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Benedetta Argentieri per il “Corriere della Sera”
Uccisa con i lacci delle scarpe. Impiccata al gancio della porta in un bagno all’aeroporto di Istanbul, Ataturk, dopo aver perso l’aereo che doveva riportarla a Erbil, Iraq. Il corpo di Jacky Sutton, 50 anni, sarebbe stato ritrovato da tre turiste russe nella notte tra sabato e domenica.
Le telecamere di sorveglianza del bagno quella notte non erano in funzione. Secondo la stampa locale la donna, ex giornalista della Bbc , era arrivata da Londra alle 10 di sera, ma avrebbe perso la coincidenza due ore dopo. Poi sarebbe scoppiata in lacrime con lo staff della Turkish Airlines perché non aveva i soldi per comprare un nuovo biglietto. Così si sarebbe tolta la vita.
Gli amici e i colleghi della donna sollevano molti dubbi sulla versione ufficiale. E chiedono di aprire un’inchiesta perché Jacky «non era il tipo di togliersi la vita in questa maniera». Soprattutto: «Se avesse avuto bisogno di soldi aveva a sua disposizione un network enorme di persone che l’avrebbero aiutata. Questa storia non regge».
E in più c’è un precedente. Lo scorso giugno Sutton aveva sostituito Ammar Al Shahbander, ucciso da un’autobomba a Bagdad il 2 maggio, alla guida dell’Institute for War and Peace Reporting, un’organizzazione che supporta i giornalisti e gli attivisti che intendono operare in zone di guerra. E nelle scorse settimane era andata a Londra per la commemorazione dei colleghi.
«Quando l’ho incontrata per strada, mi aveva detto che temeva di diventare un bersaglio, ma era così felice di cominciare questo nuovo lavoro che non si è soffermata troppo sui rischi», racconta l’ex collega Lorna Tychostup. Le due donne si sono conosciute su un progetto per una Ong a Bagdad nel 2010, dove hanno vissuto nello stesso compound. Tychostup la descrive come una persona allegra e generosa. «Una donna brillante con cui era facile scherzare. Aveva sempre la battuta pronta ma allo stesso tempo era una tosta, amava il suo lavoro. Era alla ricerca della verità», continua Lorna che non riesce a trattenere le lacrime.
Sutton era dotata di una grande autoironia. «Si prendeva spesso in giro perché era bassa. E noi tutti la adoravamo anche per questo». Tychostup per sei settimane è stata ospite a casa sua a Bracciano, dove Sutton aveva preso la residenza.
Roma le era rimasta nel cuore da quando aveva lavorato come consulente alla Fao tra il 2001 e il 2002. Mike Robbins era il compagno di scrivania. «Eravamo molto amici. È stata lei a prendersi cura di me quando è morto mio padre. Mi ha portato a casa a fare la valigia e poi mi ha messo sull’aereo», racconta al telefono.
Sutton dopo la Bbc , ha cominciato a fare da consulente per associazioni non governative e per le Nazioni Unite. Ha passato un periodo in Eritrea, poi l’Italia. Alla fine del 2002 era andata a lavorare in Afghanistan, subito dopo l’invasione delle truppe americane. Parlava cinque lingue tra cui l’arabo. E stava per discutere la tesi di dottorato all’Australian National University con un focus sullo sviluppo per il supporto delle donne nei media in Iraq e in Afghanistan tra il 2003 e il 2013.
Le donne sono sempre state un campo di ricerca. E su questo tema, in particolare la loro condizione sotto lo Stato Islamico, aveva incontrato Charlie Winter, ricercatore della Fondazione Quillam a Londra. «Ci siamo visti lunedì pomeriggio per un caffè», spiega Winter ancora sotto choc per la notizia. «Non posso dire quale fosse il suo stato emotivo, ma di certo non mi sembrava una persona con poche prospettive». Anche lui è d’accordo, «sarebbe meglio indagare».
JACKY SUTTON
JACKY SUTTON
Jacky Sutton e Mazin Elias
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