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Francesco Rigatelli per “la Stampa”
«La seconda ondata poteva essere evitata con un' estate più prudente e con la limitazione delle occasioni di super diffusione. Ora non so se siamo ancora in tempo per questo o saremo costretti alla chiusura totale, ma per prevenire una terza o quarta ondata dovremo organizzarci meglio altrimenti vivremo un lockdown dopo l' altro».
Elisa Vicenzi, direttore dell' Unità Patogenesi virale e biosicurezza del San Raffaele di Milano, è stata la prima in Italia a isolare il virus della Sars e ora nel suo laboratorio «dove non si contagia mai nessuno perché osserviamo bene le regole» studia un nuovo antivirale per il Covid-19.
La seconda ondata è più preoccupante della prima?
«Direi ugualmente, perché si diffonde rapidamente producendo una malattia sostanzialmente uguale. L' unico aspetto positivo è che, pur senza una cura precisa, abbiamo imparato a gestire meglio i pazienti».
Si poteva fare qualcosa per evitare la seconda ondata?
«Purtroppo non si è compreso cosa stava accadendo. Il virus non era stagionale e non era diventato più buono. Semplicemente abbiamo goduto di un lockdown lungo e dell' estate all' aperto.
coronavirus ospedale di varese
Non si è capito neppure che il punto fondamentale è la superdiffusione, non tanto l' Rt, perché in realtà ci sono persone che infettano più di altre e questo accade in contesti particolari. Delle regole precise sugli assembramenti avrebbero portato a una seconda ondata minore. Anche le cene numerose in casa o fuori andavano evitate».
Ora si parla di lockdown nazionale, regionale o cittadino. Qual è il più indicato?
«È chiaro che più si chiude più si diminuiscono i rischi di contagio, ma forse ci possono essere ancora delle alternative al lockdown totale. Penso che la chiave stia nell' eliminare il più possibile le occasioni di superdiffusione».
In questo senso troverebbe giusto il coprifuoco alle 18?
«Potrebbe servire per salvaguardare scuola e lavoro, basta che poi non si facciano cene e feste in casa».
Possiamo permetterci di mantenere ancora aperte le scuole e le università?
«C' è molto dibattito a riguardo, ma più che le lezioni sembrano un problema gli assembramenti prima e dopo. C' è una correlazione tra i decibel della voce e le goccioline emesse. In questo senso, sarebbe importante testare in particolare i docenti. Bisogna investire su questo se si vuole evitare la chiusura».
E i trasporti?
«Purtroppo sono un luogo a rischio, anche perché il tracciamento è difficile dove le persone si incontrano per caso. Va tenuto conto che il tempo del contagio è di 10-15 minuti, per cui è importante che tutti si lavino le mani, usino le mascherine e mantengano le distanze».
Ha visto che i presidenti di Liguria, Piemonte e Lombardia propongono di limitare gli spostamenti degli over 70?
«Sì, ma cosa vuol dire? Che gli altri possono assembrarsi? Se è così, non sono d' accordo. Se invece fosse in aggiunta alle misure attuali potrebbe avere senso. L' idea che c' è dietro è quella di arrivare all' immunità di gregge tramite il contagio poco grave dei giovani, ma in Italia molti ragazzi vivono con i genitori e con i nonni per cui temo sia un' utopia».
Se si arrivasse al lockdown, quanto tempo servirebbe per far calare i contagi?
«Nella prima fase ci vollero due mesi, ma avevamo numeri sottostimati, ora potrebbe occorrere meno tempo. Però se lockdown dev' essere prima avviene e meglio è, anche se chiudere tutto sarebbe pesante».
Un lockdown ora e degli investimenti per evitare la terza ondata?
«Se si chiude poi vanno evitati gli errori estivi vietando gli assembramenti e potenziando tracciamento e test salivari rapidi. Bisogna attrezzarsi in fretta altrimenti rischiamo un lockdown dopo l' altro, che non è un bel vivere».
Il vaccino quando se lo aspetta?
«In primavera, almeno per le categorie a rischio, ma non eliminerà subito il virus. Sarà solo un aiuto, per cui l' estate dovrà essere molto prudente e tutto l' anno prossimo purtroppo col fiato sospeso».
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