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IL DUPLICE OMICIDIO DI ROMA SQUARCIA IL VELO SUGLI AFFARI DELLA MALA CINESE IN ITALIA – DA ANNI È IN CORSO UNA GUERRA TRA CLAN PER IL CONTROLLO DEL DISTRETTO INDUSTRIALE DELL’ABBIGLIAMENTO CHE HA IL SUO CUORE A PRATO – UN BUSINESS ILLEGALE CHE VALE ALMENO 5 MILIARDI DI EURO L’ANNO, CON MANOVALANZA IN NERO IMPORTATA DALLA CINA O DAL PAKISTAN – ZHANG DAYONG, FREDDATO INSIEME ALLA COMPAGNA, ERA LEGATO AL BOSS NAIZHONG ZHANG, DETTO “IL NERO”, SOTTO PROCESSO A FIRENZE PER ASSOCIAZIONE DI TIPO MAFIOSO – IL PROCURATORE DI PRATO, LUCA TESCAROLI: “QUESTI GRUPPI CRIMINALI HANNO RAPPORTI CON I SODALIZI MAFIOSI TRADIZIONALI”

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Estratto dell’articolo di Brunella Giovara per “la Repubblica”

 

OMICIDIO DI DUE CINESI IN VIA PRENESTINA A ROMA

[...] una guerra mafiosa [...] si sta combattendo in tutta Italia, ma non solo, cinesi contro cinesi, ma non solo. E ce ne siamo fregati per anni, ritenendola una faccenda tribale, regolamenti di conti, ma tra loro. Non è palermitani contro corleonesi, ma quasi, non ancora. Due clan che si contendono il controllo del distretto industriale più forte, nel grande business dell’abbigliamento e della logistica che ha il suo cuore nero in Toscana, a Prato.

 

E la si è battezzata “guerra delle grucce”, che sono gli appendiabiti per i vestiti sfornati dalle aziende del prontomoda di basso livello. Solo questo, un affare gigante. Dai 4 centesimi che costavano, sono saliti a trenta, nella prova di forza di chi controlla il mercato e impone il suo prezzo alle fabbriche di pantaloni, capispalla, camicie, confezionati a migliaia con tessuti importati dalla Cina, venduti ai grossisti a uno/due euro al pezzo, per finire nei negozi e mercati d’Europa, con vaghi richiami alla moda corrente. Oppure, fabbriche di falsi Gucci, Vuitton, Chanel (il dramma delle grandi maison).

 

MAFIA CINESE

Quasi tutti cinesi, quasi tutti evasori. Cinque miliardi di euro di mancato gettito l’anno, per capire il livello. Costo del lavoro, quasi zero. Manovalanza importata dalla Cina, dal Pakistan. Schiavi. Ogni tanto un blitz ne rivela la sopravvivenza in certi stabulari, le cucce accanto alle macchine, i secchi per i bisogni. [...]

 

In questo contesto, lunedì sono stati uccisi due cittadini cinesi, a Roma. Giustiziati, colpiti alla testa, il sicario li voleva proprio ammazzare (e forse c’era un complice in strada, ed erano incappucciati per sfuggire alle telecamere). Un commando, chi studia i combattimenti tra clan non si stupisce.

 

ZHANG NAIZHONG

Luca Tescaroli, procuratore di Prato, ha affrontato di petto il tema mafia cinese. Ha chiesto persino una procura distrettuale antimafia specifica, a Prato, non bastando l’apporto di Firenze. Significa che questo è un mondo a sé, e ormai oltre, se lamenta che non si riconosce il fenomeno, se dice che «questi gruppi criminali riescono a mantenere rapporti con i sodalizi mafiosi tradizionali», la ‘ndrangheta, i siciliani, gli albanesi. «Modelli criminali che interagiscono», perché gli affari sono affari, e la scala non è solo nazionale.

 

«È un problema sistemico, e su più fronti. Non solo le grucce, ma la produzione di abbigliamento (che avviene qui e quindi è etichettabile come Made in Italy). Lo stoccaggio, la logistica», spiega Giovanni Santi, della Camera del lavoro di Prato. «E i colletti bianchi, i consulenti del lavoro, i commercialisti, i notai che collaborano al sistema», in un universo illegale che riguarda circa 4400 aziende. Gli enormi guadagni, «investiti nell’alberghiero e nella ristorazione».

 

MAFIA CINESE

Il sindacato può poco, «cerchiamo di tutelare i lavoratori» ma è molto difficile entrare in quelle fabbriche. Servono altri mezzi, ha detto Tescaroli. I pentiti, una delle chiavi per entrare in altri mondi criminali chiusi, come il terrorismo dei Settanta, e Cosa Nostra. Non ci sono, non ancora, ed è anche difficile trovare gli interpreti.

 

Ma qualcosa si muove, non fosse che per la tutela del proprio business, e qui si torna all’esecuzione di Roma. Il morto Zhang Dayong era uomo di Naizhong Zhang, detto “il Nero”, insieme imputati nel processo China Truk. Inchiesta del 2018, 33 arresti, 21 indagati, che ha scoperto il giro grosso: le società del “Nero” controllano tutte le merci che arrivano dalla Cina, in Italia e in Europa.

 

OMICIDIO DI DUE CINESI IN VIA PRENESTINA A ROMA

E lo scorso 3 marzo il figlio del “Nero” si è presentato in Procura, a denunciare gli attacchi subiti dalle sue aziende, i pacchi esplosivi che hanno distrutto una sede a Madrid, quella di Parigi, e Campi Bisenzio. I carichi bruciati, i dipendenti picchiati. E andando indietro negli anni, altri episodi, sempre riconducibili al clan nemico, che vuole il controllo, i soldi, il potere.

 

Ma basta guardare a cosa succede a Prato, dalle parti del Macrolotto e a Chinatown, nella comunità più grande d’Italia (20 mila, ufficiali), se negli ultimi dieci mesi ci sono stati tredici tra raid e tentati omicidi, squadre di “soldati” armati di coltelli, pistole, manganelli telescopici, a sfidarsi e quasi ammazzarsi. [...]

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