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1. BARBA PIÙ LUNGA: NON È STATO UCCISO SUBITO
G. O. per il "Corriere della Sera"
Prima i video di Osama, poi quelli di Al Zarqawi, ora tocca ai successori, ancora più crudeli, allineati sulle posizioni del Califfo. Le esecuzioni compiute dall’Isis diventano fonte di indagine per scoprire gli assassini. E si mettono a confronto le immagini delle uccisioni dei giornalisti James Foley e Steven Sotloff.
Il boia
Gli esperti ritengono che sia lo stesso per entrambi gli episodi. Lo hanno riconosciuto anche se i terroristi hanno cercato di modificarne la voce dall’accento inglese. Si tratterebbe del militante cresciuto nella zona di Londra, magari d’origine mediorientale o asiatica. All’inizio si è parlato di un rapper passato nelle file della Jihad, è girato anche un nome. Ora si è meno sicuri di questa pista.
I tempi
Nel primo video, quello con Foley, Sotloff appare rasato. Nel secondo ha un inizio di barba, i capelli sono cresciuti. Dunque le esecuzioni — malgrado supposizioni sostenessero il contrario — sarebbero avvenute in momenti diversi. Del resto il killer si riferisce a recenti raid aerei Usa, seguenti alla decapitazione di Foley. Per ora nessuno si sbilancia nell’indicare una data precisa e nega comunque che ci sia un legame diretto con i bombardamenti. Quella è una scusa a fini propagandistici.
Il luogo
Può trovarsi nella stessa zona della prima esecuzione, ma in un punto differente. I terroristi, questa volta, hanno evitato di mostrare con chiarezza l’orizzonte. Questo per non dare riferimenti. Dopo la morte di Foley, il blogger britannico Higgins — mettendo insieme foto satellitari, frammenti del video e paesaggio — ha indicato una collina a sud di Raqqa (Siria) come scena dell’omicidio.
Anche all’epoca dei messaggi di Osama dai nascondigli afgani i registi del terrore avevano cercato di coprire le tracce. Le rocce alle spalle di Bin Laden furono coperte con teloni. Una risposta alle indiscrezioni emerse sui media Usa: alcuni geologi erano al lavoro per identificare il suolo e fornire dritte all’intelligence.
L’esecuzione
In entrambi gli episodi, i militanti oscurano il momento esatto dell’esecuzione. Non è chiaro il motivo. Qualcuno ha suggerito un’azione in due tempi. L’estremista che si esprime in inglese spiega quello che sta per avvenire, ma il boia è un altro. Si è discusso anche sulla formazione che detiene gli ostaggi. Oltre alla famosa cellula britannica, i cosiddetti Beatles, guidati da Jihadi John (nome inventato dai media), alcuni osservatori hanno indicato mujahedin sauditi legati all’Isis. Ma anche belgi. A rivelarlo un ex ostaggio che ha condiviso parte della prigionia con Foley.
La pubblicazione
Il video non è stato diffuso dall’Isis, ma è stato scovato dal «Site», organizzazione che studia da anni i qaedisti sul web seguendone mosse, propaganda, testi. Il filmato è stato postato dai militanti su un sito in attesa della pubblicazione solo che i «segugi» lo hanno individuato e reso pubblico. «Site» ha sostenuto che il lancio su Internet era imminente e sembra che i jihadisti abbiano pensato anche ad una versione con sottotitoli in francese, tedesco e russo. Lingue usate da molti volontari arrivati in Siria e in Iraq a combattere sotto le bandiere nere del Califfo, Abu Bakr al Baghdadi.
2. PAURA PER L’OSTAGGIO BRITANNICO FU RAPITO CON L’ITALIANO MOTKA
Lorenzo Cremonesi per il "Corriere della Sera"
Cosa farà adesso il governo britannico per evitare che David Cawthorne Haines venga decapitato dai criminali dello Stato Islamico in Siria? L’ostaggio 44enne è il primo sulla lista dell’orrore. Il boia nero, che la stampa anglosassone chiama «John il britannico» per il suo marcato accento londinese, l’ha mostrato con i capelli corti e la solita tunica arancione nel video in cui taglia la testa al giornalista Steven Sotloff due giorni fa.
Il rituale è pronto, il sacerdote dell’orrore ha già annunciato che, dopo due americani, sarà la volta di un cittadino inglese. «Il prossimo sarà britannico», titolava lugubre ieri il Times di Londra.
«Non esiteremo nella nostra lotta per sconfiggere il terrorismo», ha tuonato lo stesso premier David Cameron alla riunione della cosiddetta «Cobra», la Commissione per le emergenze. I suoi ministri fanno sapere che «tutte le opzioni sono aperte». Londra continua a rifiutare di trattare con i terroristi, non paga i riscatti pretesi dallo Stato Islamico e dai suoi affiliati per rilasciare gli ostaggi, piuttosto promette battaglia. Ma come?
Da Londra fanno capire che probabilmente c’erano anche le teste di cuoio britanniche nell’operazione condotta dalle forze speciali americane in luglio per cercare di liberare gli ostaggi occidentali in Siria. Andò male. Potrebbero riprovare, ma è ovvio che i jihadisti sono più che mai in allarme. Come già in passato, Londra potrebbe intensificare la cooperazione con l’aviazione Usa in Iraq. Non esclude la possibilità di raid specifici in Siria. Cameron con il suo linguaggio volutamente aggressivo fa capire che le opzioni militari sono oggi più che mai sul tavolo.
Il Primo Ministro inglese David Cameron prima del selfie
In Italia c’è un testimone importante che forse può fornire qualche informazione preziosa. Si tratta del cittadino italo-svizzero Federico Motka, liberato il 25 maggio scorso dopo che l’Italia aveva pagato un lauto riscatto (si parla di oltre 6 milioni di euro). Era stato rapito il 12 marzo 2013 nel campo profughi di Atmeh, nella Siria settentrionale, mentre lavorava per l’organizzazione umanitaria non governativa francese «Acted». Con lui erano stati rapiti anche due collaboratori locali e soprattutto la loro guardia del corpo: proprio l’ex militare dell’esercito britannico e di origine scozzese Haines. Vai sul sito della biografia di quest’ultimo e trovi che da oltre vent’anni ha lavorato come contractor per la sicurezza in varie aree pericolose del pianeta.
Di lui Motka non ha mai parlato con i giornalisti. Ma in spezzoni di interviste ha raccontato la lunga prigionia dell’orrore, le ripetute fasi di torture fisiche e minacce psicologiche. Per ben sei volte lui e gli altri ostaggi vennero costretti a inquietanti spostamenti per cambiare di prigione. La stampa inglese sottolinea il calvario dello scozzese.
«In cella con Haines sono stati un italiano, un danese e quattro francesi. Ma tutti alla fine sono stati liberati». I riscatti medi pagati dai rispettivi governi superano i «cinque milioni di sterline». Ad accrescere le sofferenze di Haines è il carattere «internazionale» della cellula dello Stato Islamico che lo tiene prigioniero. Tra di loro ci sarebbero infatti quattro estremisti inglesi, soprannominati dai compagni «i Beatles», ed una decina di fanatici sauditi.
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