mario draghi - consiglio europeo in video conferenza

FIALE DI FIELE – AL CONSIGLIO EUROPEO DRAGHI HA PUNTATO SULLA LINEA DURA CONTRO BIG PHARMA CHIEDENDO DI “NON SCUSARE” LE CASE FARMACEUTICHE E DI BLOCCARE L’EXPORT DELLE FIALE VERSO I PAESI EXTRA-EUROPEI. IL PROBLEMA È CHE L’INDUSTRIA FARMACEUTICA È TROPPO DIPENDENTE DALL’IMPORTAZIONE DI MATERIE PRIME E SI RISCHIA DI METTERE IN PERICOLO LA CATENA DI APPROVVIGIONAMENTO

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MARIO DRAGHI

Marco Bresolin per “la Stampa”

 

I leader europei vogliono far sentire il loro fiato sul collo delle case farmaceutiche che non stanno rispettando le consegne dei vaccini. Ma le armi a disposizione dell' Ue sono spuntate.

 

Perché da un lato minaccia di bloccare l' export delle fiale destinate ai Paesi extra-europei - come chiesto anche dal premier Mario Draghi - dall' altro però ammette che l' industria farmaceutica è troppo dipendente dall' import di materie prime. E quindi - come ha spiegato Charles Michel - «bisogna evitare di mettere in pericolo la catena di approvvigionamento».

 

MARIO DRAGHI - CONSIGLIO EUROPEO IN VIDEO CONFERENZA

Bloccare l' export, insomma, mette a rischio l' import. Grande cautela anche sulla possibilità di imporre la cessione dei brevetti: prevale la linea della «volontarietà». Si apre invece qualche spiraglio sul certificato vaccinale, chiesto dai Paesi del Sud a vocazione turistica: la strada per trasformarlo in un passaporto per viaggiare liberamente è ancora lunga, «serviranno almeno tre mesi», ma ieri un piccolo passo in avanti c' è stato.

 

Pascal Soriot

Il formato del summit non ha certo permesso ai 27 di negoziare sui punti in discussione. La videoconferenza si è conclusa - come atteso - con un documento piuttosto interlocutorio che prende atto dei problemi e invita ad «accelerare l' autorizzazione, la produzione e la distribuzione dei vaccini, oltre che le vaccinazioni».

vaccino astrazeneca 1

 

I leader hanno ribadito che «le aziende devono garantire la prevedibilità della loro produzione dei vaccini e rispettare i termini di consegna contrattuali». Cosa che al momento AstraZeneca non sta facendo.

 

Proprio ieri l' amministratore delegato della società anglo-svedese, Pascal Soriot, è intervenuto in audizione all' Europarlamento. Ha promesso che entro fine marzo saranno consegnate 40 milioni di dosi (che negli accordi iniziali erano 120 milioni, poi ridotti a 80 milioni) e ha assicurato che l' azienda «farà il possibile» per rispettare le consegne nel secondo trimestre (anche se al momento è in grado di garantire soltanto 90 milioni di dosi rispetto ai 180 milioni pattuiti).

 

MARIO DRAGHI - CONSIGLIO EUROPEO IN VIDEO CONFERENZA

Per tamponare i buchi, AstraZeneca potrebbe distribuire sul mercato europeo i vaccini prodotti nei suoi stabilimenti in India e negli Stati Uniti. Ma per farlo serve una speciale autorizzazione dell' Ema, che dovrebbe prima andare a ispezionare gli impianti per certificarne la conformità con gli standard europei.

 

Soriot ha smentito l' esistenza di un mercato parallelo dei vaccini («Noi vendiamo soltanto ai governi») avvalorando l' ipotesi che i presunti mediatori che contattano governi e regioni siano in realtà dei truffatori.

IL CONTRATTO UE - ASTRAZENECA

 

Incalzato dagli eurodeputati, Pascal Soriot ha parlato anche della cessione obbligatoria dei brevetti. Che a suo avviso è «inutile senza il know-how». E ha fatto spallucce di fronte all' ipotesi di un bando dell' export, visto che «gran parte della nostra produzione nell' Ue è destinata al mercato Ue».

In effetti anche Ursula von der Leyen ha sottolineato che «il 95% dell' export riguarda vaccini di Pfizer/BioNtech e il resto principalmente quelli di Moderna, due aziende che stanno rispettando i contratti».

 

ursula von der leyen

Il blocco si rivelerebbe quindi inefficace e, a detta di Pfizer, «molto dannoso» per via delle ripercussioni sulla catena di approvvigionamento.

 

Si consolida invece il consenso attorno alla proposta di creare un certificato vaccinale elettronico: anche Angela Merkel è parsa aperturista, pur precisando che ci vorranno almeno tre mesi. Ma per far sì che questo documento diventi un vero e proprio passaporto per viaggiare senza restrizioni bisognerà vincere le resistenze dei governi ancora scettici.

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