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Federica Angeli per “la Repubblica - Roma”
Dal funzionario del ministero dello Sviluppo economico al boss Senese. Dal mondo di sopra al mondo di sotto, passando per quel mondo di mezzo fatto di consiglieri comunali, retaggio della militanza nell' estrema destra. Attorno alla rete di relazioni di Massimo Carminati ruota tutta la 198esima udienza del maxi processo Mafia capitale.
A interrogare ieri il Cecato nell' aula bunker di Rebibbia è il legale di Salvatore Buzzi, Alessandro Diddi, che attraverso le sue domande cerca di allontanare l' accusa che più di tutte brucia agli imputati: l'associazione a delinquere di stampo mafioso. La strategia difensiva punta dunque a separare l'entourage di Carminati da quello di Buzzi, a dimostrare che i due ambienti frequentati da coloro che vengono indicati dall' accusa come i capi dell' organizzazione sono distinti e separati.
E il penalista Diddi può fare questo solo ripercorrendo le relazioni dell'ex Nar. Che, per la terza udienza, non si sottrae alle domande. «Dal settembre 2011 al momento del suo arresto - chiede il difensore del ras delle coop - tra i suoi contatti e Buzzi, ci sono relazioni?». «No». E via con l' elenco di nomi. «Lei ha avuto una relazione con Simona Di Giuseppe, un dirigente del Ministero dello Sviluppo economico è vero?».
«È una donna con cui ho avuto una relazione sì, prima si stare con la mia attuale compagna. Non mi piace che mi venga chiesto della mia vita privata, non voglio che la nomea che c'è sul mio conto possa far finire queste persone, colpevoli di avere avuto un rapporto con me, nelle colonne degli infami». Ancora: il Nero era amico di Marco Perina, «consigliere del XX municipio, mio amico dagli anni '70», fratello dell'ex parlamentare Flavia Perina; e Fabrizio Pollak «sì, mio amico da sempre».
E giù, a scendere, fino ad arrivare a Senese, 'o Pazzo, boss della camorra che gestisce, da anni, il traffico di stupefacenti nel quadrante est della città. «Lo andai a trovare quando fu scarcerato: beh? Che male c'è? Eravamo stati nella stessa cella insieme per 4 anni, appena ho saputo che era uscito di prigione andai a rallegrarmi della cosa». Brugia e Guarnera, i due fedelissimi del mondo di sotto di Carminati «Buzzi non l'ha mai conosciuti: e perché avrebbe dovuto? Erano due mondi che non c'entravano niente l' uno con l'altro».
Così, per tutto l' elenco di nomi di politici e funzionari del comune di Roma, a parte l' amico comune Riccardo Mancini (ex ad di Eur spa nominato da Alemanno): i due mondi di Buzzi e Carminati sono sempre stati distinti e separati. L'interrogatorio termina attorno alle 13.
Ma Carminati, dal carcere di Parma, dove è detenuto al 41 bis, ha ancora qualcosa da dire. Alla presidente del Tribunale, Rossana Ianniello ma anche a chi, da fuori, quel messaggio è in grado di coglierlo e decifrarlo.
«Signor presidente, è una cosa a cui tengo molto. La chiedo di leggere attentamente le dichiarazioni di Grilli». Grilli, lo skipper grande accusatore di Carminati che nel 2012 spiegò, per primo, la holding di Buzzi e Carminai ai pm del pool antimafia Luca Tescaroli, Giuseppe Cascini e Paolo Ielo. «In quel verbale è scritto che a suggerirgli di rivolgersi agli inquirenti è stato l' avvocato Capograssi, lo stesso avvocato di Abbatino», il pentito della banda della Magliana.
«Abbatino mi accusò di molte cose prive di fondamento che nel corso del processo sulla Banda sono crollate una dopo l'altra. Vorrei che lei leggesse tutto attentamente per capire perché Grilli ha detto determinate cose sul mio conto». Massimo Carminati sembra avere già la risposta, ma chiede alla presidente di trovarne. Un messaggio, neanche troppo sibillino, per chi da fuori sa che forse, troppo tranquillo non deve stare.
L'udienza si conclude con il deposito da parte dei legali di Buzzi delle copertine dei libri del magistrato De Cataldo "Romanzo criminale" e del collega di Repubblica Bonini "Suburra", a cui non vengono risparmiati riferimenti al curaro. Ancora una volta sembrano essere i giornalisti il male di un' inchiesta che, tra due mesi, arriverà alla sentenza di primo grado con un' accusa che mai, ad oggi, a Roma ha varcato la soglia dell' Appello e che tanto spaventa i 46 imputati. Quella di mafia. Perché a Roma la mafia non esiste. A parte nei romanzi.
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