco e partecipato ai funerali. Poche ore di sonno, ieri, poi la messa delle sette del mattino in cattedrale, e riunioni, telefonate, messaggi.
AL BANO Pierbattista Pizzaballa
Chiuso in Curia a rinviare tutti gli impegni almeno per le prossime due, tre settimane, ad affrontare coi suoi vicari decisioni sulle parrocchie. Non c’è tempo nemmeno per pranzare, ma Roma può aspettare, c’è da inaugurare la casa della Misericordia nel paesino dove pure i carabinieri gli chiedono una foto. Stare tra la gente, alle periferie, il suo stile.
La sua chiesa, quella degli ultimi di Francesco. Clergyman grigio come il profilo sfuggente che si impone, e non per calcolo, dopo aver parlato della morte del Papa in una omelia sofferente e in un videomessaggio diffuso dalla Cei.
È molto provato, raccontano i suoi, ma rasserenato da quel saluto che Francesco ha voluto fare tra la gente a Pasqua, riconoscente per le centinaia di messaggi, «tanti mi hanno scritto — ha detto in cattedrale — persone diversissime, ma legate da un’appartenenza profonda a quel fratelli tutti che è stata la visione di papa Francesco ». Ora, «tocca a noi portarlo nel cuore».
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PIZZABALLA “ERA VICINO ALLA PARROCCHIA DI GAZA NON LA LASCEREMO SOLA”
Francesca Caferri per repubblica.it - Estratti
L’impegno per la pace vista come un «elemento centrale della vita religiosa. E non come uno degli elementi». L’attenzione per gli ultimi e in particolare per la parrocchia di Gaza che «ha rappresentato, in un certo senso, tutto ciò che è stato al centro del suo pontificato»: ovvero la vicinanza agli ultimi e la ricerca della pace.
Matteo Maria Zuppi Foto Mezzelani GMT - 1
Le parole che gli venivano dal cuore e che gli consentivano di «superare il protocollo, di pensare fuori dalla scatola, di costruire ponti», come nel caso dell’incontro di Abu Dhabi sul dialogo interreligioso nel 2019 o della preghiera per la pace in Vaticano con il presidente palestinese Mahmoud Abbas e di quello israeliano Shimon Peres nel 2014.
Così il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, ha voluto ricordare papa Francesco alla vigilia della messa che si terrà oggi nella chiesa del Santo sepolcro e della sua partenza per Roma, subito dopo. Pizzaballa ha parlato ad alcuni dei media internazionali che fanno base nella Città Santa.
«Era molto vicino alla parrocchia di Gaza, li chiamava costantemente. Per un po’ li chiamava ogni sera alle 19, era diventata una cosa regolare per la comunità, era anche confortante per loro, e lui lo sapeva», ha spiegato, sottolineando che la vicinanza di Francesco non era soltanto spirituale, ma anche concreta. «Lo ha dimostrato quando abbiamo portato a Gaza i camion di aiuti”, ha detto. Dietro alle due missioni c’era stata un’intensa azione diplomatica da parte del patriarcato: azione di cui Francesco era stato costantemente tenuto informato e che aveva supportato.
Pizzaballa ha voluto sottolineare che l’attenzione per la parrocchia della Chiesa della Sacra famiglia — che ospita 500 persone all’interno del suo compound fra cattolici e ortodossi — non diminuirà con la morte del Pontefice: «Noi credenti — ha detto rispondendo alla domanda di uno dei giornalisti — crediamo in un messaggio che le telecamere non possono riprendere: questo messaggio è la preghiera. Papa Francesco pregherà da lassù per i suoi amici di Gaza in maniera ancora più forte. Non saranno soli: non li abbandoneremo mai».
Il cardinale, 60 anni, è a Gerusalemme dal 1990: francescano, ha ricoperto per 12 anni il ruolo di Custode di Terra Santa, ovvero di responsabile delle centinaia di frati chiamati a preservare e tenere in vita i luoghi santi del Cristianesimo sparsi in tutto il Medio Oriente. Dal 2020, dopo un periodo da amministratore apostolico della sede vacante, è stato nominato da Francesco Patriarca dei latini.
Nel 2023 è stato elevato cardinale: fra i 135 elettori del conclave è considerato un “papabile”. Anche per questo ieri non ha voluto rispondere a domande su quello che potrebbe accadere durante il Conclave, limitandosi a dire che i cardinali “porteranno le loro voci da parti diverse del mondo” e che “tutte dovranno essere ascoltate”. “La sfida della Chiesa — ha spiegato — resta una: come tradurre l’evangelizzazione nei vari contesti culturali rimanendo uniti”.
Pizzaballa sarà a Roma oggi: pronto a confrontarsi con gli altri cardinali. Come lui, in buona parte espressione della Chiesa di Francesco. “Il Papa ci lascia un’eredità importante: l’attenzione ai poveri e agli ultimi, la pace, il dialogo fra le culture, le religioni e le chiese. Ma parte importante del suo messaggio è sempre stata quella di lavorare per la giustizia, senza però prendere parte al conflitto”, ha detto.
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