DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Marco Bardesono per “Libero Quotidiano”
Non ha sentito pianti o stridor di denti, ma Davide Capello ha capito subito che ciò che vedeva davanti ai suoi occhi era l' inferno: «Solo macerie e un silenzio irreale, come se fossi in un altro mondo, come se fosse esplosa una bomba atomica». Eppure il 14 agosto di due mesi fa a Genova, lui si è salvato. Un miracolo, solo fortuna, il destino. Davide Capello non sa trovare una spiegazione: «Percorrevo il Morandi, ma il ponte è caduto giù. Sono stato sbalzato dall' auto e mi sono trovato in bilico proprio sul pilone numero nove». Non ha avuto il tempo di aggrapparsi che si è ritrovato, sbalzato ancora una volta, tra il cemento e il sostegno del pezzo di viadotto che stava crollando sul Polcevera. «In una specie di bolla d' aria che è stata la mia salvezza, perché ha attutito lo schianto».
IL DESTINO?
Un volo di una trentina di metri, «e a terra, quando ho capito d' essere ancora vivo, ho cominciato a scavare con le mani tra i detriti, per procurarmi una via di fuga. Ho scavato con affanno per 5, 6 metri e mi sono trovato fuori. Più del volo e del crollo, ricordo il silenzio sinistro e la desolazione di auto e camion schiacciati, di blocchi di cemento sbriciolati. Si sentiva solo il rumore della pioggia battente».
Per Capello, 35 anni, già portiere del Cagliari, la vita è cambiata «completamente, non per le cose che faccio ogni giorno, ma per il modo di affrontarle e di considerare il tempo. Ogni attimo della vita è prezioso e cerco di assaporarlo a fondo. Ogni relazione umana è importante e ogni persona unica, a cominciare dalla mia fidanzata».
IL MONCONE CROLLATO DEL PONTE MORANDI
Nella caduta Capello non si è fatto un graffio, ma il suo cuore ha subito una ferita ancora non rimarginata: «Non posso fare tutto da solo, c' è chi mi aiuta per uscire dall' incubo». Viene seguito da un punto di vista medico, «ho manifestato problemi, quelli legati al sonno e altri di cui preferisco non parlare». Dorme poco, si sveglia in preda all' incubo di quel ponte che crolla, ma Capello lotta per venirne fuori: «Spero di tornare presto al lavoro».
il ponte di genova e le case sottostanti
La sua professione attuale è quella di vigile del fuoco e, verosimilmente, la preparazione fisica gli ha consentito di salvarsi: «È probabile. Per ora non ho ripreso il mio lavoro, la mia condizione non me lo permette, ma spero di indossare la divisa molto presto». I colleghi «mi vengono a trovare spesso, a volte vado in caserma per salutarli».
Sportivo, laurea in scienze motorie, calciatore per professione e oggi per passione, «dopo aver militato in squadre di diverse categorie, ultima il Legino in Promozione, ho appeso scarpe e guantoni al chiodo, ma quel mondo non l' ho abbandonato». È stato il Genoa ad assoldarlo: «Mi occupo del settore giovanile».
LA CAUSA
il crollo del ponte morandi a genova
Davide si commuove quando pensa ai ragazzini che dopo il crollo del ponte lo hanno circondato per abbracciarlo: «Mi hanno trasmesso una grande forza, e anche i loro genitori. Il rapporto umano è quanto di più prezioso. È una frase che avrei potuto dire anche prima del crollo, ma dopo essere stato miracolato e aver visto attorno a me la morte di tante persone, questa stessa frase la pronuncio non solo con le parole, ma con il cuore». Non c' è dubbio che l' ex calciatore abbia subito danni gravi, con conseguenze che lo accompagneranno a lungo e per questo qualcuno dovrà pagare: «Sì, ho avviato tutte le procedure legali, intanto bisognerà capire chi ha avuto la responsabilità di ciò che è accaduto. Ma ottenere un risarcimento, almeno allo stato dei fatti, è l' ultimo dei miei pensieri».
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