dante alighieri

SIC DANTE GLORIA MUNDI - L’ALIGHIERI ERA DAVVERO COSÌ ARCIGNO COME CE LO IMMAGINIAMO? MICA TANTO, LO STORICO ALESSANDRO BARBERO SMONTA I MITI SU DANTE: “LA PIÙ GROSSA BALLA È L'IMMAGINE DI UN UOMO INTEGERRIMO, DALLA MORALITÀ ASSOLUTA. NON CHE FOSSE UN DISONESTO, MA LA SUA VITA FU PIENA DI COMPROMESSI E CONTRADDIZIONI, CHE LUI A POSTERIORI PROVVEDE A LISCIARE, A SPIANARE, FACENDO FINTA CHE NON SIANO MAI ESISTITI. E SE NE AUTOCONVINCE”. INSOMMA, PIÙ CHE ANTITALIANO, ARCITALIANO…

la statua di dante in piazza santa croce a firenze

Marco Cicala per “il Venerdì di Repubblica”

 

È solo un po' meno misterioso di quello di Cleopatra: ma insomma, professore, Dante aveva il naso adunco oppure no?

«E chi lo sa? Tutti i ritratti che abbiamo di lui sono stati fatti da gente che non lo aveva mai visto» sorride lo storico Alessandro Barbero nel chiostro di Santa Croce. Conversiamo a due passi dal cenotafio di Alighieri: quella tomba vuota che da secoli reclama inascoltata le mortali spoglie del Sommo, custodite tenacemente a Ravenna.

 

Nella statua che sormonta il sarcofago fiorentino, Dante ha la solita aria accigliata. A renderlo così torvo furono i tormenti dell' esilio o un caratteraccio potenziato dalla proverbiale irascibilità toscana?

«Quando penso a Dante la simpatia non è la prima cosa che mi viene in mente» ammette Barbero.

alessandro barbero dante

 

«Ma se mi invitassero a bere un caffè con lui mi precipiterei. Uno storico si innamora sempre dell' argomento che studia. La passione è scoprire. Come un poliziotto che cerca di catturare un delinquente».

 

E difatti il Dante di Barbero (Laterza) è un pedinamento lungo 360 pagine appresso a un genio che a sette secoli dalla morte resta inafferrabile. Altrimenti che genio sarebbe? L' avvio del libro è trascinante. Anche perché vi convolano a nozze le due grandi passioni di Alessandro Barbero: il Medioevo e la storia militare.

 

Sabato 11 giugno 1289: le truppe fiorentine muovono verso lo scontro con gli aretini in quella che sarà ricordata come la battaglia di Campaldino. Dante ha 24 anni. È in prima fila. Si getta nella mischia, ma durante il macello - è lui stesso a raccontarlo - viene assalito dalla paura e fugge. Un comportamento che all' epoca non era considerato per forza disonorevole.

lo storico alessandro barbero

 

Valeva già il principio secondo cui "soldato che scappa è buono per un' altra volta"?

«In un certo senso sì. Intendiamoci: anche nel Medioevo si apprezzavano i coraggiosi e si disprezzavano i vigliacchi. Però non si pensava che se sei coraggioso non scappi. Più di tutto contava la competenza, il professionismo di chi durante la battaglia capisce cosa gli sta succedendo intorno.  Parliamo di gente che conosceva bene le guerre, che le faceva davvero. I cavalieri senza macchia e senza paura ce li siamo inventati noi molto più tardi».

dante nella cultura popolare

 

 

 

Dante apparteneva all' élite fiorentina. I suoi antenati si erano arricchiti prestando denaro. Ma anche sulla peccaminosità dell' usura, i medievali avevano opinioni elastiche. Se prestavi a un povero eri uno strozzino. Mentre se prestavi a un ricco movimentavi il capitalismo, facevi crescere il Pil, eri un rispettabile uomo d' affari.

«Gli antenati di Dante prestavano a tutti. Ma all' epoca usuraio è chi vive soltanto di prestiti. Se fa anche altre attività, la faccenda cambia. Tanto sul piano teologico che su quello sociale, il mondo di Dante si interroga sul problema dell' usura cercando sempre un equilibrio, soluzioni pragmatiche».

 

Firenze è la Wall Street del tempo.

«Più che la Wall Street, una città-banca. In Italia in generale e a Firenze in particolare circolava più contante che in qualsiasi altro posto d' Europa. Da sola, Firenze aveva entrate paragonabili a quelle di un regno. Nemmeno il confronto con New York rende l' idea di quale fosse allora la sua potenza economico-finanziaria».

dante incontra beatrice in un dipinto dell inglese henry holiday

 

Finché non la abbandona, a Firenze Dante vive da rentier.

«Sì, campa di rendita. E la sua condizione già rimanda a quella che sarà la drammatica crisi del capitalismo italiano nel Medioevo».

 

Crisi scatenata da cosa?

«Dall' idea che una volta diventati ricchi non si continua più a investire, ma si comprano terre e si fa il signore. Dante appartiene alla generazione di coloro che smettono di lavorare per sedersi sulle rendite».

 

Anche lui chiede soldi in prestito.

«A quei tempi chi ne chiede non è necessariamente in difficoltà economiche. Di solito chi fa grossi debiti è perché può permetterseli. Anche oggi a un povero non si fanno prestiti da cinquecentomila euro».

 

dante alighieri

Benestante, Alighieri può dedicarsi alle cose dell' intelletto. E ai rovelli d' amore. Veniamo a Beatrice: alla fine questi due benedetti ragazzi quante volte si incontrarono?

«Senta, io ne ho contate soltanto due. La prima da bambini: Beatrice ha otto anni, lui quasi nove. La seconda quando Dante è diciottenne e incrociandola per strada sente per la prima volta la sua voce».

 

Poi corre a rinchiudersi nella sua cameretta e comincia una magnifica ossessione.

dante alighieri 1

«Al liceo è capitato a tutti noi di innamorarci di una ragazza che non sapeva nemmeno che esistessimo. La differenza è che da una cosa del genere Dante ha ricavato un' enorme costruzione mentale chiamata Divina Commedia».

 

Ecco, appunto: al liceo ci martellavano con la figura di Beatrice "donna angelicata". Ma lei ricorda che Dante racconta di averla sognata nuda.

«Non mi faccia passare per uno che ha interessi morbosi. Però, sì, è proprio lui a riferirci quel sogno. Non dimentichiamo, tuttavia, che Dante appartiene a una generazione che si interroga infinitamente su cosa sia l' amore. Qualcosa di buono o cattivo? L' amore è visto come una potenza, come un essere mostruoso che può impadronirsi di te, cambiarti la vita, farti impazzire. Ci si chiede: non è che sotto spoglie da amico, l' amore sarà invece un nemico?».

 

dante alighieri 2

Però Dante non resta inchiodato al casto ricordo di Beatrice.

«No, come sappiamo, prende moglie e faranno tre figli. Di loro abbiamo notizie, mentre di lei, Gemma Donati, restano pochissime tracce. In esilio Dante è costretto a separarsi dalla moglie, ma nella sua vita compaiono altre donne, ricordate o presenti. Anche se, certo, in vecchiaia lui si distaccherà sempre di più dalle cose dell' amore».

 

Alighieri piazza all' inferno il suo venerato maestro, e omosessuale, Brunetto Latini. Ma lei spiega come nei confronti dell' omosessualità il Medioevo sia stata un' epoca molto meno buia di tante altre.

DANTE ALIGHIERI

«Nel mondo di Dante l' omosessualità è condannata ma non perseguita come oggi ci si potrebbe immaginare. Dagli studi che hanno approfondito l' argomento non risulta che ci fossero particolari campagne persecutorie.

 

Quando venivano scoperti, gli omosessuali erano tutt' al più multati. L' intolleranza e i roghi arriveranno più tardi, con il Rinascimento, che si dimostrerà molto più duro anche verso gli ebrei.

 

Nella Commedia Dante incontra diversi omosessuali. Non solo all' inferno, ma anche in purgatorio. Se gli omosessuali si sono pentiti mica vanno all' inferno. Se sono persone autorevoli, Dante li tratta con il massimo rispetto».

 

Professore, qual è la più grossa balla che il mito, la vulgata ci hanno raccontato su Dante?

dante alighieri

«Direi l' immagine di un uomo integerrimo, dalla moralità assoluta. Non che fosse un disonesto, ma come quella di tutti noi, anche la sua vita fu piena di compromessi e contraddizioni.

 

Compromessi che a posteriori Dante provvede a lisciare, a spianare, facendo finta che non siano mai esistiti. E se ne autoconvince».

 

Lascia Firenze inseguito anche da accuse di concussione. Fondate o inventate dai suoi avversari?

«La mia idea è che, essendo già abbastanza ricco, Dante non si sia buttato in politica per far soldi. Non credo che abbia rubato. Ma è pur vero che a quei tempi la politica funzionava in modi a noi molto familiari.

 

C' erano anche allora gli amici da favorire, gli appalti e i finanziamenti da assegnare. E quando c' eri dentro, c' eri dentro. Ricordiamoci però che Dante viene a trovarsi in una crisi politica un po' speciale. A Firenze, fino a quel momento, il partito che andava al potere cacciava gli avversari ma senza giudicarli. Invece nel conflitto del Trecento quelli che prendono il potere individuano un certo numero di fuoriusciti contro cui organizzano processi».

statuetta di dante alighieri

 

Sommari?

«Non sono purghe staliniane. Non ci sono confessioni estorte, ma istruttorie e capi d' accusa molto precisi. Se in contumacia vengono rivolte a Dante accuse di malversazione, è perché si pensa che ce ne sia materia, perché si ritiene di poterle vendere come plausibili all' opinione pubblica fiorentina. Per trarne vantaggio, infamare ancora di più gli avversari».

 

Quel trauma politico è l' innesco della Commedia?

«Come sa, su questo esistono molte interpretazioni. Nel libro racconto Dante da storico, non da critico letterario. Però se il suo viaggio inizia "nel mezzo del cammin di nostra vita" è pensabile che Dante lo metta in relazione proprio con quei giorni dell' anno 1300 nei quali ci racconta che fu sul punto di traviarsi, di dannarsi».

 

Ricordandoli, usa la parola "follia". In che senso?

«Non lo sappiamo. Può voler dire che, da moralista, nell' impazzimento della lotta politica, l' umanità gli apparve come un mondo di pazzi criminali. Oppure può significare che in quei momenti aveva rischiato personalmente la pelle. O anche che gli era passata per la testa l' idea del suicidio. Tutte le piste restano aperte».

 

Esiliato, il guelfo Dante cambia idee politiche, fa il trasformista?

libro sotto il busto di dante alighieri

«Parla molto dell' Imperatore come salvezza del mondo, ma non per questo diventa ghibellino. In esilio siede al tavolo coi ghibellini per discutere su come rientrare insieme a Firenze. All' epoca i partiti politici sono schieramenti a geometria variabile, strutture trasversali che tengono insieme interessi diversi. Uno poteva essere guelfo e credere all' Imperatore. Dopotutto in certe fasi gli stessi papi si erano messi d' accordo con gli imperatori!».

 

In vent' anni di esilio, l' orgoglioso Dante subisce suo malgrado una mutazione: da ricco e libero cittadino politicamente impegnato diventa un nomade, un suddito, un postulante, un cortigiano. Grossa pugnalata al suo amor proprio.

«All' inizio vive quell' esperienza con sgomento. Appellarsi alla generosità dei signori faceva parte della sua cultura cavalleresca. Ma lo vediamo scrivere lettere di un' umiltà impressionante per uno che fino a poco prima era dirigente di un libero e potente Comune. Però gli anni dell' esilio sono anche quelli in cui Dante diventa Dante».

 

Una "star" della poesia. Pur in assenza di stampa.

la vita di dante nel corriere dei piccoli nel 1965

«È l' uomo che ha scritto l' Inferno e il Purgatorio e di cui si sa che sta scrivendo il Paradiso. Opere che non vengono stampate, naturalmente, ma pubblicate, copiate, e che circolano facendone una leggenda già in vita».

 

Il Dante esiliato lavora come un matto. Oltre al poema, scrive saggi, trattati, epistole. Un cantiere a cielo aperto. In questo un po' le assomiglia?

«Vuol dire che scrivo troppo? (risata)».

 

Sia mai. Però lei è lo storico più popolare d' Italia. Studia, scrive, insegna, parla in tv, ai festival, sul web. Qual è la cosa che le piace di più?

«Alla fine scrivere. E studiare. Ma per me non sono dimensioni separate.Mentre raccolgo le fonti comincio a scrivere. Le due cose crescono in contemporanea. Quanto alla divulgazione in pubblico, è un lavoro molto bello e gratificante, ma di tipo diverso. Forse dovrei farlo a più piccole dosi».

 

sergio mattarella mostra dante 700 di massimo sestini

Uno studente spagnolo apre il Don Chisciotte di Cervantes e lo capisce. Lo stesso un tedesco col Faust di Goethe o un francese con I Miserabili di Victor Hugo. Invece un ragazzino italiano apre la Divina Commedia e si fa male, molto male.

«Ma I Miserabili sono quasi contemporanei dei Promessi Sposi! E non credo che se oggi un giovane francese aprisse un romanzo medievale di Chrétien de Troyes lo capirebbe subito».

ALESSANDRO BARBERO

 

Ha ragione.

«Ma ha ragione anche lei. Tanti capolavori della nostra letteratura sono molto antichi, hanno bisogno di note, spiegazioni. Non sono libri che leggi per divertimento, che ti porti a letto la sera. Sono pieni di parole con un senso diverso dal nostro. Però non tutte. Prenda il famoso canto Quinto dell' Inferno e il celebre verso "La bocca mi basciò tutto tremante"... Non ci vogliono le note per capirlo».

 

BENIGNI TUTTO DANTE DIVINA COMMEDIA FIRENZE

Operazioni benemerite quali quelle di Vittorio Sermonti o Roberto Benigni hanno fatto molto per avvicinare a Dante il grande pubblico. Però la sua lingua resta un osso duro. A scuola ci faceva dannare. E all' università il dantista ci spaventava solo un po' meno del dentista. Lei che ricordi ha?

«Tutto sommato buoni. Ho ritrovato un numero del Corriere dei Piccoli in cui si raccontava la giornata di un ragazzino di oggi nella Firenze di Dante. La prima copia della Divina Commedia la trovai in casa. L' ho letta tutta ma senza capirci niente».

 

Quando ha iniziato a capirla?

«Al liceo ci facevano leggere una cantica l' anno. Non ne ho ricordi traumatici come lei. Ma la DivinaCommedia penso di aver iniziato a capirla solo adesso».

 

La Commedia consoliderà l' immagine, o il cliché, di un' Italia litigiosa, eternamente lacerata tra poteri, fazioni, campanili. La storia di altri Paesi europei è altrettanto rissosa, ma la loro letteratura non ci restituisce un' identità così divisa...

DANTE E LA LINGUA ITALIANA

«Prenda una fortunata autrice contemporanea di bestseller storici come Hilary Mantel: i suoi romanzi sono ambientati nel '500 intorno alla corte dei Tudor. Si parla di un re, dei suoi ministri. Se invece vuoi fare un romanzo sul '500 italiano devi scegliere tra l' Inquisizione, Roma, Venezia, la Sicilia... Tra gli abitanti delle città inglesi ci saranno pure state rivalità, ma quelle rivalità non sono diventate la Storia d' Inghilterra. Mentre antagonismi, che so, come quelli tra Firenze e Siena hanno fatto la Storia d' Italia. Una Storia fatta di tante storie diverse».

dante 700 un ritratto di dante e i luoghi del poeta di massimo sestini 18

 

Le spoglie di Dante andrebbero riportate qui a Firenze o lasciate lì dove stanno?

«Davanti a questa sua domanda mi permetta di avvalermi della facoltà di non rispondere».

 

È un suo diritto. Ma perché mai?

«Perché ho buoni amici tanto qui come a Ravenna».