
DAGOREPORT – IL GOVERNO RECAPITA UN BEL MESSAGGIO A UNICREDIT: LA VALUTAZIONE DELL’INSOSTENIBILE…
Claudia Arletti per “Il Venerdì - la Repubblica”
Il sospetto è un’onda maligna, un Poltergeist capriccioso che si propaga attraverso la tv: «Scoppia Wikileaks? Tutti temono di essere intercettati. Si parla di Snowden e di fughe di notizie? Vai con i controlli delle email. Siamo un Paese di paranoici».
Parola di Elio Petroni, romano de roma che i genitori avevano destinato a rincattucciarsi in banca, e invece ha azzardato un’altra vita, per cui alla fine di quest’estate 2016 si ritrova su una spiaggia del Circeo a contemplare placido, in infradito e abbronzatura di rispetto, una carriera eretta sulle debolezze e le bassezze altrui, cioè trent’anni di indagini ripartite equamente fra coppie al punto di non ritorno, ragazzi in fuga o in mezzo ai guai, professionisti con l’ossessione della segretezza e vip con quella della sicurezza.
Che cosa fa davvero un investigatore privato oggi?
«Intanto detesta il cliché dell’investigatore malinconico o violento, tutto whisky e pistola fumante, così come l’hanno ricamato i film americani. Ma anche il cinema italiano non calza: da Alberto Sordi all’ultimo Verdone ci fa passare per poveracci, gente male in arnese che fa sempre il doppio gioco».
Siete un mondo misterioso che, in generale, non gode di grande stima.
«Invece ci sono anche persone molto serie. Io lavoro venti ore al giorno. Ho una decina di collaboratori sempre pronti. E prima di cominciare, ho fatto il poliziotto per sei anni. È un mestiere di grande responsabilità».
Trent’anni fa, quanto pesava il cosiddetto «controllo giovani»?
«Pochissimo. Allora andava forte soprattutto l’infedeltà coniugale».
Il suo primo incarico?
«Il caso di una signora che aveva dei sospetti sul marito, un tale che era pazzo per le auto, un patito della velocità, impossibile da pedinare. Lo raggiungo con la mia macchina e lo sfido a correre. Ho i capelli lunghi, l’orecchino. Lui ci casca e così, guidando come disgraziati, andiamo da Pomezia e Torvaianica, dove finalmente ci fermiamo. Si complimenta per come guido, ricambio... Mi invita a uscire con due ragazze. Una è la “fidanzata”. Nell’euforia ci scattiamo una foto. Che l’indomani consegno alla moglie: ci ritrae tutti e quattro abbracciati sulla spiaggia, belli come il sole».
Una commedia all’italiana. E oggi?
«Quando ho iniziato, venivano da me i gelosi. Oggi in Italia prevalgono i tecnici».
Tecnici.
«Ragionieri del rapporto. Freddi. Lucidi. Arrivano con l’avvocato. Le donne sanno che, se raccolgono le prove di infedeltà, in tribunale otterranno 4 invece che 2. Viceversa, se l’addebito di responsabilità finisce in capo alla moglie, il marito non paga gli alimenti. Lo ha detto la Cassazione, e per noi è stato un grande riconoscimento».
Caspita, nessuno che si rivolga a voi per amore?
«Ricordo una cliente davvero innamorata, che davanti ai tradimenti del marito riuscì a dire solo: “oggi la mia vita è finita”. Ma succede di rado».
E gli uomini?
«Fanno pazzie. Non sono cambiati. A volte sembrano plagiati. Come il ricco signore che ha comprato una casa da due milioni di euro - dico due milioni - a una ballerina della tv e quella, uscita dal notaio, è andata via senza neanche dirgli grazie. Per onestà invito il cliente a lasciare perdere: tanto non riavrà mai la casa e in compenso si caricherà di altri guai».
Vengono in mente le olgettine di Silvio Berlusconi.
«Lui voleva l’harem, è un caso a parte».
Oggi si tradisce più che in passato?
«Ma si ha anche più paura. Molti non ritirano la relazione con i risultati. Soprattutto le donne. Pagano, ma all’ultimo non vogliono sapere. Scelgono di restare nel dubbio per potere andare avanti».
Non ci sono più i valori di una volta.
«Non sa i danni che fanno le relazioni costruite su incontri di due ore in albergo o nelle garçonnière, magari dopo avere lasciato i figli a scuola. Io le chiamo “pseudocoppie”. Pericolosissime, perché vivono un malinteso. Se malauguratamente tentano la convivenza, saltano subito».
Amore zero.
«Forse nel 3 per cento dei casi».
La convocano spesso in tribunale?
«No. Le nostre testimonianze in aula possono essere un boomerang: un conto è una relazione scritta, infilata tra altri documenti, un altro è il racconto dalla viva voce. Quanto al penale, dal 1990 possiamo fare da consulenti tecnici della difesa, ma questa figura non è mai decollata perché abbiamo troppe limitazioni, certo non possiamo agire come la polizia. Nel penale ho fatto solo sei indagini, ogni volta premettendo al cliente che avevo quasi le mani legate».
Con internet avete un’arma pazzesca.
«Ovviamente ha cambiato il nostro lavoro. Prima ci si appostava molto di più, ti facevi amico il portiere, i vicini. Ora vai su Google. Non c’è tutto, ma ti fai un’idea. Anche la polizia usa Instagram. Facebook ha molti iscritti sopra i quarant’anni: sanno caricare una foto ma sono incapaci di cancellarla. Sprovveduti».
Quante indagini sull’infedeltà avrà svolto nel corso della sua carriera?
«Tante, centinaia. Ci sono anche i clienti seriali, sa? Più uomini che donne. Perdonano un tradimento, ma sono rosi dal sospetto e dopo tre mesi tornano, chiedono un’altra indagine. Alla terza volta suggerisco lo psicologo. Il sospetto è terribile. Sullo sfondo c’è un modo sbagliato di condurre la relazione, si pensa che il partner sia una proprietà. E così c’è chi mi chiede cose impossibili e stupide, come mandare una ragazza a stuzzicare il marito, o viceversa. O mettere le microspie al partner, che in Italia è illegale».
Qualcuno le userà.
«Una volta. Oggi non credo che tra noi investigatori privati lo faccia qualcuno».
Come fa a saperlo?
«Primo, si rischiano fino a cinque anni di carcere. Secondo, il mercato di internet lo ha reso inutile: si trova tutto, e fare acquisti è legale. Vuole una microspia? Con 500 euro, o anche 200, la compra. Ma non venga a chiedere a me di usarla».
Certo che per voi sarebbe più facile.
«Non possiamo neanche leggere i messaggi di WhatsApp. Però ci si arrangia. Con il decreto Maroni, firmato al tempo in cui era ministro dell’Interno, possiamo usare le localizzazioni satellitari».
A proposito di Berlusconi, fece furore la microspia trovata nel suo ufficio.
«Il Tg5 mi chiese un parere. Dissi che era obsoleta. Figuriamoci, funzionava a radiofrequenze. L’entourage di Berlusconi mi contattò, erano scontenti. Ma che potevo farci se era un ferrovecchio».
INVESTIGATORE PRIVATO MICROSPIE 3
Niente la stupisce più.
«Mi porto a casa le storie dei giovani. Ricordo una mamma disperata per la figlia adolescente. Era povera gente, mi offrì 200 euro. Le dissi “lasci perdere, faccio una verifica”. Si drogava».
Come si fa a dire la verità ai genitori?
«Dipende. Ci sono quelli che scoprono di avere un figlio gay e danno i numeri. Mi è capitato un padre che era un macho tremendo: “Com’è che è venuto fuori gay? Perché proprio a me?”. Ci andai giù pesante: “Lo preferiva drogato?”».
Come si aggiorna?
«Ci sono corsi, conferenze. A Miami, al meeting sulla cyber-security, ho appena visto un orologio con una telecamera audiovideo incastonata nella vite delle lancette. Muovi il polso e sul monitor appare tutto. Se penso al mio primo cellulare... Anno 1989, era il Nec numero 2350 acquistato in Italia. Costava tre milioni di lire e sembrava un citofono».
INVESTIGATORE PRIVATO MICROSPIE 2
Se avete le mani legate, tanta tecnologia come si usa?
«Ad esempio per le bonifiche ambientali. Una compagnia petrolifera che decida di fare oscillare il prezzo di 10 centesimi non può permettersi fughe di notizie. Nei cda tutti entrano controllati con gli scanner. Poi ci sono i professionisti che temono di essere intercettati, magari sospettano dei soci, dei partner commerciali. I paranoici però prima non esistevano. Gente che va in crisi quando esplode qualche scandalo, come Wikileaks o il caso Snowden. In quei giorni le richieste aumentano di parecchio. Vanno forte i controlli sulle email: le spiano attraverso i virus informatici. Dobbiamo aggiornarci in continuazione».
INVESTIGATORE PRIVATO MICROSPIE
E il servizio di body guard è cambiato?
«Ma in Italia non è mai esistito davvero. Quando la tv mostra le guardie del corpo, con abiti neri e occhiali scuri, è quasi tutta scena. Totti lo devi proteggere dai selfie, da chi vuole baciargli le mani come se fosse il Papa: più che la sicurezza, devi garantire la privacy».
A proposito di fedeltà, cosa dice ai suoi ragazzi?
«Una figlia si è sposata proprio ora. Con il primo amore. L’ho messa in guardia, i giovani devono fare esperienza».
E cosa le ha risposto?
«Papà, sei uno jettatore».
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