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Alessandra Arachi per "il Corriere della Sera"
RAGAZZA FORTEZZA MANIFESTAZIONE FIRENZE
Sono in tante a non ricordare da quanto tempo non succedeva. Da quanto tempo non si prendevano pennarelli, e cartoni, e striscioni, e un pacco di rabbia, e si scendeva in piazza per contestare una sentenza di assoluzione per uno stupro, fatta così. «Così eclatante. Così assurda. Così...». Per Paola Tattini è difficile anche trovare le parole giuste per definirla.
Sara Martini lascia parlare lo striscione: «Io mi vesto come voglio», e non ha bisogno di spiegare che nella sentenza di assoluzione della Fortezza da Basso, la Corte di Appello di Firenze ha contestato persino il colore rosso delle mutandine della ragazza che quella notte denunciò sei coetanei di averla violentata, a turno, dentro una macchina, fino alle quattro del mattino.
Era la notte del 26 luglio del 2008. Dentro la Fortezza da Basso c’era una festa e i fiorentini erano andati lì in cerca di fresco, e di allegria. Anche lei era lì per quello, per un po’ di allegria. Anche loro, probabilmente. Poi tutto è andato oltre. Drammaticamente oltre. Inspiegabilmente oltre.
Adesso non si può più dire che quella notte ci fu un branco di ventenni che stuprò una coetanea. Adesso la Corte d’Appello ha scritto una sentenza di assoluzione che la procura non ha appellato e i sei ragazzi risultano essere innocenti. «Quando ci fu il processo la ragazza venne interrogata per diciannove ore», ricorda Teresa Bruno, presidente dell’associazione Artemisia, storica di Firenze, preziosa anche per l’assistenza data alla ragazza della Fortezza da Basso. E aggiunge: «All’epoca il Comune si costituì parte civile per due motivi: per il decoro della città e per la libertà delle donne. Noi andammo a testimoniare, anche cose intime della ragazza: ma evidentemente non è bastato».
Non sono bastate molte, troppe cose alla Corte di Appello. Non i referti medici, ad esempio, che pure parlavano di graffi, morsi sui seni, arrossamenti nelle parti intime. È difficile persino riportare in queste righe i distinguo sessuali che la Corte ha scritto nella sua sentenza per negare lo stupro. Nemmeno fossimo tornati indietro, ai tempi del codice Rocco. «È una sentenza talmente assurda, bisognerà valutare un ricorso al Csm», dice Marisa Nicchi, deputata toscana di Sel che ieri sera è arrivata nella piazza davanti alla Fortezza da Basso insieme con la sua compagna di partito e di regione, la senatrice Alessia Petraglia.
Mancano pochi minuti alle dieci quando dalla piazza della Fortezza si muove un corteo, un serpentone di gente che al grido «la ragazza della Fortezza siamo noi», sfila via per rivendicare giustizia. Sono tantissime sigle di associazioni femministe, Arcigay, Arcilesbica, Cgil, Sel, ma anche tanti cittadini comuni.
Ce ne sono stati altri di cittadini fiorentini che questa manifestazione avrebbero voluto fermarla. Che hanno scritto al sindaco e a tutta la giunta di Firenze, per rivendicare l’innocenza dei sei ragazzi accusati di stupro. Uno di loro, Lorenzo Lepori, quello che aveva chiamato la ragazza per uscire la sera, ha scritto ad un blog per chiedere di non essere più chiamato il mostro.
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