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1. LE PAROLE DEL BOSS
Stralci delle risposte date da El Chapo a Sean Penn nell' intervista per la rivista «Rolling Stone pubblicati da il “Corriere della Sera”
Gli inizi
I miei ricordi vanno dai sei anni in su. La mia era una famiglia molto umile, e molto povera. Mia madre faceva il pane in casa, per mandarci avanti, e io lo vendevo. Vendevo anche arance, bibite e dolci. Mia madre era una gran lavoratrice. Coltivavamo mais e fagioli.
Io badavo al bestiame di mia nonna e tagliavo la legna. Tutto è cominciato quando avevo quindici anni. Io vengo dalla municipalità di Badiraguato, e sono cresciuto in un paesino chiamato «La Tuna»: in quell' area, allora come oggi, non ci sono opportunità di lavoro. L' unico modo per procurarsi denaro per comprare da mangiare e sopravvivere è coltivare papavero, marijuana, e io ho cominciato a farlo proprio a quell' età. Coltivavo e vendevo. Ecco tutto.
La prima volta che ho lasciato «La Tuna» avevo diciotto anni. Sono andato a Culiacán, e poi a Guadalajara, ma sono sempre tornato al mio paese - e continuo a farlo anche adesso, perché mia madre, grazie a Dio, è ancora viva, e sta sempre lì.
joaquin archivaldo guzman loera, el chapo
Ora mi sento felice, perché la libertà è davvero una bella cosa. Certo, la pressione c' è, ma per me è normale: da anni ormai sono abituato a fare attenzione in alcune città. E non c' è nulla che mi faccia stare male, né fisicamente né mentalmente. Sto bene.
La droga
Sì, è vero che la droga distrugge. Purtroppo, dove sono cresciuto io non c' era - e non c' è tuttora - altra strada per sopravvivere. Non sono io la causa del narcotraffico. Quando io non ci sarò più il consumo di droga non diminuirà minimamente.
Per quanto mi risulta, il mio giro d'affari con la droga è rimasto sempre uguale. La violenza dipende dal fatto che spesso chi fa parte del giro ha problemi alle spalle. Poi c' è l' invidia, e a volte arrivano informazioni compromettenti.
Se mi considero una persona violenta? No. Io non faccio altro che difendermi, nulla di più. Non sono mai io ad accendere lo scontro. Il narcotraffico fa parte di una cultura ancestrale. E non solo in Messico.
Nel mondo intero.
Nel business della droga rispetto a quando ho iniziato c' è stato un grande cambiamento.
Oggi ci sono tanti tipi di droga, mentre allora conoscevamo solo la marijuana e il papavero da oppio. Il business non scomparirà, perché col passare del tempo il numero di persone aumenta. Quest'attività non morirà mai. Molti anni fa ho provato droghe, questo sì.
Ma non ne sono mai diventato dipendente. Non ho mai consumato droga negli ultimi vent' anni.
La fine
So che un giorno dovrò morire. Spero sia per cause naturali. Non sono un sognatore.
Voglio vivere con la mia famiglia fino a quando Dio me lo concederà.
Se avessi la possibilità di cambiare il mondo? Per me va bene così com' è. Sono felice.
È normale che la gente abbia sentimenti contrastanti su di me, perché alcuni mi conoscono e altri no. Chi non mi conosce non può sapere, in queste circostanze, se io sia una persona per bene o meno.
Sono una persona che non va in nessun modo a caccia di problemi. In nessun modo.
(Traduzione di Enrico Del Sero)
2. L’AMIGO TRUMP. QUEL DUELLO A DISTANZA
Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
il killer con lo stemma del chapo guzman
Nei pensieri di El Chapo, il boss della droga messicana, c' è un posto speciale per Donald Trump. «Mi amigo», il mio amico, l'ha definito in una battuta raccolta dall' attore Sean Penn nell' intervista a Rolling Stone . Nel luglio scorso il miliardario newyorkese aveva puntato i migranti messicani, definendoli «trafficanti di droga e stupratori». L' uscita di Trump, una delle più violente, suscitò una grande polemica negli Usa e reazioni sdegnate da parte delle autorità messicane.
Evidentemente anche El Chapo prendeva appunti. Anzi, stando alle indiscrezioni filtrate ieri sui giornali, avrebbe addirittura messo una taglia su Trump: 100 milioni di dollari. La cosa grottesca è che ora lo scambio incrociato di insulti e minacce Chapo-Trump sia diventato un tema di dibattito pubblico. Il candidato repubblicano potrà agevolmente calarsi nei panni del politico coraggioso, l' unico veramente temuto dal capo clan messicano.
i marines messicani arrestano il chapo nel 2014
Ecco, ci mancava solo questo strampalato duello a distanza tra il «grande criminale» e il «grande outsider». Due personaggi che hanno in comune almeno una cosa: la megalomania, la convinzione di poter fare e disfare il mondo.
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