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FOGNA ITALIA – LA COMMISSIONE EUROPEA DEFERISCE L’ITALIA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA UE PERCHÉ NON RISPETTA LE NORME SUGLI SCARICHI: DA 21 ANNI NIENTE È STATO FATTO PER AMMODERNARE I SISTEMI DI TRATTAMENTO DELLE ACQUE – 789 COMUNI HANNO SCARICHI ILLEGALI – CONSOLIAMOCI: A PROPOSITO DI CHIAVICHE, PARIGI È SOMMERSA DALLA SPAZZATURA, E IL GIORNALE “MARIANNE” DÀ LA COLPA ALLA SINDACA “RIVE GAUCHE” ANNE HIDALGO
1 – L’ITALIA, FOGNA A CIELO APERTO. SCARICHI ILLEGALI IN 789 COMUNI
Tiziana Lapelosa per “Libero Quotidiano”
Le bollette dell' acqua arrivano puntuali come un orologio svizzero e sono sempre più care. I servizi che un invece un cittadino onesto si aspetterebbe dopo aver saldato il conto sono sempre più scadenti. Una "chiàvica" verrebbe da dire, che vuol dire fogna, nel senso più spregiativo del termine, per la cui manutenzione e pulizia viene destinata una parte di bolletta. Ecco, ora a dirci che le nostre fogne sono una chiàvica è la Commissione europea, che ha deciso di deferire l' Italia alla Corte di Giustizia dell' Ue perché incapace di rispettare la direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, ovvero le acque di scarico.
In pratica, delle acque che finiscono nelle fogne non ce ne frega niente e ancor più della loro depurazione. Difficile anche dare la colpa ai governi di centrodestra, centrosinistra e tecnici: è infatti da 21 anni, e quindi non da ieri, che i signori che decidono cosa debbano fare i singoli stati europei ci dicono di sistemare le fogne.
VENTUNO ANNI
Entro il 1998 l' Italia, per esempio, avrebbe dovuto procedere a "trattare" meglio le acque delle aree considerate più sensibili, entro il 2005 avrebbe dovuto predisporre reti fognarie adeguate e relativi sistemi di trattamento delle acque.
Nulla, o poco, è stato fatto al punto che già nel 2014 c' è stata una prima procedura di infrazione contro il Belpaese anche se in totale ce ne sono quattro pendenti. Che non sono servite a nulla se ancora oggi il 10% dei comuni italiani (789) non è in regola, da Nord a Sud (18 in Abruzzo, 40 in Basilicata, 129 in Calabria, 108 in Campania, 7 in Friuli-Venezia Giulia, 4 nel Lazio, 6 in Liguria, 119 in Lombardia, 46 nelle Marche, 1 in Piemonte, 27 in Puglia, 41 in Sardegna, 176 in Sicilia, 34 in Toscana, uno nella Provincia di Trento, 5 in Umbria, uno in Valle d' Aosta e 26 in Veneto), insieme ad una vasta area "sensibile" al Nord che raggruppa quattro regioni.
E spaventa sapere che non in regola sono città come Napoli, Firenze, Bari, Pisa e Roma. Gli effetti più visibili si avvertono quando due gocce in più di pioggia fanno esplodere i tombini. Nella Capitale succede spesso in barba all' infallibile sistema fognario messo appunto dagli Antichi Romani.
ATTO SCONTATO
Per Legambiente il deferimento «è la conferma di quanto poco il nostro Paese abbia fatto in questi anni. È urgente intervenire», osserva Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente. Dalla Lombardia, invece, l' assessore al Territorio e Protezione Civile Pietro Foroni spiega che sono stati da poco stanziati 11 milioni di euro «per realizzare 15 interventi su 8 province lombarde proprio per rispondere alla sempre più pressante richiesta di miglioramento della qualità delle acque da parte dei cittadini lombardi». Si tratta di fondi per sistemare reti fognarie e realizzare impianti di depurazione per la rete idrica.
Tralasciando il rimbalzo di responsabilità politica che una notizia del genere comporta - proprio perché è da 21 anni che si fa poco c nulla - c' è un commissario che si chiama Enrico Rolle che ha già il compito di "dialogare" con i Comuni in difetto. Ora, con questa nuova tirata d' orecchie, le sue competenze si allargheranno con la speranza di non dover ulteriormente mettere mano al portafogli.
DA GIÙ A SU
Ma, se sotto i nostri piedi tutto sembra essere una chiàvica, ad altezza occhi non è che le cose vadano meglio. Sempre la solita Commissione europea, infatti, ha deferito l' Italia alla Corte di Giustizia dell' Ue anche per il troppo smog.
Nell' aria c' è troppo biossido di azoto e, nemmeno in questo caso la direttiva è stata rispettata. Prevedeva di non superare un limite annuale di 40 microgrammi per metro cubo e un limite orario di 200 microgrammi per metro cubo da non superare per più di 18 giorni l' anno. Tra le città dove si respira peggio spiccano Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Genova, Firenze, Roma, Campobasso, Catania.
Gongola il sindaco di Milano Beppe Sala, che coglie l' occasione per difendere la "sua" Area B - la più grande area a traffico limitato - rimandando al governo le critiche ricevute da quanti gli hanno fatto notare che le caldaie inquinano più delle auto. Il cambio delle caldaie «è una priorità ma dovrebbe finanziarlo il governo». Consola, si fa per dire, il fatto che sulla cattiva qualità dell' aria a farci compagnia ci sono anche Francia, Germania, Regno Unito, Romania e Ungheria.
2 – E PARIGI È DIVENTATA UNA DISCARICA
Mauro Zanon per “Libero Quotidiano”
parigi sommersa dalla spazzatura 4
Ma Parigi è ancora la "Ville Lumière" tanto desiderata dai turisti di tutto il mondo? È ancora la capitale dei sogni, del romanticismo e della festa permanente di cui parla Ernest Hemingway nel suo celebre "A Moveable Feast"? Sfogliando l' ultimo numero del settimanale Marianne, si fa fatica a credere ancora a questa nomea che ha reso la capitale francese la città più visitata al mondo.
Perché oltre la Parigi da cartolina, oltre la Tour Eiffel, oltre il Triangolo d' oro che racchiude gli Champs-Elysées e le avenue delle grandi boutique di lusso, c' è un' altra città molto più cupa, trasandata, devastata dal degrado, dalla sporcizia, dai topi, dai mercati illegali, dai campi profughi a cielo aperto, dalla prostituzione dilagante e dai traffici di droga in continua espansione. «Paris ville-poubelle», Parigi città-spazzatura, titola Marianne, dedicando un lungo reportage a quella Parigi che il governo preferisce tenere nascosta e la sindaca socialista, Anne Hidalgo, fa finta di non vedere.
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«Parigi non è né Calcutta, né Phnom Phen, né Kinshasa. Ma constatiamo che la capitale di una delle prime potenze mondiali è confrontata a problematiche che credevamo riservate ai Paesi in via di sviluppo», scrive il vicedirettore Gérald Andrieu in un severo editoriale. E ancora: «Ci vivono dei bambini che hanno trovato come solo rifugio un parco e della colla da sniffare per fuggire dal mondo per alcuni istanti. Non a Bucarest, a Parigi.
Ci sono dei luoghi che fanno pensare alle scenografie dei film post-apocalittici, come la "collina del crack", dove si incrociano ombre di uomini che svaniscono sempre di più ogni volta che fumano la pipa. Ma non succede al cinema, succede a Parigi».
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La "collina del crack" di cui parla Andrieu si trova a poche centinaia di metri dall' altra collina, quella da film, Montmartre, dove i turisti si assiepano per scattare foto ricordo. Nella collina che l' esecutivo non vuole vedere, vicino a porte de la Chapelle, nel Diciottesimo arrondissement, ogni giorno un centinaio di tossici viene a comprare la propria dose di crack, prima di tornare ad errare come degli zombie per le strade degradate della periferia parigina.
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La collina si trova a pochi passi dalla Goutte-d' or, uno dei quartieri più malfamati di Parigi, soprannominato «il quartiere dei bambini smarriti», perché è lì che gruppi di minorenni marocchini vanno a cercare la loro colla da sniffare, vivono di piccoli e grandi furti e terrorizzano i passanti. La situazione per gli abitanti della Goutte-d' or è diventata insostenibile, soprattutto quando il centro per tossicodipendenti dell' ospedale Lariboisière chiude le sue porte.
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«Ci sono scontri molto violenti tra tossici e spacciatori quando il centro chiude. Ogni settimana, c' è una grande rissa», ha raccontato un residente della zona a Marianne, specificando che le strade e i parchetti sono pieni di siringhe e deiezioni umane, e il comune socialista è inesistente.
Ma Parigi è anche la città dove scorrazzano 6 milioni di topi, il triplo degli abitanti, e dove 7.500 netturbini non riescono a far fronte a tutta l' immondizia prodotta dai parigini, al punto che alcuni giapponesi innamorati della capitale hanno fondato un' associazione, Green Bird Paris, per dare una mano. «Una missione quasi umanitaria», scrive Marianne.
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Il settimanale spiega anche che la tubercolosi, a Parigi, non è una «malattia del passato». Nel 2016, sono stati registrati 372 casi, + 15% rispetto all' anno precedente. Nel 2017, sono saliti a 403, con picchi nell' est parigino, dove la concentrazione di migranti è più forte. Altro che Ville Lumière. Parigi, come denunciato da Patricia, cittadina franco-americana che abita a est della capitale, «è un inferno».
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